LA GUERRA NEL CUORE DELL’EUROPA

L’autocrate Putin ha deciso di intervenire militarmente in Ucraina, usando l’alibi del sostegno alle due autoproclamatesi repubbliche indipendenti di Donetsk e Lugansk, rischiando di trascinare in un conflitto incontrollabile l’intera Europa: un’operazione militare non giustificabile, nonostante l’obiettivo dichiarato sia la protezione della popolazione russofona dalle bande neonaziste, e che di fatto si manifesta come un tassello dell’espansionismo grande-russo con mire imperiali. Le dichiarazioni di Putin sono chiarissime:1) “l’Ucraina è uno stato terrorista che non esiste, è stato creato dalla Russia”; l’errore sarebbe stato commesso da Lenin e dai bolscevichi che erano “fissati” con i problemi delle nazionalità e volevano garantire l’autodeterminazione dei popoli; 2) lo stesso errore Putin ha addebitato a Lenin per quel che riguarda le altre repubbliche circostanti, alle quali “Lenin e i bolscevichi hanno dato troppo potere”, riferendosi in particolare a Estonia, Lettonia e Lituania, con toni minacciosi. L’altro protagonista della guerra portata nel cuore dell’Europa, la NATO, costituitasi in nome della “difesa dell’Europa dalla minaccia sovietica”, ha continuato ad esistere anche dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia e perfino dopo la dissoluzione dell’URSS e delle cosiddette “democrazie popolari” dell’Est europeo, rappresentando negli ultimi trent’anni il maggiore fattore di destabilizzazione ben oltre l’Europa, in Medio Oriente (Libano, Siria, Irak), in Nord Africa (Libia), in Kossovo, nella penisola arabica (Yemen), in Afghanistan e altrove. 

La precipitazione della situazione imposta dalla Russia va tuttavia inquadrata in un contesto più generale: e in particolare una sfida decisiva si sta sviluppando nel quadrante del Pacifico e dell’Asia Orientale. Da tempo la Cina rivendica la sovranità sul Mare Cinese meridionale provocando allarme nei Paesi limitrofi; assieme alle questioni Taiwan e Hong Kong, tale rivendicazione ha reso l’area Indo-Pacifica un polo geo-politico nevralgico, in grado di ri-disegnare gli equilibri internazionali politici, economici-commerciali e militari. La mossa di Putin di riconoscere le repubbliche del Donbass, annettendole di fatto alla Russia, pur presentata come necessaria per impedire l’allargamento della NATO fino ai propri confini, sta avendo l’effetto di spostare improvvisamente le tensioni dall’area Indo-Pacifica all’Europa. Occorre comunque distinguere la responsabilità del blocco euro-atlantico USA/NATO nella destabilizzazione dell’Est Europa dalla decisione russa nella precipitazione della crisi: da una parte il già citato allargamento a Est di un’alleanza con propensione aggressiva come la NATO, dall’altra la Russia che si è ripresa pezzi della Moldova e della Georgia, ha sottomesso la Bielorussia, ha annesso la Crimea e ora le due repubbliche del Donbass ucraino. Inoltre, alla politica di potenza statunitense e dei Paesi europei (Francia, Italia, Inghilterra) nel Mediterraneo, la Russia ha risposto insediandosi in Libia e in Siria. Infine, mentre l’Ucraina non è entrata a far parte della NATO, le Repubbliche del Donbass sono di fatto annesse alla Russia: un attacco USA con la giustificazione della difesa dell’Ucraina sarebbe dunque considerato un attacco alla Russia, con tutte le conseguenze del caso. Non dimentichiamo infine le conseguenze sull’Unione Europea, i cui i Paesi, l’Italia in particolare, hanno un ruolo strategico non tanto sul piano politico-diplomatico (ove appaiono comparse impotenti) quanto su quello militare. La presenza di basi operative NATO e USA nei nostri territori (Aviano e Ghedi -con testate nucleari-, Camp Darby, MUOS di Niscemi, Sigonella, base navale di Augusta) rende la nostra penisola un obiettivo sensibile per eventuali ritorsioni, ma soprattutto ci vede trascinati nel rischio di un possibile intervento armato. 

