Archivi categoria: Riflessioni politiche e didattiche

A scuola si studia, non si può morire per l’Alternanza Scuola Lavoro

Giuliano De Seta, 18 anni studente di Portogruaro, è morto pochi giorni fa a Noventa di Piave (VE), colpito da una lastra di metallo. Come scrivono i giornali: “era impegnato in un’esperienza sul campo che gli avrebbe permesso di acquisire i crediti per il diploma”.

Dopo Lorenzo a gennaio e Giuseppe a febbraio, quante altre morti dovranno esserci prima dell’abolizione dei PCTO (ex Alternanza Scuola Lavoro), utili solo per addestrare futuri lavoratori, che dovranno essere disponibili a lavori precari, senza diritti, sottopagati… È così, infatti, che si preparano le giovani generazioni a considerare il lavoro un’attività in cui sono diminuiti, fino a perdersi, i diritti di cittadine e cittadini, e a trasformarsi in manodopera pronta ad accettare condizioni di lavoro, contrattuali e salariali sempre più indecenti in nome della concorrenza sul mercato e dei profitti. Altri incidenti gravi, peraltro, sono accaduti a tanti studenti, tra maggio e giugno; solo per fortunose circostanze non si sono trasformati in tragedia.

Le parole di cordoglio del Ministro Bianchi, che seguono quelle dei predecessori, sono vergognose e insopportabili: noi non siamo disponibili a subire in silenzio. Ricordiamo, infatti, che l’Alternanza scuola lavoro è figlia della controriforma della scuola del governo Renzi e, di fatto, è stata accettata, nonostante le evidenti contraddizioni, e i tanti incidenti anche mortali, dalla quasi totalità delle forze politiche e sindacali. Ancora, quello che accade con l’Alternanza è purtroppo coerente con le morti (omicidi) quotidiane provocate da incuria, non rispetto delle norme di sicurezza, orari troppo lunghi e ricatti occupazionali soprattutto nel settore degli appalti.

A gennaio 2022, dopo la morte di Lorenzo, abbiamo scioperato insieme con gli studenti. Alcuni cortei hanno subito le cariche delle forze dell’ordine e molti studenti sono ancora oggi sottoposti a ingiusti provvedimenti giudiziari. Occorre una mobilitazione generale per la sicurezza e contro gli “incidenti” e le morti sul lavoro, piaga che si intreccia con la profonda crisi economico-sociale; va rafforzato il controllo pubblico nelle fabbriche e su tutti i luoghi di lavoro, vanno perseguiti penalmente gli omicidi da lavoro.Non vogliamo altri incidenti, basta con i PCTO, fermiamo i procedimenti contro gli studenti.

Esecutivo Nazionale COBAS Scuola

Competizione individuale, gerarchia e didattica di regime.

Nuovo reclutamento, formazione incentivata e docente “stabilmente incentivato”.

Il Governo Draghi ha ipotecato pesantemente il futuro della scuola pubblica: la Legge 79 prevede un  percorso ad ostacoli per la formazione ai fini dell’immissione in ruolo e la formazione incentivata per i docenti di ruolo; l’art. 38 del Decreto Aiuti, emendato in sede di conversione al Senato, completa l’opera con la previsione del docente stabilmente incentivato.

La formazione per il reclutamento prevede tre step, ognuno con valutazione finale. Il primo è il percorso abilitante universitario in cui, a proprie spese, i corsisti devono conseguire 60 CFU/CFA. Possono accedervi studenti universitari, che devono però conseguire la laurea (o altro titolo idoneo) per accedere alla prova finale e, per i primi 3 cicli, docenti precari non abilitati con contratti a tempo determinato in scuole statali o paritarie. Le prove finali saranno scritte e orali, tramite una lezione simulata. L’abilitazione non dà diritto al ruolo, né all’idoneità, ma solo ad accedere insieme alla laurea magistrale o altro titolo idoneo al secondo step, il concorso con lo scritto con domande a risposta aperta e lezione simulata all’orale. Dopo gli esiti disastrosi degli ultimi concorsi, il MI ha finalmente riconosciuto che i quiz a crocette sono inefficaci per valutare la preparazione dei docenti, ma li ritiene paradossalmente ancora validi per valutare la preparazione degli studenti con le prove Invalsi. Comunque, si riserva di decidere, in caso di numerosi partecipanti, la possibilità di preselezioni, di nuovo con quiz a crocette! Il terzo step è l’anno di prova con almeno 180 giorni di servizio e test finale, sul cui esito deciderà il dirigente scolastico, previa acquisizione del parere obbligatorio, ma non vincolante del Comitato di valutazione e della relazione del tutor. Al concorso possono partecipare anche i precari non abilitati con 3 anni di servizio anche non continuativo, ma se risultano vincitori stipuleranno un contratto di supplenza annuale, in cui dovranno acquisire 30 CFU/CFA e l’abilitazione e solo allora saranno assunti a tempo indeterminato, ma dovranno naturalmente superare l’anno di prova con relativo test finale. Un bel modo di rispettare la sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha condannato l’Italia per abuso di ricorso a contratto a tempo determinato per docenti con 3 anni di servizio! Alla fine di questa gimcana finalmente abbiamo l’immissione in ruolo con stipendi tra i più bassi in Europa, ma con il vincolo della permanenza triennale, salvo assegnazione provvisoria in ambito provinciale.

