Verso la mobilitazione sul clima e l’ambiente del 23 settembre

Il 23 settembre i COBAS, come nelle precedenti occasioni, parteciperanno alla mobilitazione indetta a livello internazionale da Fridays for Future. Prendiamo atto che nonostante sull’onda delle giornate internazionali di lotta, come quelle del prossimo 23 e di quelle che le hanno precedute, negli ultimi anni si è parlato molto di “transizione ecologica” e/o “transizione energetica”, nulla è stato fatto in concreto. L’attuale situazione di guerra ha fornito l’occasione di rilanciare, sull’onda di una paventata “crisi energetica”, le peggiori pratiche deleterie per l’equilibrio climatico, quali il ritorno al carbone e l’uso del GNL (gas naturale liquido); mentre alcuni addirittura millantano di un fantomatico, quanto inesistente dal punto di vista scientifico, nucleare di quarta generazione che garantirebbe sicurezza.

Mentre si continuano a ignorare le possibilità degli approvvigionamenti energetici alternativi da fonti rinnovabili e a basso impatto ambientali, assistiamo al dirottamento investimenti dal potenziamento di queste fonti rinnovabili ancora verso i combustibili fossili; assistiamo, altresì, ad enormi speculazioni che generano profitti stratosferici per le compagnie energetiche.

Tutto questo a fronte di una situazione reale dove i cambiamenti climatici si manifestano in maniera palese attraverso eventi estremi che, ormai ben lungi dall’essere eccezionali, si producono con preoccupante regolarità provocando stragi e danni enormi; dalla sparizione e crolli dei ghiacciai, a periodi di siccità che portano il più grande dei fiumi a livelli di scarsità di acqua senza precedenti che vengono seguiti da repentine inondazioni provocate da un regime di piogge totalmente impazzito che i territori sovra sfruttati e fortemente antropizzati non sono assolutamente in grado di reggere e la lista potrebbe essere molto lunga. Tutte queste non sono calamità, non sono né imprevedibili né inattese, sono semplicemente la logica conseguenza di una crisi ambientale e climatica che è prodotta dall’attuale modello di sviluppo capitalistico e mercantile; modello che nei secoli ha considerato tutto l’ecosistema planetario come una frontiera da saccheggiare continuamente attraverso un estrattivismo senza limiti e come un pozzo senza fondo in cui riversare ogni tipo di scorie e rifiuti.

La misura è colma, i limiti planetari e la capacità dell’ecosistema di fornire risorse e assorbire gli scarti sono ormai stati raggiunti; l’unica possibilità è di produrre un radicale cambio della e nella società, devono cambiare i modi di produzione, di consumo, di trasporto e approvvigionamento energetico, si devono azzerare le emissioni climalteranti e la produzione di scarti e rifiuti; si deve mutare il sistema delle culture agricole e della produzione di cibo, in particolare rivedendo l’insostenibile meccanismo degli allevamenti intensivi.

In una parola si tratta di andare oltre il modello capitalistico, per questo siamo a fianco di chi manifesta il 23 settembre e saremo sempre più partecipi e attivi in tutte le battaglie ambientali che si prospettano per il futuro; anche nella nostra attività nelle scuole, “l’educazione ambientale” sarà per noi una “educazione ai conflitti ambientali”.

Alessandro Palmi – Esecutivo nazionale Confederazione COBAS

A Bologna

A scuola si studia, non si può morire per l’Alternanza Scuola Lavoro

Giuliano De Seta, 18 anni studente di Portogruaro, è morto pochi giorni fa a Noventa di Piave (VE), colpito da una lastra di metallo. Come scrivono i giornali: “era impegnato in un’esperienza sul campo che gli avrebbe permesso di acquisire i crediti per il diploma”.

Dopo Lorenzo a gennaio e Giuseppe a febbraio, quante altre morti dovranno esserci prima dell’abolizione dei PCTO (ex Alternanza Scuola Lavoro), utili solo per addestrare futuri lavoratori, che dovranno essere disponibili a lavori precari, senza diritti, sottopagati… È così, infatti, che si preparano le giovani generazioni a considerare il lavoro un’attività in cui sono diminuiti, fino a perdersi, i diritti di cittadine e cittadini, e a trasformarsi in manodopera pronta ad accettare condizioni di lavoro, contrattuali e salariali sempre più indecenti in nome della concorrenza sul mercato e dei profitti. Altri incidenti gravi, peraltro, sono accaduti a tanti studenti, tra maggio e giugno; solo per fortunose circostanze non si sono trasformati in tragedia.