In ogni caso, oltre le distruzioni dirette provocate dalla guerra, le ricadute economico-sociali potrebbero essere terribili: 1) l’Italia è il Paese più fragile sulla questione energetica (il 45% del fabbisogno proviene dal gas estero, in particolare dalla Russia): il resto dell’Europa, in qualche modo, può fronteggiare la crisi energetica, ricorrendo al carbone e all’energia atomica, mentre l’Italia può entrare in una crisi micidiale per la problematicità degli approvvigionamenti e il rincaro esponenziale delle materie prime, dei prodotti fossili, del gas; 2) le conseguenze maggiori sarebbero pagate dalle classi popolari e da lavoratori e lavoratrici con i rincari esponenziali delle tariffe e delle bollette, e con il possibile aggravamento della situazione occupazionale per il fallimento di aziende strangolate dai costi triplicati (almeno) delle materie prime e dell’energia per la produzione; 3) di fronte ai progetti europei di rinuncia al fossile, è difficile pensare che Paesi, la cui economia dipende in prevalenza dall’esportazione di gas e petrolio, non reagiscano; 4) quanto sta accadendo metterà a serio repentaglio l’annunciata transizione ecologica. 

Per tutti questi motivi, è necessario che il movimento pacifista e contro la guerra riprenda voce ed esprima senza se e senza ma il completo rigetto, il totale ripudio della guerra come strumento per dirimere le controversie tra Stati e i contrasti internazionali: non un soldato, non una base, nessun finanziamento (ulteriore) a operazioni belliche in Est Europa. 

Esecutivo nazionale Confederazione COBAS

Vogliamo di nuovo una Scuola che accoglie

In un momento in cui le misure anti-Covid19 si stanno allentando, le disposizioni del governo sulla gestione dei casi positivi a scuola e l’introduzione del Green pass rafforzato stanno comportando una forte compressione del diritto all’istruzione degli studenti e delle studentesse che si trovano nella condizione di non essere vaccinati/e, o in altre situazioni intermedie determinate dall’intrico burocratico in materia.

Pur ritenendo che l’accesso ai vaccini e la sospensione dei brevetti siano strumenti indispensabili per combattere la pandemia, sottolineiamo che per questa fascia di età non è previsto alcun obbligo vaccinale, mentre è diventato necessario per prendere i mezzi pubblici che li portano a scuola. Le nuove disposizioni introducono infatti un’inaccettabile diversità di trattamento tra alunni vaccinati e non vaccinati.

La disparità di trattamento nell’accesso alla scuola, nell’uso dei mezzi pubblici, nella durata delle quarantene che obbliga a periodi più lunghi di Didattica a distanza, non solo viola di fatto le norme della privacy, esponendo scelte di cui in ultima istanza sono responsabili i genitori (se escludiamo i pochi maggiorenni), ma viola il principio stesso di democrazia.

Riteniamo che l’accesso ai vaccini e ancor di più la sospensione dei brevetti siano strumenti indispensabili per combattere la pandemia, non sono utili invece misure vessatorie o peggio discriminatorie che rendono difficile l’organizzazione del lavoro e producono tra alunni e famiglie deplorevoli confronti.

Inoltre, in queste settimane molti dirigenti stanno pretendendo che a verificare la condizione vaccinale che determina la fine quarantena siano il personale ATA all’ingresso o i docenti in aula. Tale richiesta, in un contesto in cui sono ancora in vigore tutti i sistemi di protezione, prevede di rimandare a casa gli/le alunni/e sprovvisti dei requisiti indipendentemente dal loro stato di salute.

Tutto ciò risponde ad una logica punitiva che lede il diritto all’istruzione, ostacola il processo di apprendimento dividendo ulteriormente il gruppo classe e pone gli/le insegnanti in un ruolo di controllore che non compete loro.

Altro provvedimento discriminatorio è la sospensione dei docenti e di tutti i lavoratori non vaccinati, i quali – permanendo i protocolli di sicurezza e dovendo effettuare un tampone ogni due giorni – non rappresentavano e non rappresentano alcun pericolo per la collettività in cui hanno il diritto di continuare a svolgere il proprio lavoro.

