UN CONTRATTO CHE NON TUTELA NÉ I LAVORATORI, NÉ LA SCUOLA

Davvero nessuno sentiva l’esigenza di un contratto sulla didattica digitale che, anziché fare chiarezza e garantire i lavoratori della scuola, di fatto aumenta il caos nelle scuole. La preoccupazione principale dei sindacati firmatari pare quella di garantirsi un ruolo di interlocutori nei confronti del governo: come poi riempire quel ruolo e, soprattutto, come riempirlo in difesa dei lavoratori, pare una questione secondaria. Da qui l’incredibile atteggiamento della CGIL che prima non firma il contratto, ma poi lo fa entrare in vigore senza ottenere nulla di più: solo una Nota “condivisa” che per certi aspetti è addirittura peggiorativa rispetto al contratto. Ma con una procedura insolita, prevista dalla dichiarazione congiunta, la Nota diventa l’interpretazione vincolante del CCNI sulla DDI per l’Amministrazione e per le OO.SS. firmatarie.  In ogni caso, l’effetto congiunto del CCNI e della Nota Ministeriale n° 2002 del 9.11. 2020, con un finto gioco delle parti, sta creando un vero guazzabuglio nelle scuole, di cui sono pienamente e politicamente responsabili sia il Ministero che Cgil, Cisl e Anief. Docenti lavoratori di serie B – Il contratto avrebbe dovuto entrare nel merito della nuova tipologia di lavoro. Invece, oggi i docenti italiani in DAD non hanno un inquadramento preciso e, di fatto, hanno minori diritti alla salute, alla sicurezza, alla tutela della privacy, alla limitazione dell’esposizione al video, rispetto ai lavoratori impegnati nel telelavoro. Le nostre case e i nostri dispositivi divengono spazi e strumenti dell’amministrazione per garantire la prestazione lavorativa, senza alcun tentativo di arginare questa invasione della sfera privata e di porre dei confini che delimitino con chiarezza l’ambito del lavoro da quello della vita. Non viene definito alcun rischio per la salute connesso alla nuova modalità di prestazione lavorativa; non viene chiarito come si applica la normativa a tutela degli infortuni quando il luogo di lavoro diventa la propria casa; viene sdoganato il fatto che siano i docenti a doversi fare carico dell’efficienza delle proprie macchine, della connessione e, sul piano della privacy, della dotazione di adeguati sistemi di protezione dei dati altrui, perché sono di proprietà dell’amministrazione, quasi fossero divenuti ormai lavoratori autonomi e non più dipendenti. Non viene previsto nulla riguardo al diritto alla disconnessione – o meglio il diritto a vivere senza l’ossessione della connessione- che è ancora una volta e colpevolmente rinviato alla contrattazione d’istituto, come se il problema di separare il tempo di vita e il tempo di lavoro non fosse un problema di carattere nazionale e non si acuisse con la DAD per i docenti e con il lavoro agile per gli Ata. Far West contrattuale – Gli obblighi e le modalità di lavoro discenderanno direttamente dai Piani sulla Didattica integrata approvati dai Collegi Docenti. Le docenti e i docenti italiani sono dunque lasciati in balia dei Dirigenti Scolastici, vista la condizione disperata della democrazia degli Organi Collegiali nella scuola italiana, che i firmatari conoscono bene! Non dovrebbe un contratto nazionale definire un quadro certo di regole per arginare proprio gli abusi e le illegittimità che si determinano nelle singole scuole in nome dell’Autonomia scolastica? Invece, si lascia campo libero a un far west contrattuale definito a livello di scuola e si lascia ai DS ampia discrezionalità; nel Contratto si sottolineano in pompa magna le competenze degli Organi Collegiali, e nel puntuale gioco delle parti la Nota concordata afferma che “La dirigenza scolastica, nel rispetto delle deliberazioni degli organi collegiali nell’ambito del Piano DDI, adotta, comunque, ogni disposizione organizzativa atta a creare le migliori condizioni per l’attuazione delle disposizioni normative a tutela della sicurezza e della salute della collettività, nonché per l’erogazione della didattica in DDI”. Aumento del carico di lavoro – Sull’orario di lavoro sarebbe stato più che mai lecito attendersi almeno un riconoscimento del carico di lavoro aggiuntivo imposto dalla didattica digitale e dalla richiesta di far fronte in modo flessibile alla situazione di emergenza, adeguando