Le parole di cordoglio del Ministro Bianchi, che seguono quelle dei predecessori, sono vergognose e insopportabili: noi non siamo disponibili a subire in silenzio. Ricordiamo, infatti, che l’Alternanza scuola lavoro è figlia della controriforma della scuola del governo Renzi e, di fatto, è stata accettata, nonostante le evidenti contraddizioni, e i tanti incidenti anche mortali, dalla quasi totalità delle forze politiche e sindacali. Ancora, quello che accade con l’Alternanza è purtroppo coerente con le morti (omicidi) quotidiane provocate da incuria, non rispetto delle norme di sicurezza, orari troppo lunghi e ricatti occupazionali soprattutto nel settore degli appalti.

A gennaio 2022, dopo la morte di Lorenzo, abbiamo scioperato insieme con gli studenti. Alcuni cortei hanno subito le cariche delle forze dell’ordine e molti studenti sono ancora oggi sottoposti a ingiusti provvedimenti giudiziari. Occorre una mobilitazione generale per la sicurezza e contro gli “incidenti” e le morti sul lavoro, piaga che si intreccia con la profonda crisi economico-sociale; va rafforzato il controllo pubblico nelle fabbriche e su tutti i luoghi di lavoro, vanno perseguiti penalmente gli omicidi da lavoro.Non vogliamo altri incidenti, basta con i PCTO, fermiamo i procedimenti contro gli studenti.

Esecutivo Nazionale COBAS Scuola

CONVEGNO CESP SCUOLA: L’EDUCAZIONE AMBIENTALE OLTRE LO SVILUPPO SOSTENIBILE, Educare ai conflitti ambientali

aggiornato il 24.10 (segui su facebook)

Per iscriversi al convegno presso l’ Istituto Alberghetti di Imola del 17.11 cliccare qui


aggiornato il 4.10.22

Il Cesp di Bologna organizza il convegno nazionale in presenza presso IIS Aldini Valeriani – Via S. Bassanelli 9, BOLOGNA giovedì 20 ottobre 2022 ore 8.30 – 14 rivolto a tutto il personale scolastico.

8.30-9.00         Iscrizioni e registrazione

  •  Introduzione e presentazione del Convegno
  • Alessandro Palmi, CESP Bologna , Antropocene o Capitalocene?  Per una critica al modello “sostenibile”
  • Matteo Vescovi, COBAS Bologna “L’educazione civica”, provare ad usarla e a non farsi usare
  • Luca Tassinari, Assemblea AMO Bologna Le ragioni del No al progetto del “passante di mezzo” di Bologna

10.50-11.10    Pausa caffè (e prime domande)

  • Pippo Tadolini, Campagna per il Clima Fuori dal Fossile (RA) Rigassificatori: la punta dell’iceberg del sistema estrattivista
  • Leonardo Setti, Università di Bologna Comunità energetiche solari, quale ruolo per le scuole?
  • Germana Fratello, Campi Aperti – Rete per la sovranità alimentare Crisi del sistema agroindustriale e sovranità alimentare

Conclusioni (e proposte per continuare…)

Link per iscriversi:  https://forms.gle/9B87qX79MgbQfxyC9

Piattaforma SOFIA: ID 77090

IL CESP è Ente Accreditato/Qualificato per la formazione del personale della scuola. (Decreto Min. 25/07/06 prot.869, circ. MIUR prot. 406 del 21/2/06 – Direttiva 170/2016-MIUR) La partecipazione ai convegni e seminari CESP è gratuita e dà diritto, ai sensi degli articoli 63 e 64del CCNL 2006/2009, all’ESONERO DAL SERVIZIO.

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Per aggiornamenti evento facebook o scrivi a info@cespbo.it

Scarica qui la locandina, la domanda di esonero dal servizio

Competizione individuale, gerarchia e didattica di regime.

Nuovo reclutamento, formazione incentivata e docente “stabilmente incentivato”.

