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A 5 mesi dallo sciopero una nuova manifestazione giovedi 20 aprile alle ore 14 davanti alla scuola in Via Marconi 40 e poi a seguire all’USP, dove alle 15.15 una delegazione sarà ricevuta dal dott. Panzardi per conto dell’USR.
Le nostre tre rsu di istituto invitano a partecipare a sostegno della loro lotta che è la nostra lotta contro tutti i presidi padroni.
Continua lo stato di agitazione del personale docente e ATA dell’Istituto Aldrovandi Rubbiani di Bologna
20 APRILE 2023 ORE 14.00 MANIFESTAZIONE IN VIA MARCONI 40 A SEGUIRE SOTTO L’UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE
A cinque mesi di distanza dallo sciopero del 18 novembre 2022 tutti i motivi del conflitto con la dirigenza scolastica rimangono irrisolti.
Il confronto tra le parti richiesto dall’Ufficio Scolastico Provinciale, al termine dell’indagine conoscitiva avviata dopo lo sciopero, ha confermato l’assenza di reali aperture da parte della dirigente e il fallimento di ogni ipotesi di mediazione.
Al contrario, l’assemblea del corpo docente svoltasi il giorno 16 marzo 2023 ha aggiunto nuovi e diffusi motivi di scontento e ha chiesto alle rappresentanze sindacali di non sottoscrivere il contratto di istituto decidendo di continuare la mobilitazione.
Docenti e ATA indicono quindi un’ulteriore iniziativa di protesta per dare un futuro diverso all’istituto Aldrovandi Rubbiani.
CONTRO
PER
Docenti e ATA in lotta per una scuola partecipata e condivisa, contro presidi-padroni e scuola-azienda
I sindacati Cobas scuola, Flc Cgil, Cisl scuola, Gilda e la RSU di Istituto, su mandato di una affollata assemblea di docenti e ATA, hanno proclamato lo sciopero dell’intera giornata per venerdì 18 novembre con presidio dalle ore 8 in Via Marconi 40.
Una parte significativa della comunità scolastica ha orgogliosamente deciso di promuovere lo sciopero in un singolo istituto, cosa che non si vedeva da decenni, a seguito del drastico peggioramento delle relazioni e del clima di grande disagio che si respira nella scuola, con evidenti ricadute sul benessere collettivo e sulla qualità del lavoro. Tutto ciò accade a causa della gestione dirigista e autoritaria della dirigenza, supportata dallo staff.
Sappiamo che la situazione dell’Istituto Aldrovandi-Rubbiani presenta tratti presenti anche in altre scuole, poiché corrisponde ad un determinato modello di gestione, verticistico e con forti caratteristiche di autoritarismo. Questa strategia si fonda sui nefasti cambiamenti degli ultimi decenni, volti a trasformare la scuola in senso aziendalista, e su provvedimenti che hanno la precisa intenzione di affermare lo strapotere dei/delle dirigenti a scapito della dignità di chi lavora a scuola, della collegialità e del confronto con le rappresentanze sindacali.
La vita della scuola, le scelte didattico-organizzative, la gestione delle risorse umane e finanziarie, tendono a diventare appannaggio esclusivo di dirigenti che si auto-investono del potere salvifico di rappresentare l’intera comunità scolastica, nonché il bene generale della scuola pubblica tout court.
Organizzazioni sindacali di categoria come l’ANP (Associazione Nazionale Presidi) sostengono da anni la necessità di accrescere sempre più i poteri dei/delle dirigenti (oltre che le loro retribuzioni) nella gestione del personale e delle risorse economiche assegnate, senza i lacci e lacciuoli della burocrazia e delle norme contrattuali.