la metodologia didattica (in presenza, a distanza, mista) al contesto epidemiologico e alle disposizioni normative. Invece, si è deciso di equiparare la didattica a distanza alla didattica in presenza, rendendo ordinario ciò che non lo è: un intervento che peraltro non chiarisce adeguatamente nemmeno il punto chiave dei recuperi al fine di evitare richieste ingiustificate in seguito alla riduzione dell’unità oraria di lezione connessa all’attuazione della DDI. Sarebbe stato semplice chiarire in modo definitivo che qualsiasi riduzione dell’unità oraria di lezione o del monte orario settimanale determinata dall’attuazione di quanto previsto nei piani per la didattica digitale integrata e dalle linee guida, non poteva comportare ulteriori obblighi di lavoro, ma questo non è stato fatto. Nulla per i precari –  ANIEF ha firmato subito. Se i precari pensavano di aver trovato un sindacato di riferimento, alla prima prova dei fatti è lampante come siano stati utilizzati solo per ottenere la rappresentanza. E solo dopo aver firmato, ANIEF chiede l’estensione della carta docente anche per i precari, dimenticando che un sindacato serio pone le condizioni PRIMA, non DOPO aver firmato. E infatti il passaggio sui docenti precari è quello più fumoso: il Ministero sosterrà “ogni azione possibile utile a supportare l’erogazione della DID da parte dei docenti a tempo determinato”. Nulla per il personale Ata – che sperimenta sempre di più la pervasività del lavoro agile, se non la richiesta della Cgil della convocazione per “il confronto” sul lavoro agile (NB: non la contrattazione), anche questa dopo la firma del contratto sulla DID e non contestualmente. Piattaforme delle multinazionali del web –  Nuove risorse vengono invocate solo per il solito calderone che da mesi si sta alimentando: la connettività delle istituzioni scolastiche, gli ambienti scolastici innovativi, ecc. Nemmeno la traccia di una clausola che impegni il Ministero a predisporre una piattaforma pubblica: nella dichiarazione congiunta si parla di piattaforme gratuite per docenti e studenti, ma non per le scuole! Il giudizio complessivo sul contratto firmato non può che essere fortemente negativo, ma questo non ci impedisce di distinguere il CCNI dalla Nota nei soli due casi in cui il primo è uno strumento utilizzabile in difesa dei docenti, scardinando il gioco delle parti che sembrerebbe sotteso alla loro stesura concordata. Il contratto non prevede alcun obbligo di recupero e ribadisce la piena valenza di tutta la normativa contrattuale, ivi compreso l’art. 28 c.7 e 8 del CCNL 2006-08 che, richiamando le C. M. n. 243/1979 e n. 192/1980 e successive, prevede che se la riduzione oraria è dovuta a causa di forza maggiore e “i motivi sono estranei alla didattica” (come è di tutta evidenza in questo caso , in cui il ricorso alla DAD , con la conseguente inevitabile riduzione oraria, è imposta dal riacutizzarsi dell’emergenza sanitaria e dalle disposizioni del DPCM del 4 novembre) “non è configurabile alcun obbligo per i docenti di recuperare le frazioni orarie oggetto di riduzione”. Invece, la Nota prevede che “il personale docente è tenuto al rispetto del proprio orario di servizio, anche nel caso in cui siano state adottate unità orarie inferiori a 60 minuti, con gli eventuali recuperi”. La didattica digitale integrata non si attua oltre l’emergenza e il Contratto dice chiaramente all’art. 1 “Casi in cui si può ricorrere alla DDI e durata del CCNI” che solo “fino al perdurare dello stato di emergenza deliberato dal CdM, dovuto al diffondersi del COVID 19, l’attività didattica sarà effettuata a distanza attraverso la modalità della DDI..”, quindi configurando la didattica a distanza solo come didattica dell’emergenza. Anche il D.L. n. 22/2020, convertito in l. n. 41/2020, prevede all’art. 2 che solo in “in corrispondenza della sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica, il personale docente assicura comunque le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza”.La Nota, in continuità, con le Linee Guida istituzionalizza la DAD anche al di là dell’emergenza, almeno per quanto riguarda le scuole secondarie di secondo grado.                                                                                                          