Il Governo Draghi ha ipotecato pesantemente il futuro della scuola pubblica: la Legge 79 prevede un  percorso ad ostacoli per la formazione ai fini dell’immissione in ruolo e la formazione incentivata per i docenti di ruolo; l’art. 38 del Decreto Aiuti, emendato in sede di conversione al Senato, completa l’opera con la previsione del docente stabilmente incentivato.

La formazione per il reclutamento prevede tre step, ognuno con valutazione finale. Il primo è il percorso abilitante universitario in cui, a proprie spese, i corsisti devono conseguire 60 CFU/CFA. Possono accedervi studenti universitari, che devono però conseguire la laurea (o altro titolo idoneo) per accedere alla prova finale e, per i primi 3 cicli, docenti precari non abilitati con contratti a tempo determinato in scuole statali o paritarie. Le prove finali saranno scritte e orali, tramite una lezione simulata. L’abilitazione non dà diritto al ruolo, né all’idoneità, ma solo ad accedere insieme alla laurea magistrale o altro titolo idoneo al secondo step, il concorso con lo scritto con domande a risposta aperta e lezione simulata all’orale. Dopo gli esiti disastrosi degli ultimi concorsi, il MI ha finalmente riconosciuto che i quiz a crocette sono inefficaci per valutare la preparazione dei docenti, ma li ritiene paradossalmente ancora validi per valutare la preparazione degli studenti con le prove Invalsi. Comunque, si riserva di decidere, in caso di numerosi partecipanti, la possibilità di preselezioni, di nuovo con quiz a crocette! Il terzo step è l’anno di prova con almeno 180 giorni di servizio e test finale, sul cui esito deciderà il dirigente scolastico, previa acquisizione del parere obbligatorio, ma non vincolante del Comitato di valutazione e della relazione del tutor. Al concorso possono partecipare anche i precari non abilitati con 3 anni di servizio anche non continuativo, ma se risultano vincitori stipuleranno un contratto di supplenza annuale, in cui dovranno acquisire 30 CFU/CFA e l’abilitazione e solo allora saranno assunti a tempo indeterminato, ma dovranno naturalmente superare l’anno di prova con relativo test finale. Un bel modo di rispettare la sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha condannato l’Italia per abuso di ricorso a contratto a tempo determinato per docenti con 3 anni di servizio! Alla fine di questa gimcana finalmente abbiamo l’immissione in ruolo con stipendi tra i più bassi in Europa, ma con il vincolo della permanenza triennale, salvo assegnazione provvisoria in ambito provinciale.

Tutta questa attività di formazione per il reclutamento sarà coordinata dal 2023- 24 con la formazione in servizio incentivata di durata triennale sia per le “figure di sistema” che per i docenti operai. Sarà su base volontaria per i docenti già in servizio e obbligatoria per i neo-assunti, secondo modalità che saranno decise dalla contrattazione collettiva, relative alla partecipazione, alla durata e alle ore aggiuntive, retribuite in modo forfettario. In via provvisoria, si prevedono 15 ore per la scuola dell’infanzia e primaria e 30 ore per la scuola secondaria, al di fuori dell’orario di insegnamento. “Sono previste (..) verifiche intermedie annuali, svolte sulla base di una relazione presentata dal docente sull’insieme delle attività realizzate nel corso del periodo oggetto di valutazione, nonché una verifica finale” Le verifiche saranno effettuate dal Comitato di valutazione, integrato nella verifica finale da un dirigente tecnico o da un dirigente scolastico esterno, con la possibilità di svolgere anche un colloquio. La valutazione avverrà secondo un modello approvato con decreto ministeriale, su cui la Scuola di Alta formazione (un nuovo carrozzone di nomina governativa che, in stretta collaborazione con Indire e Invalsi, gestirà tutte le attività formative per il personale scolastico) avvierà un monitoraggio con degli indicatori di perfomance, in parte declinati dalle singole scuole. Sulla base di tale valutazione sarà assegnato a coloro che hanno superato la prova finale una retribuzione accessoria una tantum definita dalla contrattazione che va dal minimo del 10% al massimo del 20% dello stipendio. Non vi è più il riferimento al 40% massimo dei partecipanti, ma l’assegnazione sarà selettiva, non generalizzata o a rotazione e soprattutto il numero dei vincitori sarà vincolato dalle risorse disponibili. Non vi sono risorse aggiuntive, ma si useranno i risparmi previsti dal 2025- 26 al 2031-32 dalla riduzione dell’organico dell’autonomia dovuto al decremento demografico, al netto dei flussi migratori. Nella scheda tecnica il MI prevede, sulla base di una serie di proiezioni statistiche, un taglio di 11.300 posti per cui i 770 mila docenti dell’organico 2022-23 diventeranno 758.700. Con i risparmi stimati il MI calcola di poter retribuire al 15% del trattamento stipendiale nel 2026 6.537 docenti, nel 2027 13.934, nel 2028 26.230, nel 2029 36.689. Prendendo come riferimento il dato più alto, quello del 2029, e rapportandolo ai docenti previsti in servizio nel 28-29 (763.950) si tratta del 5% della categoria! Quindi, con un gioco delle tre carte il governo ha tolto il vincolo del 40 % dei “bravi” per sostituirlo surrettiziamente con un dato reale molto più basso, per effetto del vincolo delle risorse.