In alcune scuole ha così preso piede la pratica verticistica costruita attraverso la fidelizzazione di un corpo fiduciario ristretto di collaboratori e collaboratrici, sempre in sintonia con “il capo” e con la sua linea gestionale, un corpo nettamente separato dalla stragrande maggioranza di docenti e ATA, inquadrata in compiti meramente esecutivi. Queste scelte organizzative promuovono il rapporto diretto con il personale “sottoposto” di cui la/il dirigente si arroga il diritto di interpretare il “bene” e, al contempo, garantiscono la pervasività delle decisioni dirigenziali a scapito di ogni eventuale discussione o critica.
Si tratta, dunque, di un modello di gestione che può anche avere, a seconda dello stile dirigenziale, il suo corollario di premi e punizioni, di intimidazione e di paura, che coinvolge soprattutto il personale precario e neoassunto, ma che si allarga a tutte e tutti coloro che semplicemente “non vogliono avere problemi” o hanno già sperimentato il peggioramento della qualità della vita conseguente a conflitti con una figura superiore.
Questo modo di esercitare la funzione dirigenziale sta diventando sempre più diffuso e non può essere considerato una eccezionale anomalia. Non è un mistero, infatti, che esista da tempo una parte di dirigenti scolastici, e anche del mondo politico e intellettuale, che ha fatto del presunto merito, ben prima che fosse incorporato nella denominazione del Ministero dell’Istruzione, il perno ideologico di questo modello di scuola e che ha sostenuto la differenziazione di carriera tra docenti e l’istituzione del bonus premiale, che alcune e alcuni dirigenti continuano ostinatamente a mantenere in vita anche dopo la sua cancellazione di fatto con la legge di Bilancio del 2020. Il bonus ha un solo vero significato, al di là della foglia di fico dei criteri di attribuzione: dare al/alla dirigente la possibilità di riconoscere un beneficio economico a chi lavora per lei/lui. A ciò si aggiunge il potere acquisito di dispensare esoneri dall’insegnamento per attività organizzative a chi fa parte del suo staff, senza dover contrattare nulla con chicchessia. Un modello privatistico, che concepisce le risorse umane e finanziarie della scuola come patrimonio del/della dirigente oppure come appannaggio della funzione dirigenziale.
Nella lotta di docenti e ATA della scuola Aldrovandi Rubbiani vediamo uno scatto di orgoglio, la volontà di resistere al processo disgregativo che ha investito una grande comunità scolastica, evitando che le singole persone si ritrovino sole, impotenti e sottomesse.
Ciò che sta accadendo è ora a disposizione del dibattito pubblico, al di fuori delle mura scolastiche, svelando la realtà che spesso si nasconde dietro le scuole di vetrina, pronte a fare marketing sui progetti più accattivanti e ad occupare le pagine dei giornali, nascondendo la miseria di relazioni umane che dilaga al proprio interno.
Le colleghe e i colleghi, docenti e ATA in lotta contro l’autoritarismo della dirigente, hanno mostrato a tutte e tutti noi che è possibile preservare e rafforzare la coesione dei lavoratori e delle lavoratrici, praticare la condivisione e non la competizione, ed anche che è possibile affermare un modello di scuola diverso, partecipativo e orizzontale, che faccia del rispetto e del benessere relazionale il fondamento della qualità del lavoro.
Cobas Scuola Bologna
Campagna bastastress
COMUNICATO STAMPA Bologna, 27 ottobre 2022
Cobas Scuola Bologna, FLC CGIL Bologna, GILDA Unams Bologna, CISL Scuola Amb, unitamente alla RSU di istituto, chiamano le lavoratrici e i lavoratori dell’IPSAS “Aldrovandi Rubbiani” allo sciopero di un’intera giornata: questa la richiesta emersa a larghissima maggioranza dall’assemblea sindacale di ieri, tenutasi nei locali del Liceo “A.B. Sabin” di Bologna che ha visto la partecipazione di 93 persone tra docenti ed ATA.