Per entrambi questi casi va detto con forza che solo il CCNI costituisce una fonte del diritto e fonda diritti e obblighi, mentre la Nota non è una fonte del diritto. Per cui invitiamo le Istituzioni scolastiche, gli organi collegiali, le RSU e i lavoratori tutti ad applicare il CCNI e non la Nota. Non vi è nulla da recuperare in alcuna forma per le riduzioni orarie deliberate dal Consiglio d’Istituto e dovute all’emergenza sanitaria. Vanno rigettate delibere del Collegio docenti di riduzione oraria per motivi didattici, che non rispondono alla realtà. La DID è solo didattica dell’emergenza e finisce con l’emergenza. Contro ogni tentativo di normalizzazione dell’emergenza e contro la retorica ministeriale ribadiamo una volta di più che la DAD non è scuola. La favola della didattica digitale = qualità si è infranta di fronte alla realtà. La nostra voce si unisce a quella di pedagogisti, psicologi e soprattutto a quella di docenti, genitori e studenti che hanno sperimentato la sospensione di fatto del diritto allo studio. Dobbiamo riaprire al più presto e in sicurezza tutte le scuole di ogni ordine e grado, prima che si riapra la farsa della valutazione a distanza. Dobbiamo riaprire al più presto le scuole per lasciarci alle spalle questo contratto integrativo e per restituire dignità professionale e diritti all’intera categoria. Per farlo è necessario fare oggi quello che colpevolmente Governo e Regioni non hanno fatto questa estate: potenziare sanità, trasporti pubblici, organici e spazi scolastici. Non averlo fatto ci ha portato alla situazione di nuovo drammatica della sanità pubblica e a chiudere le scuole quando in Europa le tengono aperte anche con lockdown più estesi. Continuare a non farlo ora significherà arrivare di nuovo impreparati al momento della riapertura con il rischio di esporsi a nuove ondate della pandemia. Ad ogni passaggio di questo tipo la responsabilità politica e morale del governo aumenta a dismisura!


22/11/2020

ESECUTIVO NAZIONALE DEI COBAS – COMITATI DI BASE DELLA SCUOLA

21 novembre Flash mob per una società della cura

I sindacati Cobas, SGB, SiCobas e USI-CIT aderiscono e partecipano al Flash Mob lanciato nell’ambito della giornata nazionale di mobilitazione della Rete Nazionale “Società della Cura” e organizzata localmente dalla “Assemblea per la Salute del Territorio”, previsto per sabato 21 novembre, davanti all’Ospedale Maggiore di Bologna ,a sostegno di tutti gli operatori sanitari impegnati quotidianamente nella emergenza covid19.

Nessuno/a deve essere lasciato/a indietro, per una società della cura

COMUNICATO STAMPA

21 novembre, manifestazioni in tutta Italia, a Roma P.del Popolo (ore 10-14)

L’emergenza non può provocare discriminazioni tra i diritti delle persone, tra chi ha accesso a cure e reddito e chi ne è escluso/a. Così si accentuano le diseguaglianze sociali, economiche, culturali e di genere, si frantuma la società tra chi ha garanzie e sinecure di vario tipo e chi non ha né garanzie né difese economiche e sociali. Le crisi sanitarie, economiche e ambientali vanno affrontate con un piano unitario, che non lasci indietro nessuno/a, bloccando in particolare la disgregazione regionalistica. Tale piano va avviato con l’obiettivo di una radicale conversione economica, sociale, ambientale e culturale, fuori dall’economia del profitto, per una società della cura. E qui ed ora, richiediamo reddito per tutti/e e aiuti adeguati durante tutta l’emergenza sanitaria; il rispetto costante delle misure di prevenzione, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; investimenti e assunzioni per garantire davvero sanità e istruzione pubbliche, trasporti, casa, accoglienza.