Chiediamo dunque:

  • il rispetto per tutti/e gli/studenti/esse del diritto alla scuola in presenza
  • l’eliminazione del Green Pass sui mezzi pubblici per gli/le studenti/esse
  • l’immediato reintegro dei lavoratori sospesi.

Febbraio 2022

I COBAS E LE MOBILITAZIONI STUDENTESCHE: FERMIAMO LE MORTI DA STAGE!

Non è passato un mese dalla morte di Lorenzo Parelli, lo studente friulano scomparso a gennaio per un incidente occorsogli mentre svolgeva uno stage in fabbrica, e lo strazio si ripete. Un altro studente, sedicenne, Giuseppe Lenoci di Monte Urano (Fermo), paga con la vita la scellerata scelta politica di allontanare gli studenti dalle aule per renderli manovalanza gratuita al servizio di imprese pubbliche e, soprattutto, private. Giuseppe, che stava svolgendo un tirocinio in Alternanza Scuola Lavoro in una ditta di termoidraulica, stava tornando a casa quando il furgone aziendale su cui viaggiava ha avuto un incidente e lui è morto sul colpo.

Di scuola-lavoro non si può morire

La sua morte non è solo un tragico evento perché, come ci hanno ricordato gli studenti scesi – e manganellati – nelle piazze, l’alternanza scuola lavoro è il volto palese di una scuola che ha perso il suo ruolo di formare e istruire per diventare cinghia di trasmissione di un sistema che “non solo sfrutta, ma prepara allo sfruttamento ed educa a sfruttare”.

Gli incidenti si sono verificati in centri regionali di formazione professionale, ma sarebbero potuti capitare in qualsiasi scuola secondaria, da quando la controriforma renziana ha imposto l’obbligatorietà dei percorsi scuola-lavoro. D’altronde, il ministro dell’Istruzione è l’entusiasta Bianchi, che ha addirittura pensato di estendere questa attività nelle scuole primarie, introducendovi un tutor con la funzione di avviare bambini e bambine “al mondo del lavoro”, con un’operazione perversa di descolarizzazione di massa.

L’attività lavorativa obbligatoria introdotta dalla malascuola di Renzi ha il fine malcelato di insegnare alle giovani generazioni le basi fondamentali (ideologiche e pratiche) del mondo del lavoro nell’epoca del neoliberismo trionfante: precarietà, dequalificazione, sfruttamento e, compreso nel pacchetto, la mancanza di sicurezza.

Sia nella formazione regionale sia nella scuola pubblica, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, questa pratica ha messo a disposizione delle aziende sui territori centinaia di migliaia di giovanissimi/e che, con la giustificazione di imparare il mestiere, introiettano la concezione dominante per cui è una fortuna trovare un impiego anche se i diritti (salariali, contrattuali, di orario e organizzazione) devono essere sacrificati.

L’ASL (Alternanza scuola lavoro), ora pudicamente ridenominata PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento), insieme agli stage gratuiti e al sotto inquadramento degli apprendisti, costituisce la nuova frontiera del mercato del lavoro, in cui lo scambio non è più tra forza lavoro e salario, ma tra lavoro e formazione, reale o presunta che sia. Spesso si tratta di lavoro gratuito tout court.

Si tratta di una scuola che mostra un volto classista e che diventa funzionale ad un disegno di selezione/esclusione sociale. In questo disegno non è più prevista l’istruzione di massa e l’università è un privilegio per pochi. Per tutti gli altri, la formazione è mirata allo svolgimento di un lavoro e il suo ruolo si riduce a quello di fornire le dovute competenze.

Noi crediamo invece che la scuola sia e debba essere altro. Non luogo di precoce addestramento al lavoro ma luogo di formazione dello spirito critico. E che studiare non sia un privilegio, ma un diritto. Anni di politiche liberiste hanno demolito questo diritto. È ora di tornare a rivendicarlo.