La Dirigente scolastica, nel periodo tra giugno 2022 e ottobre 2022, ha tenuto un profilo di totale decisione autonoma ed unilaterale, dimostrando negli incontri collegiali (collegio dei docenti, incontri di informazione e confronto con la RSU e le OO.SS., tentativo di raffreddamento in Prefettura dopo la proclamazione dello stato di agitazione) di non voler realmente confrontarsi con le lavoratrici e i lavoratori che sia direttamente, che attraverso la legittima rappresentanza, hanno avanzato richieste legittime in merito a diversi temi attinenti l’organizzazione del lavoro e il benessere/malessere lavorativo conseguente.
Il malessere provato da lavoratrici e lavoratori dell’IPSAS “Aldrovandi Rubbiani”, dovuto alla scarsa (o quasi nulla) considerazione dell’opinione degli organi collegiali, del personale docente e del personale ATA messa in atto dalla Dirigente scolastica, ha minato le condizioni per una proficua collaborazione nella gestione della vita scolastica e nella coesione di quella che dovrebbe fondare il modo di lavorare e vivere in una scuola sul rispetto e l’ascolto reciproco, il confronto e la condivisione.
Per questo le OO.SS. firmatarie di questo documento, proclameranno lo sciopero del personale docente ed ATA con i seguenti obiettivi:
➢ nuova assegnazione dei docenti alle classi in modo da ripristinare le continuità didattiche arbitrariamente cancellate ed eliminare, laddove possibile, i continui spostamenti da un plesso all’altro durante la giornata di lavoro. La decisione di operare questo ”ricircolo” di insegnanti tra le varie sedi è stata assunta a partire da giugno 2022, contro il parere contrario espresso dal Collegio dei Docenti (organo tecnico predisposto a decidere in merito alla didattica), la richiesta dell’assemblea sindacale del 19 settembre 2022 riportata anche dalle RSU di istituto e dalle OO.SS. durante il confronto del 6 ottobre 2022;
➢ rispristino dell’assegnazione delle ore di insegnamento dell’ITP di Tecnologie e tecniche delle comunicazioni multimediali alle classi quarte dell’indirizzo grafico, così come previsto dagli ordinamenti nazionali, ripristinando così la piena legittimità del corso di studi affrontato dagli studenti di dette classi;
➢ rispetto delle relazioni sindacali di istituto con la consegna dell’informazione alle RSU e alle OO.SS. delle informazioni relative all’organico dell’autonomia (docenti) assegnato all’istituto e del suo utilizzo, dell’organico di diritto e di fatto del personale ATA assegnato all’istituto e dei compensi erogati al personale pattuiti nella contrattazione d’istituto nell’anno scolastico 2021/2022 in modo speculare ai criteri indicati nella contrattazione stessa;
➢ripristino di un congruo preavviso nella comunicazione degli impegni scolastici (riunioni, incontri, …), di comunicazioni chiare, precise e tempestive;
➢ rispristino del riconoscimento, come servizio effettivo, delle ore svolte per la partecipazione ai corsi obbligatori in tema di sicurezza;
➢ indicazione delle modalità per il recupero delle ore che il personale ATA deve effettuare a causa delle deliberazioni del consiglio di istituto che prevedono la chiusura della scuola in alcune giornate pre festive;
➢ rimodulazione dell’assetto organizzativo degli orari del personale ATA, attualmente costretto a continui “slittamento di orario” comunicati con poco preavviso, trattando come emergenza eventi che in realtà non lo sono.
Cobas Scuola Bologna, FLC CGIL Bologna, GILDA Unams Bologna, CISL Scuola Amb, predisporranno, a supporto degli obiettivi sopra indicati, l’indizione dello sciopero di un’intera giornata di tutto il personale docente ed ATA dell’Istituto IPSAS “Aldrovandi Rubbiani” di Bologna, volto a sensibilizzare l’intera comunità educante delle problematiche che chi lavora nell’istituto si trova ad affrontare quotidianamente, per cercare insieme di trovare soluzioni appropriate al ritorno del benessere lavorativo e del conseguente “clima” adeguato all’apprendimento delle studentesse e degli studenti.