E in particolare per l’istruzione pubblica, chiediamo l’immediata riapertura delle scuole di ogni ordine e grado, come accade in Germania, Francia, Olanda, Irlanda e persino nel Regno Unito (in pieno lockdown). La scuola è relazione umana, oltre che cognitiva, e non può essere delegata allo schermo di un computer: Mentre la scuola pubblica si prefigge la riduzione delle diseguaglianze, la cosiddetta Didattica a Distanza (DAD) le aumenta. La chiusura di quattro mesi nello scorso anno scolastico ha già provocato effetti molto negativi sull’apprendimento degli studenti, sulle loro capacità cognitive di livello più alto, sul loro spirito critico, nonché indotto processi dannosissimi a livello psicologico, sui meccanismi relazionali e affettivi. Questa nuova chiusura effettuata irresponsabilmente e caoticamente (anche a causa di quella frammentazione regionalistica che si vorrebbe acuire con la cosiddetta “autonomia differenziata”) e malgrado tutti gli indicatori pandemici dimostrino che le scuole sono un posto più sicuro di tanti luoghi restati aperti, ingigantirebbe, soprattutto se prolungata oltre il 3 dicembre, tutti i danni per gli studenti che abbiamo qui citato, e li renderebbe irreversibili e irrecuperabili per un’intera generazione.

Dunque, su questi temi, obiettivi e proposte, la coalizionePer la società della cura, di cui i COBAS fanno parte con il massimo impegno, promuove, insieme a centinaia di realtà sociali, sindacali, studentesche, a comitati, reti associative, di movimento e strutture autogestite, una grande giornata di mobilitazione nazionale con manifestazioni e iniziative in tutta Italia, nel pieno rispetto delle norme anti-Covid. In particolare a Roma la manifestazione si terrà a P. del Popolo dalle 10 alle 14.

Piero Bernocchi   portavoce nazionale COBAS – Confederazione dei Comitati di base

19 novembre 2020

BOLOGNA (ore 11)
FLASH MOB ALL’OSPEDALE MAGGIORE: sosteniamo medici, infermieri e operatori sanitari


ASCOLTA L’INTERVENTO DI di Roberta di Priorità alla Scuola Bologna

Concorso e posti covid: un caos che doveva essere evitato

Dopo aver costretto gli uffici scolastici provinciali e le scuole a un duro lavoro per gestire le riaperture adeguandosi a linee guida arrivate con grave ritardo e per coprire le oltre 200mila cattedre vacanti in Italia (spesso con graduatorie piene di errori e con convocazioni poco trasparenti), la ministra Azzolina si è resa protagonista di una nuova scelta estremamente inopportuna confermando nel mese di ottobre le prove scritte del concorso straordinario per il ruolo.