Esattamente come noi, il movimento studentesco, che sta rialzando la testa dopo due anni di reclusione psicologica, denuncia l’ASL/PCTO come una malapratica da abolire, per riportare nelle aule (da ampliare, ristrutturare e rendere accoglienti) studenti e studentesse: non si migliora la scuola allontanando dall’istruzione, ma rendendo migliore la scuola eliminando le classi-pollaio, aumentando gli organici e attrezzando laboratori e aule di strumenti adeguati e ammodernati.

I lavoratori e le lavoratrici dei COBAS della scuola il 28 gennaio hanno scioperato, scendendo in piazza in tutta Italia a fianco degli studenti e delle studentesse.

Il 18 febbraio aderiremo alla giornata di mobilitazione nazionale indetta dalle organizzazioni studentesche.

Come COBAS chiediamo:

1) la sospensione immediata di tutti i percorsi di scuola lavoro nell’anno in corso;

2) l’abolizione del PCTO/ASL nelle scuole e l’abolizione del sistema integrato regionale formazione-istruzione;

3) l’apertura della scuola all’esterno come parte integrante di un processo educativo e non come fornitura di mano d’opera schiavistica alle imprese;

3) la fine immediata dello sfruttamento di lavoro non retribuito sotto forma di stage gratuito e la formazione specifica al lavoro a carico delle aziende dopo la fine dei percorsi di studio;

4) la sostituzione dell’addestramento al lavoro con la riflessione critica e la formazione approfondita sui diritti e sulla sicurezza sul lavoro;

5) il superamento della controriforma Gelmini di tecnici e professionali con il ripristino delle ore laboratoriali e l’ammodernamento dei laboratori con la strumentazione necessaria;

6) l’eliminazione delle classi-pollaio, l’aumento degli organici (docenti e ATA).

16 febbraio 2022 Esecutivo Nazionale COBAS Scuola

Webinar per elezioni RSU – 8 febbraio h18

L’ 8 febbraio alle 18 ci sarà un incontro per le prossime elezioni RSU, può essere utile soprattutto per chi ha intenzione di candidarsi per la prima volta:

DAI FORZA AI COBAS, DIFENDI I TUOI DIRITTI NELLA SCUOLA PUBBLICA

Il link zoom è https://us02web.zoom.us/j/84965244895?pwd=VUNkdmtROVkybzJFdUc4cTV1QWgrZz09

E’ possibile seguire l’evento anche dalla pagina facebook Cobas Scuola.

Come sta la scuola a tempo pieno?, 5 marzo h 9-12.30

  • E’ il programma di un Convegno che stanno organizzando le maestre/i dell’Istituto Comprensivo 5 di Bologna, in cui sono attivi anche nostri iscritti/e. E’ sulla scuola a Tempo pieno, non come semplice apertura a 40 ore, ma come modello scolastico con le compresenze e con una didattica dai tempi distesi, attenzione alle educazioni, alla socializzazione, al lavoro cooperativo…
  • Sarà il 5 marzo dalle 9 alle 12.30 . Si raccolgono anche dei brevi contributi scritti che partano dalle esperienze o diano conto delle situazioni organizzative (il convegno è nazionale). 
  • Qui il link per iscriversi  urly.it/3h9hg | Qui l’evento FB  https://fb.me/e/14T8s9JmC

ALCUNE BUONE RAGIONI PER PRESENTARE LISTE COBAS ALLE ELEZIONI DELLE RSU  

01 febbraio 2022

Per partecipare alla presentazione delle liste nella tua scuola entro il 25 febbraio usa i soliti contatti in intestazione.