I Cobas scuola e la FLC CGIL hanno proclamato lo stato di agitazione di tutto il personale dell’Istituto Aldrovandi Rubbiani su richiesta dei propri rappresentanti eletti nella RSU di istituto.
Dopo l’ultimo incontro con la dirigenza, svoltosi il 6 ottobre 2022, si è preso atto che, nonostante i numerosi tentativi di ricomposizione dei conflitti, la controparte rimane ferma sulle sue scelte fornendo motivazioni del tutto insoddisfacenti del proprio operato, ignorando proposte alternative e rivendicando unicamente il suo potere decisionale esclusivo.
Per questo si è ritenuta non più procrastinabile la proclamazione ufficiale dello stato di agitazione, per dare voce al malcontento diffuso emerso nell’assemblea sindacale docenti svoltasi il giorno 19
settembre 2022 e nelle settimane seguenti.
La situazione ha superato ampiamente i limiti della tollerabilità, determinando un clima di tensione e di disagio tangibile all’interno dell’istituto che, quando espresso, non trova ascolto ma ostilità. Ciò
pregiudica il benessere dell’ambiente lavorativo e conseguentemente anche il proficuo svolgimento delle attività didattiche, come testimonia la crescente indisponibilità a svolgere compiti aggiuntivi di tipo organizzativo da parte di colleghi e colleghe.
Cobas scuola e FLC CGIL, si riservano di mettere in campo ulteriori iniziative di mobilitazione qualora la richiesta di raffreddamento e conciliazione proposta alle autorità competenti non sia accolta e risolta
secondo le aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola.
Bologna, 07 ottobre 2022
Non è passato un mese dalla morte di Lorenzo Parelli, lo studente friulano scomparso a gennaio per un incidente occorsogli mentre svolgeva uno stage in fabbrica, e lo strazio si ripete. Un altro studente, sedicenne, Giuseppe Lenoci di Monte Urano (Fermo), paga con la vita la scellerata scelta politica di allontanare gli studenti dalle aule per renderli manovalanza gratuita al servizio di imprese pubbliche e, soprattutto, private. Giuseppe, che stava svolgendo un tirocinio in Alternanza Scuola Lavoro in una ditta di termoidraulica, stava tornando a casa quando il furgone aziendale su cui viaggiava ha avuto un incidente e lui è morto sul colpo.
La sua morte non è solo un tragico evento perché, come ci hanno ricordato gli studenti scesi – e manganellati – nelle piazze, l’alternanza scuola lavoro è il volto palese di una scuola che ha perso il suo ruolo di formare e istruire per diventare cinghia di trasmissione di un sistema che “non solo sfrutta, ma prepara allo sfruttamento ed educa a sfruttare”.
Gli incidenti si sono verificati in centri regionali di formazione professionale, ma sarebbero potuti capitare in qualsiasi scuola secondaria, da quando la controriforma renziana ha imposto l’obbligatorietà dei percorsi scuola-lavoro. D’altronde, il ministro dell’Istruzione è l’entusiasta Bianchi, che ha addirittura pensato di estendere questa attività nelle scuole primarie, introducendovi un tutor con la funzione di avviare bambini e bambine “al mondo del lavoro”, con un’operazione perversa di descolarizzazione di massa.
L’attività lavorativa obbligatoria introdotta dalla malascuola di Renzi ha il fine malcelato di insegnare alle giovani generazioni le basi fondamentali (ideologiche e pratiche) del mondo del lavoro nell’epoca del neoliberismo trionfante: precarietà, dequalificazione, sfruttamento e, compreso nel pacchetto, la mancanza di sicurezza.
Sia nella formazione regionale sia nella scuola pubblica, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, questa pratica ha messo a disposizione delle aziende sui territori centinaia di migliaia di giovanissimi/e che, con la giustificazione di imparare il mestiere, introiettano la concezione dominante per cui è una fortuna trovare un impiego anche se i diritti (salariali, contrattuali, di orario e organizzazione) devono essere sacrificati.