Un concorso che i COBAS da mesi proponevano per titoli di studio e servizio, trattandosi di precari storici con almeno 3 anni di servizio, quindi già in possesso dei titoli per l’insegnamento e con esperienza pluriennale acquisita sul campo, che mandano di fatto avanti la scuola pubblica italiana. Un concorso che non sarebbe riuscito a tutelare nemmeno le situazioni più fragili come quella dei posti di sostegno, rispetto ai quali la volontà di ultra selezionare insegnanti già specializzati, congiunta all’esclusione di coloro che hanno maturato servizio ma privi del titolo specializzante, permetteva di contare, già prima di iniziare le prove, migliaia di posti che sarebbero rimasti scoperti. Aldilà della volontà estremamente discutibile di sottoporre a tutti i costi a prove selettive personale già qualificato, competente e con esperienza, è risultata a tutti evidente l’impraticabilità di un concorso in autunno, quindi nel bel mezzo di un anno scolastico estremamente complicato per le scuole, alla ricerca disperata di spazi e personale e costrette allo stesso tempo ad allestire aule per lo svolgimento delle prove e a mettere a disposizione degli uffici scolastici regionali insegnanti di ruolo per rivestire la carica di commissari. La decisione di proseguire con lo svolgimento del concorso, ignorando il riaggravarsi della diffusione del covid-19, ha portato a mettere a rischio la salute di migliaia di precari iscritti al concorso, costretti spesso a lunghi viaggi anche interregionali e a sostenere le prove in aule ben più affollate delle “dieci persone” alle quali la Ministra ha più volte fatto riferimento. Inoltre molti docenti sono stati esclusi dalle prove, a causa di banali raffreddori o stati febbrili, ma anche di quarantene imposte per contatti con soggetti positivi. Non solo non è stato bloccato o quantomeno rinviato il concorso alla fine dell’anno scolastico in attesa di tempi migliori, ma non è stata prevista nemmeno una prova suppletiva per tutti coloro che non sono riusciti a partecipare per motivi di salute o quarantene, scelta questa che espone il Ministero a ondate di ricorsi prevedibili e legittimi. Tutto è proseguito fino a mercoledì scorso, quando l’ennesimo DPCM ha imposto la sospensione a data da destinarsi di tutti i concorsi pubblici e privati tra cui lo straordinario per il ruolo degli insegnanti. All’improvviso migliaia di precari, ormai in procinto di trasferirsi nelle rispettive sedi per sostenere le prove, hanno visto cambiare per l’ennesima volta le regole del gioco in corsa. Un esito annunciato, che vedrà il MIUR inevitabilmente oggetto di ulteriori ricorsi da parte di migliaia di precari e il tanto rivendicato concorso per prove bloccato e destinato a concludersi – se mai si concluderà – in tempi biblici, allungando a catena i tempi di organizzazione ed espletamento delle prove del concorso ordinario e di quello straordinario abilitante. Al caos concorso si aggiunge il caos posti Covid. Un organico aggiuntivo di 50 mila dipendenti tra personale ATA e docente (poi diventati 76 mila), creato solo ed esclusivamente per questo anno scolastico per l’emergenza Covid, ma che sarebbe stato opportuno aggiungere stabilmente agli organici delle scuole per eliminare il cronico e discusso fenomeno delle classi pollaio. Personale che è stato inserito nelle scuole a distanza di settimane dall’inizio delle lezioni per i tempi estremamente lunghi e farraginosi delle convocazioni dalle graduatorie provinciali e clamorosamente pure ridotto in corso d’opera. La motivazione è ai limiti del grottesco: il Tesoro si è accorto di non avere la copertura finanziaria per tale incremento di personale e il MIUR ha intimato gli uffici scolastici di bloccare le assunzioni e addirittura la firma di contratti a lavoratori già entrati in servizio. I primi “fortunati” firmatari dei contratti per posti Covid, i cui incarichi sono stati confermati e che grazie a un emendamento in extremis in Parlamento, si sono visti riconoscere il sacrosanto diritto al mantenimento del posto di lavoro anche in caso di chiusura delle scuole, hanno comunque riscontrato, al pari di colleghi impegnati in supplenze brevi, notevoli ritardi nel pagamento degli stipendi di ottobre, e in alcuni casi continuano ad attendere sempre più preoccupati avendo già prestato servizio per oltre un mese senza ricevere nessun pagamento. Per rimediare a questo clamoroso fallimento non si può che fare un passo indietro! Di fronte alle ingiustizie causate da un concorso dimezzato, ai sacrifici e ai rischi intrapresi da tutti coloro che hanno sostenuto o stavano per sostenere le prove, al grande bisogno di insegnanti stabili su ogni ordine e grado e ai diritti dei precari di veder riconosciuto il proprio diritto alla stabilità e alla dignità lavorativa chiediamo con forza:


 – l’immediata assunzione a tempo indeterminato di TUTTI i circa 70.000 precari con tre anni scolastici di servizio, attraverso un concorso per soli titoli di studio e servizio;

– l’immediata assunzione di tutti coloro che hanno conseguito la specializzazione sul sostegno e la previsione di un percorso di assunzione e formazione sul sostegno per coloro che hanno maturato almeno tre anni di esperienza specifica;

– il raddoppio dei posti previsti per il concorso ordinario, in ragione dei numerosi pensionamenti previsti per i prossimi anni;
– l’immediato pagamento degli stipendi per tutti i supplenti attualmente in servizio;


– lo sblocco dei cosiddetti contratti covid inizialmente promessi alle scuole e poi non attivati e l’inserimento di questi nuovi posti all’interno dell’organico strutturale
 della scuola.