Tutta questa attività di formazione per il reclutamento sarà coordinata dal 2023- 24 con la formazione in servizio incentivata di durata triennale sia per le “figure di sistema” che per i docenti operai. Sarà su base volontaria per i docenti già in servizio e obbligatoria per i neo-assunti, secondo modalità che saranno decise dalla contrattazione collettiva, relative alla partecipazione, alla durata e alle ore aggiuntive, retribuite in modo forfettario. In via provvisoria, si prevedono 15 ore per la scuola dell’infanzia e primaria e 30 ore per la scuola secondaria, al di fuori dell’orario di insegnamento. “Sono previste (..) verifiche intermedie annuali, svolte sulla base di una relazione presentata dal docente sull’insieme delle attività realizzate nel corso del periodo oggetto di valutazione, nonché una verifica finale” Le verifiche saranno effettuate dal Comitato di valutazione, integrato nella verifica finale da un dirigente tecnico o da un dirigente scolastico esterno, con la possibilità di svolgere anche un colloquio. La valutazione avverrà secondo un modello approvato con decreto ministeriale, su cui la Scuola di Alta formazione (un nuovo carrozzone di nomina governativa che, in stretta collaborazione con Indire e Invalsi, gestirà tutte le attività formative per il personale scolastico) avvierà un monitoraggio con degli indicatori di perfomance, in parte declinati dalle singole scuole. Sulla base di tale valutazione sarà assegnato a coloro che hanno superato la prova finale una retribuzione accessoria una tantum definita dalla contrattazione che va dal minimo del 10% al massimo del 20% dello stipendio. Non vi è più il riferimento al 40% massimo dei partecipanti, ma l’assegnazione sarà selettiva, non generalizzata o a rotazione e soprattutto il numero dei vincitori sarà vincolato dalle risorse disponibili. Non vi sono risorse aggiuntive, ma si useranno i risparmi previsti dal 2025- 26 al 2031-32 dalla riduzione dell’organico dell’autonomia dovuto al decremento demografico, al netto dei flussi migratori. Nella scheda tecnica il MI prevede, sulla base di una serie di proiezioni statistiche, un taglio di 11.300 posti per cui i 770 mila docenti dell’organico 2022-23 diventeranno 758.700. Con i risparmi stimati il MI calcola di poter retribuire al 15% del trattamento stipendiale nel 2026 6.537 docenti, nel 2027 13.934, nel 2028 26.230, nel 2029 36.689. Prendendo come riferimento il dato più alto, quello del 2029, e rapportandolo ai docenti previsti in servizio nel 28-29 (763.950) si tratta del 5% della categoria! Quindi, con un gioco delle tre carte il governo ha tolto il vincolo del 40 % dei “bravi” per sostituirlo surrettiziamente con un dato reale molto più basso, per effetto del vincolo delle risorse.

Anche per i costi delle attività di formazione e per quelli della Scuola di alta formazione non vi sono risorse aggiuntive: per i primi anni si useranno risorse del PNRR e dal 2027 risorse stornate dal fondo per la Carta docenti. 

Ma la competizione individuale, a cui punta la formazione incentivata, non è sufficiente: vi è bisogno di un’ulteriore scalino gerarchico. Con l’emendamento approvato al Senato coloro che supereranno per 3 percorsi formativi triennali consecutivi le prove finali concorreranno per diventare docenti stabilmente incentivatinell’ambito di un sistema di progressione di carriera che a regime sarà precisato in sede di contrattazione collettiva maturando conseguentemente il diritto ad un assegno annuale ad personam di importo pari a 5.650 euro (circa 400 euro al mese lordi) che si somma al trattamento stipendiale in godimento”. Naturalmente, i bravi dovranno gareggiare per diventare super-bravi, per cui dal 2032-33 per 4 anni potranno accedere a quella che si configura come una progressione di carriera solo 8mila docenti all’anno (in media 1 per scuola). I criteri di selezione saranno definiti dalla contrattazione collettiva e dal regolamento ministeriale, ma in sede di prima applicazione, si seleziona in base alla media del punteggio ottenuto nei tre cicli formativi superati positivamente, alla permanenza nella scuola…. Dal 2036-37 il limite massimo sarà calcolato in base alle cessazioni dal servizio degli esperti, quindi al massimo 32mila unità. Non si prevedono stanziamenti aggiuntivi, ma le risorse saranno ricavate di bel nuovo dalla riduzione dell’organico docenti e dal Mof già a disposizione delle scuole. Nonostante gli strombazzamenti elettorali del PD, la modifica della Commissione Bilancio del Senato è per lo più solo nominalistica. Anche il rinvio alla contrattazione resta molto vincolato con la previsione del quantum di incremento stipendiale, con la limitazione del numero dei beneficiari, la permanenza del vincolo triennale per i super bravi e, soprattutto, la filosofia aziendalista di tutta l’operazione.

Il governo pensa alle retribuzioni di una piccola parte della categoria mentre tutto il personale è in attesa del rinnovo del contratto scaduto da 3 anni, con una perdita del potere d’acquisto dei salari che a giugno 22 (rispetto al maggio 1990) è del 28,7% per i docenti delle superiori con 20 anni di servizio, del 30% per i collaboratori scolastici e del 31,5% per gli assistenti amministrativi e tecnici! Con l’inflazione all’8-9% tale perdita aumenterà ulteriormente. Non vi sono risorse aggiuntive, ma tagli ai fondi della Carta docenti (che, invece, andrebbe estesa anche ai precari come prevede una recente sentenza della Corte di giustizia europea), al MOF e soprattutto all’organico con il taglio di 11.300 posti per il calo demografico; risorse che, invece, andrebbero destinate alla riduzione del numero di alunni per classe, all’ampliamento degli organici, con l’assunzione di tutti i docenti con 3 anni di servizio e degli ATA con 2, e per la sicurezza delle scuole.

Viene riproposto un modello di scuola basato sulla competizione individuale, la gerarchizzazione dei docenti e lo strapotere dei presidi-manager. La competizione individuale e la gerarchia creano solo un clima di ansietà e di sospetto, che peggiora la qualità della scuola, che ha bisogno, invece, di cooperazione e di collegialità effettiva. Inoltre, il potere dato ai dirigenti e al comitato di valutazione induce al servilismo e alla limitazione dell’effettiva libertà di insegnamento, mentre la scuola pubblica prevista dalla Costituzione è basata sul pluralismo didattico-culturale e sulla democrazia collegiale.