Da più di vent’anni nelle scuole sono state introdotte le rappresentanze sindacali unitarie elette da docenti e Ata, titolari delle relazioni sindacali al livello delle singole scuole, così come avviene nel privato a livello aziendale. Esse sono dunque un effetto del processo di trasformazione delle scuole sul modello aziendale che ha preso avvio con l’introduzione dell’autonomia scolastica e della figura della dirigenza scolastica che costituisce la controparte pubblica delle Rsu. I Cobas hanno sempre evidenziato i limiti delle Rsu e in generale dell’introduzione della contrattazione decentrata a livello delle istituzioni scolastiche, ma al tempo stesso hanno sempre riconosciuto che fosse importante utilizzare ogni mezzo a disposizione per contrastare la crescita di potere dei dirigenti, la subordinazione di docenti e Ata, l’esautoramento degli organi collegiali di autogoverno della scuola democratica. Le Rsu possono rappresentare in questo senso uno strumento che consente di creare aggregazione e conflittualità all’interno di un mondo, quello delle scuole, per certi aspetti diventato irriconoscibile rispetto a quello che era due decenni fa. Presentare liste Rsu Cobas è innanzitutto una scelta pratica, legata alla sopravvivenza di in una categoria sempre più sottomessa, disunita e degradata, costretta non di rado a subire comportamenti illegittimi di capi e capetti o l’ingerenza indebita dei genitori-clienti. Le scuole oggi, a più di vent’anni dalle grandi trasformazioni neoliberiste, sono divenute spesso luoghi di lavoro opprimenti, governati dal dirigente e dal cerchio dei suoi collaboratori come se fossero aziende. Si è creata una distanza sempre più marcata tra il dirigente e il suo staff da una parte e il resto delle persone che lavorano a scuola, i primi con compiti organizzativi, i secondi con compiti esecutivi.  Anche le scelte didattico-organizzative sono sempre più spesso frutto di decisioni della dirigenza e la funzione degli organi collegiali nel corso degli anni si è ritrovata sempre più svilita, ridotta a momento burocratico di ratifica e legittimazione di decisioni prese e discusse altrove e accettate con rassegnazione o disinteresse. Il modello partecipativo fondato sul funzionamento degli organi collegiali e sulla nomina collegiale di colleghe e colleghi con ruoli organizzativi è ormai un lontano ricordo e non costituisce più un’esperienza di riferimento, vissuta in prima persona, per la maggior parte della categoria.

Le stesse Rsu possono diventare parte di questa nuova divisione del lavoro nelle scuole: esiste il rischio molto concreto che siano cooptate di fatto come parte aggiuntiva dello staff, coinvolte nell’organizzazione del funzionamento delle scuole perdendo la loro funzione democratica e rappresentativa che, in una scuola aziendalizzata, deve essere solo quella di cercare di riaggregare quella maggioranza di insegnanti e Ata che non ha ormai più una propria voce. La prima fondamentale ragione che giustifica la presentazione di liste Cobas è proprio questa: occupare posti che potrebbero finire nelle mani sbagliate con conseguenze per tutti.

Quali spazi di azione offre la prospettiva di divenire Rsu? Accennerò di seguito ad alcuni aspetti specifici di intervento delle Rsu che costituiscono al tempo stesso motivazioni pratiche, concrete, che dovrebbero spingerci a presentare le liste Cobas nelle scuole.

Informazione. La conoscenza dei dati, di qualsiasi dato che determina le scelte organizzative della scuola, sugli spazi, sugli organici, sulla formazione classi, sull’assegnazione ai plessi e alle classi e in generale ogni dato che riguarda l’organizzazione del lavoro, costituisce informativa dovuta che non può essere rifiutata. Oggi la mancata condivisione di informazioni costituisce il cuore della riorganizzazione verticistico-aziendale delle scuole. Senza adeguate informazioni le possibilità di azione o reazione sono spesso ridotte al lumicino, ci si trova davanti a fatti compiuti cui seguono giustificati quanto inutili sfoghi lamentosi. Potere avere accesso alle informazioni e farne partecipi i colleghi è già di per sé un atto di resistenza, dunque una opportunità legata al ruolo della Rsu che è assolutamente da cogliere.

rsu 2022

Vademecum

Opposizione. Il lavoro quotidiano è oggi regolato da un profluvio di circolari interne che sono sempre più espressione di scelte dirigenziali non condivise, non comprese e in ultima analisi subite, anche se non legittime, da lavoratrici e lavoratori. La Rsu può mettere in discussione l’opportunità o la legittimità del contenuto delle circolari chiedendone la rettifica o il ritiro. Ciò è possibile perché la Rsu esprime istituzionalmente la rappresentanza dei lavoratori, dei loro interessi e della loro volontà di non essere trattati come zerbini. Quale docente o Ata, in quanto singolo, può pensare di essere ricevuto o semplicemente di avere risposta a una mail con “richiesta di chiarimenti” presentandosi individualmente al dirigente? A che titolo infatti potrebbe presentarsi se non come portatore di interessi meramente personali?