NEL FRATTEMPO INVITIAMO I COLLEGHI AD ADERIRE AL RICORSO PER LA MANCATA INDIZIONE DELLE PROVE SUPPLETIVE SCRIVENDO A RICORSICOBAS@GMAIL.COM

11 novembre 2020
Esecutivo Nazionale dei COBAS – Comitati di Base della Scuola

Lavagna Arcobaleno: materiali per docenti per una scuola più inclusiva delle identità LGBTQI+

Segui l’evento fb

La scuola in cui insegni potrebbe fare di più per includere studenti LGBTQI+?

Noti episodi di bullismo, insulti e prese in giro a chi non si conforma agli stereotipi di genere?

Vuoi fare qualcosa ma non sai bene da dove partire?

Lavagna arcobaleno è nata con questo scopo e in questo incontro online avremo piacere di fartela conoscere al meglio!

Lavagna Arcobaleno è la sezione del sito www.traccearcobaleno.it pensata per supportare docenti che vogliano migliorare il clima della propria scuola in merito alle persone e alle tematiche LGBTQI+.
Nasce dal lavoro di Centro Risorse LGBTI, in collaborazione con CESP per quanto riguarda la redazione di una guida per insegnanti, ed è inserita in un sito creato con Scuola e Formazione Cassero e con l’associazione Prendiparte al fine di esplorare e far conoscere meglio le esperienze delle soggettività LGBTQI+ in ambito scolastico per portare ad azioni concrete di supporto e accoglienza.

Ne parleremo con:

Valeria Roberti, Centro Risorse LGBTI
Valentina Millozzi, CESP-Centro Studi per la Scuola Pubblica
Caterina Di Loreto, Scuola e Formazione Cassero

La presentazione in oggetto è inserita nel progetto “La nostra scuola è differente” finanziato dalla Regione Emilia Romagna
Ci troviamo su Meet!
ID riunione
meet.google.com/xak-paet-ufu
Numeri di telefono
(‪IT‬)
‪+39 02 8732 3782‬
PIN: ‪529 074 271#

Assemblea sindacale per tutti gli ordini di scuola 26 novembre 2020

I COBAS Comitati di Base della Scuola indicono per GIOVEDI’ 26 NOVEMBRE ASSEMBLEA SINDACALE per i/le Docenti di tutte le scuole

L’assemblea si terrà in modalità videoconferenza su gotomeeting. Per collegarsi seguire le indicazioni sottoriportate (è possibile da cellulare, da web o scaricando l’app) ai link:

Assemblea Scuola Bologna

Partecipa alla mia riunione da computer, tablet o smartphone.

https://global.gotomeeting.com/join/707774397

Puoi accedere anche tramite telefono.Stati Uniti:+1 (872) 240-3212

Codice accesso: 707-774-397

È la prima volta che usi GoToMeeting?  Scarica subito l’app e preparati all’inizio della tua prima riunione:https://global.gotomeeting.com/install/707774397

Al fine di favorire al massimo la partecipazione dei/delle docenti interessati/e, l’assemblea si svolgerà su due turni:

ore 12.00 –14.00 (comunque le ultime due ore)

ore 17.30 –19.30

Si discuterà del seguente ODG

  • Il piano per la DDI
  • Il nuovo contratto integrativo
  • La situazione degli/delle insegnanti precari/ie

RIAPRIRE LE SCUOLE COME NEL RESTO D’EUROPA!

I Governi di Germania, Francia, Irlanda, Olanda e persino del Regno unito varano forme più o meno intense di lockdown, ma salvaguardano il diritto all’istruzione; il Governo Conte PD- 5S- Leu con i DPCM del 25 ottobre e del 4 novembre chiude le scuole superiori e nelle zone rosse anche le due ultime classi delle medie.