Ma ancora più preoccupanti sono il contenuto e gli obiettivi della formazione per il reclutamento e di quella incentivata, che prefigurano un indottrinamento mirato a creare una sorta di didattica di regime. Nella Legge 79 si accenna solo di sfuggita all’autonomia didattica e alla libertà di insegnamento. Ma per il resto si punta alla digitalizzazione, intesa come subordinazione alla macchina informatica, mentre l’informatica dovrebbe essere uno strumento didattico per una relazione cognitiva e interpersonale dove i soggetti attivi sono il docente e gli studenti; la   scuola pubblica dovrebbe avere il ruolo prioritario di fornire gli strumenti cognitivi per usare consapevolmente le grandi opportunità, ma anche per schivare le grandi minacce della rete. Un secondo obiettivo è l’inclusione, di per sé giustissima, ma che viene declinata (con una tipica e ricorrente distorsione del linguaggio) in termini di medicalizzazione pervasiva di qualsiasi dato caratteriale. Un terzo è l’ulteriore rafforzamento della didattica delle competenze che, di bel nuovo, si scrive “competenze”, ma si legge “addestramento” a saper fare mutevoli e decontestualizzati, in linea con la precarizzazione del mercato del lavoro. Lo studente deve imparare a svolgere segmenti lavorativi sempre diversi e nuovi senza porsi il problema del contesto in cui opera, del perché o per chi si produce e delle relative conseguenze sociali o ambientali. La scuola dell’autonomia ha già prodotto tantissimo analfabetismo cognitivo di ritorno con studenti incapaci di svolgere autonomamente le operazioni logiche più elementari. L’autonomia ha messo in competizione tra di loro le scuole per accaparrarsi iscritti-clienti, perché chi ha più iscritti ha più risorse economiche e di personale da gestire e, quindi, più potere. Ciò ha innescato anche nella scuola pubblica (effetto perverso della concorrenza con le paritarie) una tendenza verso lo scambio di mercato tra iscrizioni e promozioni con conseguente pesantissime sulla valutazione, per cui abbiamo ormai non il 6 politico, ma il 6 di mercato! Anche l’orientamento è inteso ormai come marketing e pubblicità anche ingannevole; i contenuti e i metodi dell’insegnamento vengono sempre più semplificati e impoveriti. Abbiamo bisogno di “complessità” e non di ulteriori semplificazioni: a furia di semplificare abbiamo prodotto studenti incapaci di mettere insieme anche solo due o tre variabili! La scuola deve puntare allo sviluppo di strumenti cognitivi: capacita di analisi, intesa come capacità di cogliere i nessi, di saper distinguere tesi e argomentazioni, di mettere a confronto tesi diverse sullo stesso argomento; capacità di sintesi, intesa come sviluppo di una visione di insieme dei fenomeni, di saper contestualizzare, di ragionare per modelli; anche di competenze, ma intese come capacità di applicare le proprie conoscenze a situazioni concrete, di utilizzare i linguaggi disciplinari. Ma soprattutto la scuola deve puntare a sviluppare negli studenti capacità di elaborazione autonoma e spirito critico, in linea con il ruolo assegnatole dalla Costituzione di formare cittadini consapevoli, indispensabili soggetti attivi per l’uguaglianza e la democrazia sostanziale!              Rino Capasso

Incarichi da GPS, immissioni in ruolo e procedure per l’avvio dell’a.s. 2022-2023

Condividiamo quanto emerso dall’incontro avvenuto giovedì 11 agosto con il dirigente dell’Ufficio V – ambito territoriale di Bologna, dott. Panzardi e con la dott.ssa Agnini in relazione alle procedure di assegnazione degli incarichi a tempo determinato da GPS, alle procedure di immissioni in ruolo da concorsi ordinari e straordinari e in generale all’avvio dell’a.s. 2022-2023.

Con amarezza riscontriamo che le informazioni che seguono le abbiamo ottenute nonostante l’ostruzionismo dei sindacati firmatari del CCNL che si sono opposti alla nostra partecipazione all’incontro informativo organizzato dall’Usp. Ringraziamo il dott. Panzardi che è stato disponibile ad incontrarci il giorno successivo. Sono informazioni che, come sempre, mettiamo a disposizione di tuttə.

Correzione errori e assegnazione incarichi da GPS

Procedono le operazioni di assegnazione degli incarichi a tempo indeterminato e determinato. Dopo la pubblicazione degli esiti della call veloce avverrà quella delle assegnazioni provvisorie; a quel punto sarà possibile avere a disposizione il quadro delle disponibilità degli incarichi a tempo determinato da assegnare da GPS entro il termine del 16 agosto. Rispetto alla compilazione delle preferenze si consiglia tuttavia di indicare in anticipo sulla piattaforma l’ordine delle scuole in base ai propri desiderata indipendentemente dalle disponibilità effettive e lasciare gli ultimi giorni solo per eventuali ritocchi. Questo anche per scongiurare il rischio di problemi tecnici dovuti ad esempio a un sovraccarico di lavoro per la piattaforma, rispetto ai quali l’Usp non avrebbe la capacità di intervenire.

Si ricorda che gli spezzoni inferiori alle 6 ore, sebbene visibili nel prospetto pubblicato ieri mattina, saranno conferiti dai singoli istituti in una seconda fase di assegnazioni.

Come negli ultimi anni siamo tornati a segnalare i diffusi problemi connessi con l’informatizzazione del sistema di attribuzione e validazione dei punteggi. Quest’anno in modo particolare molti dei problemi emersi hanno riguardato errori della piattaforma in merito alla gestione delle riserve, dei passaggi tra prima e seconda fascia, del caricamento corretto dei servizi o della validazione dei titoli aggiuntivi. Una parte degli errori infine è stata ereditata dal passato biennio nel caso in cui non vi sia stata la conferma della scuola sul punteggio del docente.