L’ASL (Alternanza scuola lavoro), ora pudicamente ridenominata PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento), insieme agli stage gratuiti e al sotto inquadramento degli apprendisti, costituisce la nuova frontiera del mercato del lavoro, in cui lo scambio non è più tra forza lavoro e salario, ma tra lavoro e formazione, reale o presunta che sia. Spesso si tratta di lavoro gratuito tout court.
Si tratta di una scuola che mostra un volto classista e che diventa funzionale ad un disegno di selezione/esclusione sociale. In questo disegno non è più prevista l’istruzione di massa e l’università è un privilegio per pochi. Per tutti gli altri, la formazione è mirata allo svolgimento di un lavoro e il suo ruolo si riduce a quello di fornire le dovute competenze.
Noi crediamo invece che la scuola sia e debba essere altro. Non luogo di precoce addestramento al lavoro ma luogo di formazione dello spirito critico. E che studiare non sia un privilegio, ma un diritto. Anni di politiche liberiste hanno demolito questo diritto. È ora di tornare a rivendicarlo.
Esattamente come noi, il movimento studentesco, che sta rialzando la testa dopo due anni di reclusione psicologica, denuncia l’ASL/PCTO come una malapratica da abolire, per riportare nelle aule (da ampliare, ristrutturare e rendere accoglienti) studenti e studentesse: non si migliora la scuola allontanando dall’istruzione, ma rendendo migliore la scuola eliminando le classi-pollaio, aumentando gli organici e attrezzando laboratori e aule di strumenti adeguati e ammodernati.
I lavoratori e le lavoratrici dei COBAS della scuola il 28 gennaio hanno scioperato, scendendo in piazza in tutta Italia a fianco degli studenti e delle studentesse.
Il 18 febbraio aderiremo alla giornata di mobilitazione nazionale indetta dalle organizzazioni studentesche.
Come COBAS chiediamo:
1) la sospensione immediata di tutti i percorsi di scuola lavoro nell’anno in corso;
2) l’abolizione del PCTO/ASL nelle scuole e l’abolizione del sistema integrato regionale formazione-istruzione;
3) l’apertura della scuola all’esterno come parte integrante di un processo educativo e non come fornitura di mano d’opera schiavistica alle imprese;
3) la fine immediata dello sfruttamento di lavoro non retribuito sotto forma di stage gratuito e la formazione specifica al lavoro a carico delle aziende dopo la fine dei percorsi di studio;
4) la sostituzione dell’addestramento al lavoro con la riflessione critica e la formazione approfondita sui diritti e sulla sicurezza sul lavoro;
5) il superamento della controriforma Gelmini di tecnici e professionali con il ripristino delle ore laboratoriali e l’ammodernamento dei laboratori con la strumentazione necessaria;
6) l’eliminazione delle classi-pollaio, l’aumento degli organici (docenti e ATA).
16 febbraio 2022 Esecutivo Nazionale COBAS Scuola
1 DICEMBRE 2020
Il CESP è Ente Accreditato/Qualificato per la formazione del personale della scuola (D. M. 25/07/06 prot.869). Ricordiamo che si ha diritto all’ESONERO DAL SERVIZIO PER IL PERSONALE ISPETTIVO, DIRIGENTE, DOCENTE E ATA con diritto alla sostituzione in base all’art.64 comma 4-5- 6- 7 CCNL2006/2009 – CIRC. MIUR PROT. 406 DEL 21/02/06).
Fai richiesta alla segreteria del tuo istituto o compila il modulo allegato alla locandina.
PROGRAMMA:
Preservare e valorizzare il valore di presidio civile delle pratiche messe in atto da migliaia di docenti in queste settimane significa porre delle distinzioni e smarcarsi da diffusi comportamenti adottati in queste settimane da dirigenti e insegnanti nostr* collegh*, che non trovano fondamento nella normativa vigente né producono effetti positivi nella gestione della situazione presente.