E’ evidente la scelta politica di sacrificare il diritto all’istruzione e/o la leggerezza con cui il Governo interviene, noncurante degli effetti duraturi di lungo periodo della c.d. didattica a distanza e/o già con la prolungata chiusura dello scorso anno si sono registrati effetti negativi strutturali sulle capacità di apprendimento degli studenti e un regresso significativo nelle capacità cognitive di livello più alto, relative all’analisi dei singoli fenomeni, alla loro contestualizzazione, allo sviluppo dello spirito critico. Tali effetti sono stati registrati in tutti gli ordini di scuola, dalla scuola dell’infanzia alle superiori. Questa nuova chiusura, considerando anche la probabile reiterazione oltre il 3 dicembre, rischia di estenderli e renderli strutturali e irrecuperabili per un’intera generazione.

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: la scuola è relazione sia umana che cognitiva e tale relazione non può essere mediata dallo schermo di un computer! La scuola pubblica mira alla riduzione delle disuguaglianze e la DAD aumenta le disuguaglianze. In DAD non è possibile alcuna seria valutazione sommativa degli studenti e dovrebbe essere chiaro a tutti che un altro anno di promozione per decreto avrà effetti devastanti sulla preparazione di una generazione di studenti. La scuola pubblica è appunto pubblica e non può usare acriticamente gli strumenti e i prodotti didattici delle multinazionali del web. Più si prolunga l’uso della DAD, più aumenta il rischio, denunciato dai Cobas sin dall’inizio, della tecnica della shock economy: approfittare della pandemia per rendere strutturale l’uso della DAD didattica digitale, con conseguente ulteriore dequalificazione della scuola.

Tutto questo è l’effetto della scellerata gestione politica dei mesi estivi: si poteva-doveva potenziare il trasporto pubblico per evitarel’effetto sardinee non è stato fatto; si dovevano potenziare le strutture sanitarie e, in particolare,  posti Covid e, invece, sono stati tagliati, premiando i dirigenti più solerti;  si dovevano potenziare a ben altri livelli le capacità di effettuare test diagnostici e predisporre adeguate risorse per il tracciamento;  si potevano (re)introdurre presidi sanitari nelle scuole per attuare efficaci politiche di prevenzione,  trovare nuovi spazi per la scuola, ridurre il numero degli alunni per classe, assumere docenti e Ata per garantire a scuola lo stesso distanziamento di due metri come per gli esami di Stato e non è stato fatto. Non si poteva (e non si può) continuare a dire che non ci sono i soldi: sospensione del Patto di Stabilità; 209 mld di Recovery Fund, di cui una 80ina a fondo perduto, anticipabili con il ricorso alla spesa pubblica in deficit. Non aver fatto tutto questo (e continuare pervicacemente a non farlo) è una scelta politica o è semplice incapacità amministrativa sia del governo centrale che dei sempre più potenti governatori regionali? Continuare a non farlo non determinerà un prolungamento della chiusura della scuola anche ben oltre il 3 dicembre e magari un’estensione ulteriore al primo ciclo?

Il governo e i governatori regionali oggi sono nudi di fronte ad un’opinione pubblica che misura l’assoluta impreparazione con la quale la politica ha portato il paese di fronte alla seconda ondata di emergenza sanitaria. Oggi che le piazze si riempiono della rabbia delle categorie che il virus sta riducendo sul lastrico, oggi che è chiaro a tutti che non “andrà tutto bene” e che il governo e i governatori non possono presentarsi come i padri protettori degli italiani, assistiamo a una corsa scomposta verso chiusure, dietro le quali non sempre è individuabile una razionalità scientifica e/o politica, come la situazione richiederebbe. Anzi, sembra che la preoccupazione principale, di fronte all’impotenza nel proteggere la nostra salute, sia mantenere il consenso; è qui, in questo vergognoso binario, che si innestano alcuni provvedimenti altrimenti incomprensibili. Come spiegare altrimenti la chiusura dei cinema, dei teatri, delle biblioteche? Come spiegare la sospensione anche di quel minimo di 25% di didattica in presenza alle superiori che avrebbe garantito un minimo di socialità ai ragazzi e un minimo di serietà alla scuola? Come spiegare che si può andare dalla parrucchiera e dal barbiere, ma non a scuola, nemmeno al 25%? Come è possibile distinguere tra il superfluo e il necessario, considerando scuole e attività culturali come attività a cui si può rinunciare senza fornire alcuna evidenza scientifica della loro responsabilità nella diffusione del contagio?