I diritti e i doveri. Non è certo raro trovarsi di fronte nella vita scolastica a palesi violazioni dei diritti previsti dal Contratto nazionale. Ad esempio il diritto di chiedere permessi personali e permessi per la formazione, sancito dal Contratto nazionale, viene sempre più spesso interpretato come concessione del dirigente e pretestuosamente negata, così come d’altra parte compaiono dal nulla nuovi obblighi senza fondamenti normativi, come recuperi non dovuti o frequenze di corsi di formazione presentati illegittimamente come obbligatori. Certo, ognuno può singolarmente imporre il rispetto dei propri diritti ma, se ancora si crede necessario cercare di unire lavoratori e lavoratrici, controbattere punto per punto su questo tipo di violazioni in quanto Rsu apre uno scenario di conflitto e di lotta comune che ha una valenza completamente diversa.

Organi collegiali. Le Rsu hanno indirettamente un compito di tutela e valorizzazione degli organi collegiali. Come si è detto, si muovono su un terreno che può essere sdrucciolevole perché sono sempre a rischio di cooptazione nella cerchia dirigenziale. Questo rischio diventa concreto quando l’interlocuzione con la Rsu viene utilizzata per saltare il passaggio del confronto collegiale. Può apparire paradossale ma diventare Rsu significa da questo punto di vista vigilare sulla limitazione dei loro poteri affinché non si sostituiscano agli organi collegiali, in particolare al Collegio dei docenti.

I canali di comunicazione. La Rsu ha diritto di affissione in bacheca, anche sul sito della scuola, e soprattutto di avere un indirizzo di posta elettronica istituzionale con accesso agli indirizzi di tutto il personale in servizio. È una opportunità fondamentale per chiunque abbia interesse a cercare di unire, ricomporre, creare spazi di confronto e di rafforzamento dei lavoratori e delle lavoratrici, soprattutto nelle scuole più grandi. Essa costituisce il tassello fondamentale per gestire e condividere le informazioni a cui si ha accesso, le proposte, le iniziative di lotta e eventualmente per spiegare le ragioni che hanno portato a interrompere le relazioni sindacali o a non firmare il contratto.

Assemblea. La Rsu ha diritto a convocare assemblee in orario di servizio su qualsiasi tema di pertinenza sindacale. È doveroso ricordare che il monopolio del diritto di convocazione delle assemblee nelle mani dei sindacati “maggiormente rappresentativi” priva i lavoratori e le lavoratrici del loro diritto di scegliere come utilizzare le 10 ore a cui hanno diritto. Diventare Rsu Cobas consente di riappropriarsi, almeno in parte, del diritto di indire assemblee nella propria scuola dove non è affatto scontato peraltro che Rsu di altre sigle sindacali lo facciano.

La gestione delle risorse economiche. Compito della Rsu è contrattare i criteri per la ripartizione delle risorse assegnate nel Mof e in generale di tutte le risorse destinate alla retribuzione accessoria. La presenza al tavolo di contrattazione consente di portare avanti nel modo più condiviso (attraverso l’informazione e le assemblee) le decisioni sulla ripartizione di tali fondi a partire dalla consapevolezza che, almeno in parte, esse sono sottratte al monte salariale contrattato a livello nazionale, sono quindi prese dalle nostre tasche e non sono un fondo accessorio della scuola e tantomeno un fondo del dirigente. Ciò consente se non altro di denunciare l’utilizzo sempre più marcato di tali risorse per riconoscere il lavoro appaltato dai dirigenti e che dovrebbero pagarsi semmai con le loro risorse contrattuali. Pur negli evidenti limiti d’azione che presenta oggi la contrattazione della parte economica, la presenza di una Rsu Cobas può permettere di portare avanti le proposte di allargare il più possibile la platea dei beneficiari della retribuzione accessoria, di riconoscere il carico di lavoro ordinario di tutti e dunque una voce di flessibilità non legata a funzioni e progetti specifici, di stabilire un tetto massimo della retribuzione accessoria per persona, di evitare il cumulo degli incarichi.