La dott.ssa Agnini ha confermato la grande quantità di segnalazioni ricevute ed ha assicurato il fatto che l’ufficio sta continuando ad esaminare i casi problematici, procedendo a correzioni in tutte le situazioni in cui il docente abbia indicato correttamente i propri titoli e servizi e l’errore sia imputabile al sistema. Solo al termine delle procedure di correzione l’ufficio provvederà a ripubblicare le GPS corrette e rendere visibili i punteggi anche tramite Istanze Online (dove al momento non è possibile visualizzarli).

Per l’Ufficio Scolastico invece non è possibile intervenire in casi di errori compiuti in fase di compilazione da parte dei docenti (es. titoli non inseriti, flag non messi…) o in situazioni di blocco dovuto all’attesa del riconoscimento dell’equipollenza di un titolo estero. In tal caso è necessario attendere il via libera del Ministero.

Vi suggeriamo pertanto di verificare la correttezza dei vostri punteggi nelle varie graduatorie e segnalare quanto prima eventuali errori a noi e all’Ufficio scolastico.

I tempi previsti vedono, a seguito del termine delle correzioni, la pubblicazione degli esiti in modo da assicurare l’assegnazione di tutti gli incarichi per il 1 di settembre, secondo la seguente scansione:

– un primo turno di esiti nelle giornate del 24/25 agosto

– un secondo turno per il 30/31 agosto.

Accantonamento posti e assegnazione incarichi a tempo indeterminato
Dal profilo delle disponibilità pubblicato sul sito dell’Usp (https://bo.istruzioneer.gov.it/2022/08/11/disponibilita-prima-delle-utilizzazioni-e-assegnazioni-provvisorie-a-s-2022-23/) sono già stati accantonati e pertanto non sono visibili i posti provinciali previsti dall’art. 59 comma 9 bis per il concorso straordinario bis che si svolgerà nei prossimi tempi. Si tratta di 79 posti per il II grado e 29 per il I grado riguardanti un numero limitato di classi di concorso https://www.istruzioneer.gov.it/2022/07/21/d-l-73-2021-accantonamenti-art-59-comma-9-bis/?fbclid=IwAR2L0uuSWwD9_Hr24JCCE-L5y-URp6wV8eXV6qOYwvp0IK3u3JMQhTDO7H4 per i quali le scuole stipuleranno contratti brevi rinnovati fino all’assunzione del candidato vincitore del concorso

I disagi che si riscontreranno per docenti, per le scuole e per le classi sono resi ancora più complessi dal fatto che al momento non vi sono date certe per lo svolgimento del concorso, pertanto non si è in grado di ipotizzare la durata di tali supplenze né tantomeno di assicurare con assoluta certezza che le procedure concorsuali si svolgeranno in tempi tali da garantire per i docenti vincitori i giorni utili allo svolgimento dell’anno di formazione e prova durante l’a.s. 2022-2023. L’Ufficio Scolastico si è tuttavia impegnato a richiedere informazioni rispetto ai tempi relativi a tali procedure così da comunicarle alle scuole.

Diversamente, per quanto riguarda le graduatorie di merito del concorso ordinario non ancora prodotte alla data del 20 luglio scorso, si procederà a mano a mano. L’Ufficio Scolastico ha assicurato che non incideranno nella stabilità degli incarichi a tempo determinato assegnati in questa fase.

Situazione organici a.s. 2022-2023

Problematica anche la situazione relativa agli organici previsti per l’anno scolastico che sta per cominciare, dove al mancato aumento di personale si va ad aggiungere questa volta anche l’assenza dell’organico covid.

Cercando di distribuire le poche risorse laddove necessarie e provando a tamponare qualche situazione, certo non si è riusciti a rispondere ai bisogni espressi dalle scuole che “sbagliando, hanno fatto richieste tenendo in considerazione le dotazioni organiche del biennio dell’emergenza” ha affermato il dott. Panzardi. E se si è detto impegnato nel rispettare l’autonomia di piccoli istituti delle aree montane, questo tuttavia non è sufficiente per tollerare lo stato di sofferenza di organico con cui le nostre scuole andranno ad aprire a settembre. 

Ci troveremo quindi a gestire le difficoltà post pandemia con le medesime ed esigue risorse pre pandemia.

Proprio per questo continueremo, al di là dei giochi politici in campo, a richiedere meno alunni per classe, l’assunzione di tutto il personale precario docente e ATA e forti investimenti nell’edilizia scolastica.

Ribadiamo la forte critica alle convocazioni online e chiediamo che vengano ripristinate quelle in presenza, le uniche in grado di garantire la trasparenza delle operazioni e i diritti di tutti.

Cobas Bologna

Il tribunale di Marsala annulla il licenziamento di una docente disabile

Finalmente si è conclusa positivamente una complicata vicenda che ha visto protagonista un Istituto comprensivo di Marsala (TP) e una docente disabile difesa dall’avv.ta Mariachiara Garacci. La collega, soggetto invalido e anche disabile (art. 3, comma 3, l. n. 104/1992), era stata ingiustamente licenziata perché, a seguito del parere del medico competente durante l’emergenza Covid era stata originariamente considerata “NON IDONEO alla mansione specifica PERMANENTEMENTE. SOGGETTO FRAGILE: utilizzare i dispositivi di protezione individuale specifici per la mansione espletata (Mascherina FFP2) in considerazione dell’emergenza attuale da COVID-19 fino alla dichiarazione delle Autorità Competenti di cessata emergenza Covid-19. DA SOTTOPORRE A NUOVA VISITA MEDICA il 15/07/2021 (Periodicità annuale)”, ma poi – a seguito di una richiesta di visita medico collegiale inoltrata del Dirigente scolastico – la Commissione medica di Palermo e successivamente la Commissione Medica Interforze di seconda istanza del Ministero della Difesa la dichiaravano erroneamente “NON IDONEO permanentemente in modo assoluto al servizio come dipendente di amministrazione pubblica (ex art. 55 octies Dlgs 165/2001)” sicché il Dirigente scolastico decretava – automaticamente – la sua dispensa dal servizio per inidoneità fisica permanente e assoluta ai sensi della Legge n. 274/91. 