Il governo e le Regioni sono stati sordi rispetto alle richieste delle mobilitazioni di maggio giugno in 60 città e alla manifestazione nazionale del 26 settembre. Così come non hanno ascoltato le richieste di reddito e lavoro delle mobilitazioni di questi giorni per tutte le attività economiche colpite drammaticamente dalle chiusure. Reddito di emergenza generalizzato e spesa pubblica per acquisti di beni e servizi per potenziare sanità, scuola e trasporti possono essere gli obiettivi unificanti di una mobilitazione che imponga una svolta sociale alla gestione della crisi.

Non possiamo subire passivamente la lesione continuata del diritto all’istruzione. Lanciamo un appello a tutto il popolo della scuola pubblica per forme di mobilitazione territoriali che impongano la riapertura delle scuole.

Roma, 6 novembre 2020

ESECUTIVO NAZIONALE DEI COBAS- COMITATI DI BASE DELLA SCUOLA

I precari della scuola e l’importanza del “doppio canale”

Convegno Nazionale di Formazione

Evento facebook COBAS Scuola

Questo convegno nasce da una constatazione apparentemente banale: se è vero che il precariato nella scuola è un elemento strutturale del reclutamento degli insegnanti, allora è necessario prevedere un sistema di reclutamento degli insegnanti che tenga conto del precariato in modo strutturale. Per questo motivo riteniamo che sia necessario ripristinare il “doppio canale”, l’unico sistema in grado di garantire sia la possibilità di entrare subito nella scuola in modo stabile a chi, magari appena laureato, vi si avvicina per la prima volta, sia il diritto all’assunzione a tempo indeterminato di chi nella scuola lavora già da anni e ne permette il funzionamento con il suo lavoro da precario. Per raggiungere tale obiettivo crediamo si debba uscire dalla falsa retorica del merito e dalla logica delle soluzioni parziali ed emergenziali che hanno caratterizzato gli ultimi anni. Questo convegno, pertanto, vuole essere un momento di riflessione e di dibattito che, partendo da uno sguardo sulle principali tappe del precariato nella storia della scuola italiana e, passando attraverso l’analisi degli scenari futuri più probabili, possa offrire un’occasione di confronto alle diverse tipologie di precari attualmente in servizio, per provare a condividere le esperienze e le specificità di ognuna e a ricomporre le fila di un discorso che spesso risulta frammentato.

Tra i relatori e le relatrici: docenti del Cesp, dei Cobas e di alcuni comitati e coordinamenti di precari protagonisti delle recenti lotte per la stabilizzazione.

Iscrizioni: MODULO ON LINE https://forms.gle/VZeYhKSRF2UgruHm8

oppure inviare il modulo in allegato a cespbo@gmail.com

L’iscrizione è gratuita e al termine del corso verrà inviato tramite email un attestato di partecipazione.

IL CESP è ente accreditato/qualificato per la formazione del personale della scuola (Decreto Min. 25/07/06 prot.869, circ. MIUR prot. 406 del 21/2/06 – Direttiva 170/2016-MIUR). Ricordiamo che, ai sensi degli articoli 63 e 64 del CCNL 2006/2009 (tuttora vigenti), l’esonero dal servizio per consentire la partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per tutto il personale senza alcuna distinzione tra docenti assunti a tempo determinato o indeterminato.

“Gli insegnanti hanno diritto alla fruizione di cinque giorni nel corso dell’anno scolastico per la partecipazione a iniziative di formazione con l’esonero dal servizio e con sostituzione ai sensi della normativa sulle supplenze brevi vigente nei diversi gradi scolastici”. (Art.64 c.5 del CCNL 2006/2009)
 
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