In una precedente nota dei primi giorni dell’emergenza, http://www.cobasbologna.it/lettera-allusr-e-ai-dirigenti-delle-scuole-bolognesi-emergenza-covid-2019, avevamo già stigmatizzato i comportamenti inutili e dannosi di quant* tra i/le dirigenti si erano moss* fin da subito in veste di commissari straordinari con pieni poteri di direzione delle scuole. Comportamenti illegittimi sul piano sindacale – e non insistiamo qui su questo aspetto – ma soprattutto dannosi: muoversi sul terreno degli obblighi e delle imposizioni dall’alto significava annullare fin dal suo nascere il movente più profondo e significativo che animava il desiderio di incontrarsi, sia per le/i docenti che per le/gli studenti. Si trattava semmai di invitare e supportare, non di imporre, di coordinare e non di comandare. Pur avendo sollecitato l’adozione della didattica a distanza nelle scuole con il DPCM dell’8 Marzo 2020, nessuna fonte ministeriale ha mai imposto una modalità unica di intenderla negando esplicitamente la libertà di insegnamento, né autorizzato i dirigenti a diventare fonte normativa delle nuove condizioni di lavoro nella scuola definendo in autonomia gli obblighi connessi alla funzione docente.
Ora è opportuno ribadire che siamo e continueremo ad essere nelle sabbie mobili, stiamo sperimentando metodologie di relazione che non conosciamo e non controlliamo, siamo consapevoli della finalità relazionale-educativa delle scelte diversificate che abbiamo messo in campo, ma anche che non sono accessibili a tutti e sul piano didattico andiamo per tentativi, non abbiamo alcuna certezza di ciò che facciamo, se non che sperimentiamo qualcosa di profondamente diverso dalla didattica in presenza e che in nessun modo dovrebbe essere forzosamente ricondotta e incasellata in quelle forme. Il mondo dell’e-learning esiste, ma non è la scuola. Non stiamo facendo i preparativi per il “salto di qualità”, ma semmai stiamo sperimentando i limiti di queste modalità e acquisendo maggiore consapevolezza della irriducibile complessità e ricchezza della vita scolastica reale, che oggi ci è preclusa.
Ciò che facciamo è costitutivamente provvisorio perché nato da una situazione di emergenza e tale deve rimanere. E’ la condizione storica che ci impone l’incertezza, facciamo lezioni con alunne e alunni che possono vivere quotidianamente la paura per i genitori che lavorano nell’ambito della Sanità o degli altri servizi essenziali in cui sono a contatto con il pubblico, sentiamo storie di tracollo finanziario, di studenti che raccontano l’inquietudine di genitori costretti a chiudere la propria attività e che non sanno come potrà finire. Noi dovremmo ascoltare e condividere, dar loro voce per sentirci noi stessi – che il lavoro e il reddito non lo abbiamo perduto – vicini e a sostegno di chi è in situazione più grave di noi. La dimensione scolastica a distanza non può diventare una bolla, un mondo parallelo in cui si finge di continuare come se nulla fosse accaduto, e meno che mai dovrebbe rappresentare un salto verso la scuola del futuro; semmai dovrebbe appunto farci capire meglio cosa la scuola non può e non deve diventare, consapevoli del fatto che ogni emergenza lascia strascichi e pericoli, rende pensabile e politicamente riproducibile ciò che è stato sperimentato.
Dobbiamo dircelo, è un problema che investe il modo di operare di noi insegnanti anche a prescindere dall’imposizione esterna. L’affannoso tentativo di mantenere in vita la scuola che conoscevamo può portarci improvvidamente a ripeterne e scimmiottarne le procedure e ritualità che nel contesto attuale risultano del tutto inadeguate e improponibili.
L’orario delle lezioni, il carico di compiti, l’utilizzo del registro per firme, lo svolgimento della programmazione, le modalità di osservazione e valutazione non possono essere quelle che adottavamo in classe. Dovrebbe essere il semplice buon senso a darcene contezza, ma spesso esso naufraga di fronte all’ansia da prestazione e forse al bisogno più profondo di dominare una realtà che invece ci sta sfuggendo di mano. Non dobbiamo dimostrare niente, solo pensare e fare ciò che ci sembra abbia un senso.