Pertanto la docente, che ha sempre svolto diligentemente la propria professione, nonostante il suo stato patologico, senza mai assentarsi da scuola, ricorreva al Tribunale di Marsala che ha pienamente accolto le ragioni dell’avv.ta Garacci riguardo:

1. l’obbligo datoriale di repechagee di adibizione della lavoratrice a diverse mansioni;

2. l’attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro;

3. l’obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli, idonei a contemperare, in nome dei principi di solidarietà sociale, buona fede e correttezza, l’interesse del disabile al mantenimento di un lavoro confacente la sua condizione psico-fisica con quello del datore, come sancito da diverse pronunce della Corte di Cassazione.

Conseguentemente, il Tribunale di Marsala (Sent. n. 515/2022) ha dichiarato illegittimo il licenziamento, ordinato la reintegra nel posto di lavoro e condannato l’amministrazione al pagamento di una risarcimento pari all’ultima retribuzione dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e alle spese processuali. Per altro, anche, il Consulente Tecnico, nominato a seguito di richiesta dell’avv. Garacci, ha affermato che la ricorrente “Se da un lato è innegabile che è affetta da gravi patologie, dall’altro lato è anche vero che dette patologie non hanno mai inciso sulla propria attività lavorativa” e ha poi evidenziato che “non sono condivisibili le conclusioni della commissione di verifica di Palermo basate su argomentazioni contraddittorie”, tanto che la docente per automaticità di procedura veniva sottoposta a visita di revisione per l’accertamento della sua idoneità alla guida con esito a lei favorevole. Finalmente la giustizia ha fatto il suo corretto decorso e – insieme alla collega e all’avv. Garacci – ci riteniamo soddisfatti del risultato raggiunto: la disabilità non equivale ad inidoneità e chiunque ha il diritto di poter vivere la propria vita al pari degli altri nell’ambito lavorativo, sociale e nelle relazioni umane senza dover subire condotte discriminatorie.

Per Cloe Bianco: quando il rispetto delle identità è questione di vita o di morte

La tragica morte della professoressa Cloe Bianco rappresenta il drammatico punto di arrivo di una triste vicenda che ha inizio nel 2015, quando la docente decise di entrare in classe con gli abiti che corrispondevano alla sua identità di genere femminile e di farsi chiamare col nuovo nome che aveva scelto per sé e che chiedeva agli altri di riconoscere e rispettare. Purtroppo questo suo atto di autodeterminazione e di libertà ha scatenato quel dispositivo sociale sanzionatorio e repressivo conosciuto con il termine “transfobia”. Cloe Bianco aveva scelto di fare coming out, di essere sé stessa sul suo luogo di lavoro, la scuola, e di esprimere, come tutte/i noi facciamo più o meno consapevolmente, la propria identità di genere, attraverso gli abiti, il corpo e tutte quelle manifestazioni di sé che sentiva più adeguate al suo essere donna. Ciò non è stato considerato accettabile dalla scuola e dalla società: se nasci maschio, devi sentirti maschio e comportarti come si dovrebbe comportare un maschio; devi restare inchiodata/o al genere attribuito alla nascita.  Non sono previste deroghe. La transfobia funziona così: rispetto ad un atto di autodeterminazione di genere, scatta la sanzione sociale, lo stigma, l’umiliazione e il sarcasmo. E per la vicenda di Cloe Bianco, docente di fisica, si era mobilitata pure la politica. L’assessora all’istruzione della regione Veneto, Elena Donazzan, nota tra l’altro anche per le sue performance canore con la canzone fascista Faccetta nera eseguita nel corso di una trasmissione radiofonica, non solo rese pubblica una lettera profondamente offensiva nei confronti dell’insegnante ricevuta da un genitore ma nei giorni seguenti si impegnò a denigrare la dignità di Cloe Bianco, parlando di degenerazione e perdita di credibilità della docente, invocando infine provvedimenti disciplinari. L’insegnante si trovò così a percorrere una strada segnata dall’emarginazione e dalla stigmatizzazione sociale, allontanata dal suo contesto lavorativo perché non ritenuta in grado di insegnare, isolata da un mondo che non lascia scampo a chi afferma il diritto di esprimere il genere a cui sente di appartenere e che non corrisponde a quello attribuito alla nascita. Una “gogna nazionale”, come lei stessa l’aveva definita. Ed anche ora, dopo il suo tragico suicidio, c’è chi si riferisce a lei al maschile, definendola, come fa Donazzan, un uomo travestito da donna. È un ultimo oltraggio post mortem: come accaduto già in passato in altri casi, nemmeno davanti ad un suicidio viene rispettata la dignità delle persone transgender.

Ora il Ministero dell’Istruzione intende aprire un’inchiesta per capire cosa ha determinato il suo allontanamento dalla scuola e la sua emarginazione sociale. Come Cobas Scuola chiederemo di essere informati sui risultati di questa inchiesta e verificheremo se, aldilà della dichiarazione di intenti, il Ministero opererà affinché non accadano più vicende come quella subita da Cloe Bianco. Come ha scritto di recente il Consiglio Nazionale di Magistratura Democratica, alla luce dell’ordinanza 185/2017 della Corte Costituzionale, “L’amministrazione scolastica, i genitori, gli allievi non avevano quindi diritto di pretendere un coming out “corretto” o “responsabile”, avevano invece l’obbligo giuridico di rispettare l’identità della prof. Bianco”.