Trasparenza sui compensi. La Rsu può e deve chiedere e pretendere di essere informata in modo dettagliato sui nominativi delle persone che hanno avuto accesso alla retribuzione accessoria, sugli incarichi svolti e i relativi compensi. Sempre più spesso i dirigenti, appellandosi alla tutela della privacy e al parere del Garante, si rifiutano di fornire questi dati, nonostante le sentenze sfavorevoli. Come Rsu, anche nel caso della più irremovibile ostinazione contraria, abbiamo sempre il potere non solo di interrompere le relazioni sindacali e eventualmente di intraprendere le vie legali, ma di informare tutto il personale della violazione dei principi elementari di trasparenza e rispetto di tutti

Bonus premiale. La lotta contro il bonus premiale previsto dalla legge 107 è stato uno dei punti caldi delle lotte delle Rsu Cobas nel quinquennio passato. Su questo aspetto, come sulla chiamata diretta, abbiamo ottenuto una importante vittoria. La Legge di bilancio 2020 ha provveduto a cancellare il bonus premiale previsto dalla legge 107 restituendo le somme stanziate a tale scopo all’ordinaria contrattazione di istituto senza più vincoli di destinazione né limiti di accesso da parte del personale in servizio. Non mancano tuttavia ancora oggi dirigenti che si ostinano a non voler rinunciare alla possibilità di gestire in modo discrezionale questa parte della retribuzione accessoria. Solo una Rsu determinata e combattiva può far fronte a questa pretesa, denunciarla pubblicamente e rifiutarsi di sottoscrivere ogni contrattazione dei criteri generali per l’attribuzione premiale del fondo di valorizzazione.

L’organico potenziato. A tutti gli effetti rappresenta una risorsa aggiuntiva assegnata alle scuole, seppure non monetaria. L’utilizzo dell’organico potenziato è certamente uno snodo centrale della gestione aziendalistica delle risorse umane nella scuola, essa non deve essere lasciata all’arbitrio dirigenziale ma in primo luogo ricondotta alla discussione collegiale: è nel Collegio dei docenti che bisogna discutere e decidere quali figure docenti richiedere in organico, come distribuire le ore di potenziamento tra il personale in servizio e quali compiti assegnare. In molte scuole siamo riusciti a concretizzare l’equa distribuzione delle ore di potenziamento come nuovo criterio per l’assegnazione dei/delle docenti alle classi, ma anche le proposte di ore di “esonero” per compiti organizzativi previste dal CCNL 2016/18, devono essere presentate e discusse in collegio. A questo riguardo rimane aperto un terreno nuovo anche per l’azione delle Rsu, in quanto le risorse di potenziamento utilizzate per incarichi organizzativi si aggiungono alle risorse utilizzate per riconoscere le attività svolte solitamente dallo staff. La Rsu può far emergere il quadro di tali cumuli di riconoscimenti e conteggiare le ore di “esonero” come risorse assegnate per lo svolgimento degli incarichi in sostituzione della retribuzione aggiuntiva e fare in modo che non piova sempre sul bagnato.

Autonomia e autotutela. La figura del rappresentante sindacale con legittimazione elettiva garantisce l’accesso a una posizione indipendente e paritaria che non ha eguali nella scuola di oggi, in cui dominano i processi gerarchizzanti. La Rsu, sul piano delle relazioni sindacali, esce dal rapporto lavorativo di subordinazione per entrare in una relazione paritaria. In quanto Rsu interloquisce e tratta su un piano di autonomia e parità con la dirigenza scolastica e tanto più con le figure delegate a svolgere funzioni dirigenziali.  Alle spalle ha inoltre il sindacato, di cui è rappresentante, e ogni attacco alla sua persona e alle sue funzioni è un attacco ai Cobas e genera una reazione diversa da quella personale, perché il conflitto si sposta immediatamente di livello coinvolgendo in prima persona la sede Cobas provinciale. Da questa posizione di rappresentante eletto ha uno spazio di azione e di autodifesa che non potrebbe mai avere come singolo.