Quindi procedere con misura è quasi un imperativo etico nella situazione presente, senza eccedere nelle richieste, in particolare nella scuola primaria, senza mettere in difficoltà studenti e famiglie, che giustamente iniziano a denunciare la fonte di stress ulteriore causata dall’accumulo di lezioni e compiti, nella consapevolezza che oggi più che mai non sappiamo quale sia la vita reale delle persone dietro lo schermo.
Riteniamo sia essenziale bloccare le fughe in avanti, mantenere per quanto possibile la lucidità nella gestione di una situazione che rischia sempre di sfuggirci di mano anche per effetto della proliferazione di note ministeriali, che comunque hanno generalmente la caratteristica di invitare, suggerire proporre e non di imporre indicazioni precise. Questo è il compito che si sono invece autonomamente assunt* alcun* dirigenti, inebriat* dalle improvvide lusinghe del video messaggio della ministra Azzolina, in cui sono stati infelicemente investiti del ruolo di capitani.
Gli esempi purtroppo non mancano, l’emergenza è una ghiotta occasione per le velleità dirigiste (ma, lo ribadiamo, a volte anche frutto dell’azione autonoma dei docenti). A questo è importante reagire negando agibilità alle seguenti pratiche illegittime e pericolose:
· convocazioni di organi collegiali a distanza con pubblicazione delle relative delibere;
· utilizzo del registro elettronico per firmare, scrivere voti, note disciplinari, assenze;
· orario delle lezioni a distanza identico al precedente orario di servizio;
· incursioni di controllo durante le lezioni online da parte del dirigente o dei collaboratori;
· richiesta di rendicontazione puntuale delle attività svolte e di nuove programmazioni;
· costruzione di una catena di comando attraverso l’ingiunzione ai coordinatori di svolgere compiti di controllo dei colleghi e di fare rapporto al dirigente;
· imposizione delle modalità e degli strumenti da utilizzare per attuare la didattica a distanza;
· prove di verifica sommative e loro valutazione.
Non c’è nulla, davvero nulla che dia legittimità a queste azioni. Non c’è neanche nulla che le impedisca, se non la nostra consapevolezza, il nostro senso di realtà e la nostra volontà di prendere una posizione. Questa è l’ambiguità di fondo anche delle diverse note ministeriali dettata dal fatto che si pretende di affermare che la scuola continua, che il diritto all’istruzione è garantito quando invece è stato sospeso (su questo punto vedi http://www.cobasbologna.it/scuola-e-didattica-al-tempo-del-coronavirus ).
Riprendiamo alcuni punti più nel dettaglio.
Per quanto riguarda il funzionamento degli organi collegiali è escluso che delibere online possano avere valore legale, ciò va ribadito anche in occasione di incontri convocati in tale forma (sempre se si decide di partecipare ovviamente). Ogni momento di scambio e coordinamento tra collegh* è prezioso ma deve rimanere un momento di confronto libero e volontario, questa spontaneità ne costituisce il valore primario, non è la convocazione di un organo collegiale, non può prendere decisioni vincolanti sul piano formale né implicare obblighi di presenza.
La sospensione delle attività didattiche implica la sospensione dell’utilizzo del registro elettronico secondo le modalità consuete. Esso diventa soprattutto un mezzo per comunicare con le/gli studenti, ma non è uno strumento per certificare la presenza dell’insegnante, degli studenti, per registrare valutazioni o note disciplinari. Esso può invece essere utile per comunicare con studenti e famiglie e soprattutto per coordinare le attività di lezione online che dovrebbero ragionevolmente evitare un sovraccarico di ore davanti al pc sia per le lezioni che per lo svolgimento di compiti.