Icotea

I COBAS Scuola, anche nel rispetto e nel ricordo di Cloe Bianco, continueranno a lottare perché la scuola sia un luogo di lavoro dove le differenze vengono rispettate e valorizzate e per contrastare ogni forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale, l’identità e l’espressione di genere di chi lavora nella scuola.

AUTONOMIA DIFFERENZIATA AL RUSH FINALE?

PRESIDIO DEL 22 GIUGNO A ROMA

 Apprendiamo con allarme della diffusione della bozza di DDL del 28 aprile “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui al 3° comma dell’art. 116 della Cost.” e della volontà della Ministra per gli Affari regionali e le Autonomie, Maria Stella Gelmini, di approvare il DDL entro l’estate. La bozza si compone di 5 articoli, il primo dei quali definisce i principi generali e il riconoscimento di “nuove forme di autonomie ai sensi dell’art. 116 e le modalità di intesa tra Stato e regioni”. Nonostante  la Commissione di giuristi nella  relazione consegnata alle delle Bicamerali del Federalismo fiscale e delle Regioni ritenga “che sia preferibile espungere in questa prima fase la materia dell’istruzione, il cui trasferimento porrebbe problemi politici, sindacali, finanziari, tributari quasi insormontabili, con un quasi sicuro aumento dei costi di sistema sia per le Regioni destinatarie del trasferimento, sia per lo Stato”, la ministra non ne ha tenuto conto; infatti  all’art. 3 della bozza di DDL si apprende che istruzione, sanità, trasporto pubblico potranno essere trasferite previa definizione dei LEP. L’articolo che desta maggiore preoccupazione è l’art. 4 che prevede che “le risorse finanziarie siano determinate dall’ammontare della spesa storica sostenuta dalle amministrazioni statali della regione interessata per l’erogazione dei servizi pubblici oggetto di devoluzione e le regioni riceveranno esattamente la quota corrispondente alla spesa storica e saranno incentivate ad efficientare l’esercizio delle funzioni trasferite al fine di trattenere le risorse risparmiate”. Stabiliti i LEP, l’articolo 4 prevede inoltre il superamento della spesa storica attraverso la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard.Una volta deliberato in Consiglio dei ministri, il DDL sarà trasmesso al Presidente del Consiglio e al Ministro  per gli Affari regionali  che, entro 30 giorni, avvierà il negoziato con la regione per essere sottoscritta dal Presidente della regione richiedente. Nei successivi 10 giorni verrà poi trasmesso alle Camere per un parere da parte della Commissione parlamentare bicamerale e per le questioni regionali che dovrà esprimersi entro 30 giorni.  Acquisito il parere favorevole, governo e regione dovranno redigere un accordo che sarà trasmesso in Parlamento sotto forma di DDL per la mera ratifica e senza la possibilità di proporre emendamenti.

L’autonomia differenziata è inaccettabile anche per la procedura parlamentare prevista per la sua approvazione: nonostante la commissione di giuristi incaricati dalla ministra abbia ribadito che di fronte alle modifiche all’assetto istituzionale italiano che possono derivare dall’attuazione del regionalismo differenziato, il coinvolgimento parlamentare appare costituzionalmente imprescindibile”, il Parlamento è di fatto declassato a  ruolo meramente consultivo e di ratifica senza possibilità di emendare i disegni di legge del consiglio dei ministri per attuare le “intese” tra governo e Regioni. Non solo: una modifica degli accordi potrà avvenire solo attraverso il reciproco consenso delle parti e nessun referendum potrà intervenire nel merito degli accordi. In tale modo, l’autonomia regionale differenziata porterebbe alla frantumazione del sistema unitario di istruzione, minando alla radice l’uguaglianza dei diritti, il diritto all’istruzione e la libertà di insegnamento, e subordinerebbe l’organizzazione scolastica alle scelte politiche e economiche regionali: tutte le materie che riguardano la scuola, e oggi di competenza esclusiva dello Stato, passerebbero alle regioni, con il trasferimento delle risorse umane e finanziarie. Anche i percorsi PCTO, di istruzione degli adulti e l’istruzione tecnica superiore sarebbero decisi a livello territoriale, con progetti sempre più legati alle esigenze produttive locali, così come gli indicatori per la valutazione degli studenti, mentre le procedure concorsuali avrebbero ruolo regionale e più difficili diventerebbero i trasferimenti interregionali. Cosa resterebbe della contrattazione nazionale? Una residuale funzione di cornice introducendo una versione regionale delle “gabbie salariali”, con i salari di alcune aree del nord che cresceranno, o resteranno stabili, e quelli del centro-sud che diminuiranno.

Per tutte queste ragioni, i COBAS, congiuntamente con il Comitato Nazionale per il ritiro di ogni autonomia differenziata, parteciperanno al presidio  che si terrà a  Roma il 22 giugno (V. della Stamperia, di fronte al Ministero, ore 12.30), chiedendo lo stop del DDL e un dibattito pubblico, allargato e aperto, che renda i cittadini/e consapevoli di quanto sta avvenendo.

Continueremo a rigettare un disegno di legge che nega il principio di eguaglianza formale e sostanziale prevista dall’articolo 3 della Costituzione,frammentando l’assetto istituzionale del Paese e aumentando le distanze tra il Nord e il Sud, le disuguaglianzesociali,la disparità dei diritti di tutti i cittadini/e.

Carmen D’Anzi      Esecutivo nazionale COBAS Scuola

Nessuna Base per nessuna guerra. Manifestazione nazionale a Coltano, villa medicea

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Non basta una circolare per lottare contro l’omolesbobitransfobia a scuola

Il 17 maggio ricorre la Giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, una giornata che dovrebbe essere di lotta e di impegno per contrastare i pregiudizi, le discriminazioni, le violenze di cui sono ancora vittime le persone lesbiche, gay, bisessuali,  transgender, queer e intersex, perché non si conformano alle norme sociali di genere, rigidamente binarie e imposte da una cultura in cui risultano ancora predominanti modelli patriarcali, machisti ed eteronormativi di organizzazione sociale. Il mondo della scuola, in cui studiano e lavorano studenti e personale LGBTQI+, rappresenta ancora un luogo dove è rischioso essere se stess*; nella maggioranza dei casi viene scelta la strada dell’invisibilità totale o selettiva, per la paura di subire lo stigma sociale che ancora colpisce le persone che appartengono alle minoranze sessuali e di genere.

