Il Telefono Viola ammesso come parte civile al processo per la morte di Mattia Giordani. I COBAS sostengono l’associazione

Telefono Viola

24/05/2021

Venerdì 21 maggio, si è svolta a Pisa la prima udienza per la morte di Mattia Giordani, il giovane ventisettenne di Calci (PI) che nel 2018 rimase soffocato per un blocco della glottide, causato dall’uso massiccio di psicofarmaci somministratigli dagli psichiatri della Stella Maris, farmaci che avevano già in precedenza causato episodi di soffocamento, senza che i genitori ne fossero a conoscenza. Il Telefono Viola, presentatosi parte civile nel processo, ha ricevuto inizialmente l’opposizione dei giudici che hanno sostenuto la mancanza dei presupposti necessari dell’associazione per costituirsi e hanno preteso il verbale, dal quale evincere la nomina a presidente di Anna Grazia Stammati, dall’avvocato Gioacchino Di Palma, che agisce in nome dell’associazione, (richiesta anomala, visto che l’avvocato è di norma il garante della corretta posizione di chi rappresenta). L’opposizione, alquanto insidiosa, si reggeva sul presupposto che il Telefono Viola si occupa di violenze e abusi psichiatrici mentre, secondo il giudice, in questo caso non vi erano state, né violenze né abusi.

L’associazione, tramite l’avvocato Di Palma, ha ritenuto deboli le motivazioni scelte dal giudice per negare la legittimità della costituzione come parte civile in causa del Telefono Viola e ha deciso di presentarsi come tale per la prima udienza, sostenendo il principio che se uno psichiatra, consapevole delle conseguenze che un farmaco da lui/lei prescritto sta generando, invece di sospendere il farmaco, insiste nella sua assunzione, compie una vera e propria violenza, oltre che un abuso, nei confronti di chi non può difendersi dalla somministrazione imposta.

Su queste basi il Telefono Viola l’ha spuntata, anche a dispetto delle previsioni degli “esperti”, ed  è stata ammesso come parte civile nel processo e questo è un fatto di grande rilievo. L’importanza di tale riconoscimento è, forse, anche maggiore di quella avuta dall’associzione con la propria presentazione come parte civile nel processo di Francesco Mastrogiovanni (il maestro anarchico morto nel 2009, dopo 82 ore di contenzione nel reparto psichiatrico di Vallo della Lucania), perché per la prima volta un Tribunale ha riconosciuto che l’uso degli psicofarmaci può configurarsi come maltrattamento psichiatrico.  

Se si pensa all’accanimento con il quale i pazienti “psichiatrici”, vengono sottoposti esclusivamente e per sempre a cure farmacologiche, spesso senza che ci siano veri piani terapeutici in grado di garantire almeno il lento abbandono del farmaco in presenza di interventi alternativi, l’equiparazione dell’abuso farmacologico a vera e propria violenza nei confronti del soggetto debole e le  ricadute di tale riconoscimento potrebbero aprire nuove frontiere per garantire i diritti delle persone “psichiatrizzate”.

Naturalmente ancora una volta il nostro pensiero va a Mattia e ai suoi genitori, Sondra e Andrea, accanto ai quali il Telefono Viola combatte per ottenere una “verità giudiziaria” e far sì che quanto accaduto non si ripeta. Importantissimo l’apporto dei COBAS che hanno accettato di supportare il Telefono Viola nelle sue azioni contro le violenze e gli abusi psichiatrici e si sono fatti carico di dedicare a queste problematiche i necessari approfondimenti nei Laboratori scuola-società del CESP, la struttura culturale e sociale dei COBAS.

Anna Grazia Stammati presidente del Telefono Viola e del CESPAltri articoli:  
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