L’ultima nota ministeriale sulla didattica a distanza del 17 marzo 2020 che tratta il tema della valutazione è necessariamente vaga per quanto affermi che la valutazione è momento necessario di ogni attività didattica e cerchi di imporla in modo unilaterale e illegittimo. Essa afferma semplicemente che “le forme, le metodologie e gli strumenti per procedere alla valutazione in itinere degli apprendimenti, propedeutica alla valutazione finale, rientrano nella competenza di ciascun insegnante”. Noi qui dovremmo fermarci, cioè alla presa d’atto che non si dice nulla di specifico e non esiste alcuna regolamentazione della valutazione della didattica a distanza.
Quello che dalla stessa nota emerge chiaramente è l’improponibilità di forme di valutazione sommativa e – aggiungiamo noi – ciò implica la necessità di resistere all’imposizione o alla tentazione di mettere voti sul registro. Certo si può cercare una forma per dare un feed back formativo ( consapevoli che proprio il feedback è spesso ciò che rende problematica la comunicazione a distanza) riguardo alle attività svolte, alla partecipazione, ai lavori consegnati, ma appunto dovrebbe mantenersi su un piano fluido magari anche non numerico, con il fine principale di sollecitare e rispondere alle esigenze degli studenti, e di discuterne con loro, non di colmare le ansie di chi non sa come potrà rendicontare il lavoro svolto o su quale base fornire una proposta di voto per gli scrutini (non dimentichiamoci che quando si tratterà di valutare negativamente un alunno perché non ha partecipato o non si è impegnato a distanza, tutto il castello di carta della valutazione degli apprendimenti dovrebbe crollare inesorabilmente e scopriremo che – quest’anno – la valutazione si muoverà su criteri diversi). Questo non è un nostro problema individuale, riguarderà milioni di studenti e, prima o poi, dovrà emergere una indicazione definita al riguardo.
Oltretutto i decreti vigenti pongono dei limiti temporali alla sospensione delle lezioni e non siamo noi a dover andare oltre, anche se sappiamo che verranno estesi. Stiamo vivendo nell’attesa, nella transitorietà, non ha alcun senso che singoli docenti o anche singole scuole inizino ad avanzare soluzioni particolari del problema della valutazione di questo anno scolastico, che ovviamente dovrà investire l’intera scuola italiana. È forse questo il tempo di invocare i poteri dell’autonomia e l’ulteriore frammentazione delle decisioni politiche sulla gestione della scuola? È davvero paradossale che in questa situazione si debbano sentire toni trionfalistici o propagandistici per descrivere le attività messe in atto da singole scuole o singoli docenti.
Quanto detto vale anche per ciò che attiene alla richiesta di compilare monitoraggi sulle attività svolta o ridefinizioni della programmazione. A noi sembra che le risposte sensate possano solo essere quelle che negano la possibilità stessa di una programmazione in senso proprio, che prendono semplicemente atto della necessità di abbandonare l’idea di poter svolgere i programmi, di scegliere di volta in volta gli argomenti da privilegiare, di sperimentare forme di comunicazione e relazione educativamente più efficaci. Niente più che l’ovvietà, che può tradursi in poche righe scritte o anche nel rifiuto di compilare e scrivere alcunché.
Non facciamoci incastrare sulla questione degli apprendimenti, della valutazione, del registro, della programmazione, come se davvero il diritto all’istruzione non fosse stato sospeso. Lo ribadiamo ancora, spesso la fonte del problema è unicamente la pretesa illegittima di normare le attività di insegnamento e funzionali all’insegnamento come se le lezioni non fossero state sospese e ci trovassimo ancora sul terreno della didattica in presenza.
Gentilissime e gentilissimi,
per via dell’ordinanza di chiusura delle scuole dal 24 febbraio al 1 marzo emanata della Regione Emilia Romagna, siamo costretti a rinviare il convegno in oggetto a data da destinarsi.
Non appena saremo in grado di fissare un nuovo giorno lo comunicheremo con una nuova mail e attraverso gli altri canali di comunicazione.
Cordiali saluti