La ricerca pubblicata nel 2020 dall’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali ci dice che nei 28 Paesi UE solo il 9% di studenti tra i 15 e i 17 anni rende pienamente visibile la propria identità LGBTI, mentre il 61% la rende visibile in maniera selettiva e il 30% la nasconde del tutto. La scelta di occultare una parte importante di sé non è per nulla libera. La scuola è purtroppo ancora un luogo ostile per molt* studenti LGBTQI+: l’insulto, le prese in giro, le discriminazioni, l’esclusione, il bullismo sono pratiche frequenti che si imparano presto a vedere, a tollerare o minimizzare, a mettere in atto o a subire. Ad esempio, l’UNESCO, in un articolo pubblicato nel 2021, “Don’t look away: No place for exclusion of LGBTI students”, riporta un dato molto preoccupante emerso da una ricerca svolta nei paesi europei; il 54% delle/degli studenti intervistati ha riportato di essere stato vittima di bullismo a scuola mentre l’83% ha dichiarato di essere stato testimone di insulti omolesbobitransfobici.

Di fronte a questo quadro grave e preoccupante, peggiorato in Italia dopo la vergognosa bocciatura del DDL Zan che proprio nella scuola riconosceva un fondamentale ambito di intervento, il Ministero dell’istruzione oltre a emanare una circolare più o meno riciclata di anno in anno, che in molti casi resta lettera morta nei computer delle scuole, non riesce a far altro. Una circolare in cui oltretutto non vengono nemmeno nominate/i le e gli studenti gay, lesbiche, bisessuali e transgender, viene omessa l’identità di genere non conforme come bersaglio di pregiudizio e, in nome dell’autonomia, viene affidato a singoli docenti e scuole il compito di organizzare iniziative per il 17 maggio, come se non sapessimo quanti ostacoli incontrano, dentro e fuori le scuole, le e i docenti che intendono affrontare questi temi. Nel 2022 il Ministero non riesce ancora ad emanare linee guida nazionali, chiare e specifiche, per contrastare l’omolesbobitransfobia a scuola, non promuove la diffusione di temi LGBTQI+ all’interno del curriculum scolastico, non riconosce la condizione di vulnerabilità di studenti LGBTQI+ nel contesto scolastico, vulnerabilità che mette seriamente a rischio il diritto all’istruzione e il diritto di esprimere liberamente se stess*.

I COBAS SCUOLA, anche attraverso lo strumento culturale e formativo del CESP, da anni sono impegnati su questo fronte, attraverso corsi di aggiornamento, convegni, prese di posizione (come il recente sostegno dato alla diffusione nelle scuole della carriera alias), e pubblicazioni: ultima in ordine di tempo la Guida Classe Arcobaleno che offre al personale della scuola una molteplicità di strumenti educativi e didattici per creare a scuola un ambiente che valorizzi le differenze  e promuova la visibilità dei temi e delle persone LGBTQI+ (Guida). Perché la Giornata del 17 maggio si costruisce giorno per giorno, con atti concreti e con l’impegno, non con la vuota retorica di circolari ministeriali che rappresentano una foglia di fico per tentare di nascondere l’immobilismo che caratterizza il Ministero su questi temi.

COBAS SCUOLA

Sciopero del 6 maggio: no alla gerarchia tra docenti e alla formazione incentivata, sì ad aumenti significativi per tutte/i

Il “governo dei migliori” ha deciso di accelerare e di portare a casa uno dei tanti obiettivi che molti ministri (a partire da Berlinguer con il “concorsaccio”) hanno provato a conseguire: differenziare gli stipendi degli insegnanti e creare docenti di seria A e B. Secondo il Decreto scuola, dal 2023/24 nella scuola italiana troveremo tre diverse tipologie di docenti:

1. Chi si “limiterà” a svolgere il lavoro in classe e resterà con gli aumenti legati agli scatti di anzianità (ma sarà comunque obbligato a seguire corsi di formazione sulla didattica digitale)

2. Chi deciderà di partecipare alla lotteria della formazione incentivata

3. I neoimmessi in ruolo che dal 2023/24 saranno obbligati a svolgere la formazione incentivata

Il meccanismo è perverso: i docenti che vorranno aumentare il proprio stipendio dovranno aggiornarsi gratuitamente per tre anni, e poi sottoporsi al comitato di valutazione (formato da insegnanti e con il preside di un’altra scuola o un dirigente tecnico). Il comitato di valutazione potrà però promuovere solo il 50% dei docenti che faranno richiesta, per cui la metà avrà lavorato gratuitamente e inutilmente. I promossi potranno decidere se continuare la “carriera” ed avviarsi verso un altro triennio di formazione (sempre gratuitamente) al termine del quale (se rientreranno nel 50% dei promossi) avranno un ulteriore aumento di stipendio. Altro che condivisione e collegialità! La competizione si accamperà al centro della scuola. Il monte orario della formazione e la quantificazione degli aumenti salariali saranno definiti in accordo con i sindacati e inseriti nel contratto nazionale. L’operazione sarà finanziata con i fondi del PNRR, spostando (dal 2028) le risorse utilizzate per la carta del docente e “mediante razionalizzazione dell’organico di diritto effettuata a partire dall’anno scolastico 2026/2027″, cioè tagliando  9.600 cattedre, una vergogna di fronte alle classi “pollaio“. Il tutto organizzato da un nuovo “carrozzone” genera-stipendi, la Scuola di Alta formazione dell’istruzione diretto dai presidenti di INVALSI e INDIRE insieme ad altre “personalità” nominate dal Ministro; e la scuola vi potrà inserire soggetti privati. Sarà dunque ancora l’INVALSI a orientare la formazione e la didattica nella scuola e i contenuti saranno quelli che da anni i docenti sperimentano: didattica digitale, inclusione intesa come medicalizzazione, orientamento inteso come marketing, competenze intese come addestramento, ecc. ecc., corsi umilianti professionalmente e intellettualmente, in cui i docenti si riducono ad essere carne gratuita da stipendio per formatori spesso discutibili. Ma il vero business si genererà con il meccanismo della certificazione; infatti la Scuola di Alta formazione si raccorderà “con soggetti pubblici e privati fornitori di servizi certificati di formazione”; si svilupperà ulteriormente quel mercato delle certificazioni che rappresenta uno strumento di progressiva privatizzazione della scuola.

L’obiettivo del governo è dividere e gerarchizzare i docenti, creare una presunta élite che avrà uno stipendio maggiorato e, magari, anche punteggio aggiuntivo per la graduatoria interna e per la mobilità, come era previsto nelle prime versioni. Questa “formazione” non porta ad un aumento della qualità dell’insegnamento, ma punta a veicolare all’interno delle classi quel ciarpame didattico che già tanti danni ha causato, producendo un analfabetismo cognitivo di ritorno. Dobbiamo fermare il governo e impedire che i sindacati confederali si limitino a salvaguardare le loro prerogative senza modificare la sostanza. La “riforma”:

 ● rafforza i “cerchi magici” intorno ai presidi mentre la scuola ha bisogno di potenziare gli organi collegiali e recuperare le loro prerogative erose dai presidi;

● divide e gerarchizza i docenti mentre nella scuola c’è bisogno di maggiore condivisione e collegialità;

● implementa una didattica che esalta tutto ciò che si svolge fuori della classe, mentre un serio progetto di aggiornamento (retribuito) dovrebbe rafforzare la didattica delle discipline per combattere l’analfabetismo cognitivo.

IL 6 MAGGIO SCIOPERIAMO!

  • contro la differenziazione degli stipendi, contro il nuovo percorso ad ostacoli del reclutamento, contro i quiz Invalsi e la “neo-didattica”
  • per destinare i soldi del PNRR all’edilizia scolastica, alla riduzione del numero di alunni per classe, alle assunzioni
  • perché i fondi per gli aumenti per le spese militari siano indirizzati a sostenere scuola, sanità e stato sociale
  • per il rinnovo del CCNL con incrementi salariali ugualitari per evitare che la ripresa dell’inflazione riduca ulteriormente il potere d’acquisto degli stipendi, già diminuito del 20% negli ultimi decenni.
  • per utilizzare i docenti rientrati dalla sospensione senza demansionamento e prolungamento di orario
  • contro il lavoro gratuito  e le morti sul lavoro degli studenti nei PCTO.

                                                                                                          COBAS SCUOLA

6 maggio 2022 – Sciopero generale della scuola.

In occasione dello sciopero generale della scuola del 6 maggio, qui a Bologna organizziamo un presidio in Via de’ Castagnoli 1 dalle ore 9

Lo sciopero generale dell’intera giornata del 6 maggio 2022 del personale docente, educativo ed Ata delle scuole di ogni ordine e grado é convocato per i seguenti obiettivi:

  • Contro i quiz Invalsi e il Sistema nazionale di valutazione, che hanno effetti retroattivi negativi sulla didattica, standardizzano gli insegnamenti, trasformano i docenti in “addestratori ai quiz”, discriminano gli studenti con BES. – Contro la didattica delle competenze addestrative, per una scuola pubblica che punti allo sviluppo degli strumenti cognitivi e dello spirito critico, in linea con la funzione sociale della scuola prevista dalla Costituzione.
  • Contro il taglio dello 0,5% del PIL delle spese per l’istruzione previsto dal DEF 2022 a fronte di un aumento delle spese per le armi.
  • Contro il Decreto scuola che prevede inaccettabili modalità per la stabilizzazione dei precari e una formazione triennale in orario aggiuntivo, che diventerà obbligatoria per i neo-immessi dal 2023-24, con incentivazione salariale da definire contrattualmente e verifiche selettive per creare gerarchie tra i docenti, veicolare la logica della scuola-azienda e restringere il pluralismo didattico culturale e la libertà di insegnamento.
  • Per il rinnovo del CCNL scaduto oramai da più di due anni, con aumenti significativi uguali per tutti/e, che permettano di recuperare almeno il 20% del potere salariale perso negli ultimi anni e di difendere i salari reali dalla ripresa dell’inflazione e del carovita.
  • Per investire i fondi del P.N.R.R. per ridurre a massimo 20 il numero degli alunni per classe (15 in presenza di alunni con disabilità), assumere i docenti con 3 anni di servizio e gli Ata con 2, investire in modo significativo nell’edilizia scolastica
  • Per il potenziamento degli organici dei docenti ed Ata, con la revisione dei criteri, l’immissione in ruolo su tutti i posti vacanti, la stabilizzazione dei posti Covid e il ripristino integrale delle sostituzioni con supplenze temporanee. 
  • Contro il lavoro gratuito degli studenti nei PCTO e negli stage, con il rischio strutturale di morire sul lavoro, come è avvenuto recentemente; per sospendere tali attività e restituire alle scuole la decisione se svolgerle o meno e per quante ore
  • Per utilizzare i/le docenti rientrati/e dalla sospensione senza demansionamento né prolungamento d’orario.

PER FERMARE LA GUERRA E FERMARE IL RIARMO

Lo sciopero è convocato anche da Cub, Unicobas, Usb e Cobas Sardegna. Nella giornata si svolgeranno manifestazioni locali; a Roma ore 9.30 al Ministero Istruzione.