Anche per i costi delle attività di formazione e per quelli della Scuola di alta formazione non vi sono risorse aggiuntive: per i primi anni si useranno risorse del PNRR e dal 2027 risorse stornate dal fondo per la Carta docenti. 

Ma la competizione individuale, a cui punta la formazione incentivata, non è sufficiente: vi è bisogno di un’ulteriore scalino gerarchico. Con l’emendamento approvato al Senato coloro che supereranno per 3 percorsi formativi triennali consecutivi le prove finali concorreranno per diventare docenti stabilmente incentivatinell’ambito di un sistema di progressione di carriera che a regime sarà precisato in sede di contrattazione collettiva maturando conseguentemente il diritto ad un assegno annuale ad personam di importo pari a 5.650 euro (circa 400 euro al mese lordi) che si somma al trattamento stipendiale in godimento”. Naturalmente, i bravi dovranno gareggiare per diventare super-bravi, per cui dal 2032-33 per 4 anni potranno accedere a quella che si configura come una progressione di carriera solo 8mila docenti all’anno (in media 1 per scuola). I criteri di selezione saranno definiti dalla contrattazione collettiva e dal regolamento ministeriale, ma in sede di prima applicazione, si seleziona in base alla media del punteggio ottenuto nei tre cicli formativi superati positivamente, alla permanenza nella scuola…. Dal 2036-37 il limite massimo sarà calcolato in base alle cessazioni dal servizio degli esperti, quindi al massimo 32mila unità. Non si prevedono stanziamenti aggiuntivi, ma le risorse saranno ricavate di bel nuovo dalla riduzione dell’organico docenti e dal Mof già a disposizione delle scuole. Nonostante gli strombazzamenti elettorali del PD, la modifica della Commissione Bilancio del Senato è per lo più solo nominalistica. Anche il rinvio alla contrattazione resta molto vincolato con la previsione del quantum di incremento stipendiale, con la limitazione del numero dei beneficiari, la permanenza del vincolo triennale per i super bravi e, soprattutto, la filosofia aziendalista di tutta l’operazione.

Il governo pensa alle retribuzioni di una piccola parte della categoria mentre tutto il personale è in attesa del rinnovo del contratto scaduto da 3 anni, con una perdita del potere d’acquisto dei salari che a giugno 22 (rispetto al maggio 1990) è del 28,7% per i docenti delle superiori con 20 anni di servizio, del 30% per i collaboratori scolastici e del 31,5% per gli assistenti amministrativi e tecnici! Con l’inflazione all’8-9% tale perdita aumenterà ulteriormente. Non vi sono risorse aggiuntive, ma tagli ai fondi della Carta docenti (che, invece, andrebbe estesa anche ai precari come prevede una recente sentenza della Corte di giustizia europea), al MOF e soprattutto all’organico con il taglio di 11.300 posti per il calo demografico; risorse che, invece, andrebbero destinate alla riduzione del numero di alunni per classe, all’ampliamento degli organici, con l’assunzione di tutti i docenti con 3 anni di servizio e degli ATA con 2, e per la sicurezza delle scuole.

Viene riproposto un modello di scuola basato sulla competizione individuale, la gerarchizzazione dei docenti e lo strapotere dei presidi-manager. La competizione individuale e la gerarchia creano solo un clima di ansietà e di sospetto, che peggiora la qualità della scuola, che ha bisogno, invece, di cooperazione e di collegialità effettiva. Inoltre, il potere dato ai dirigenti e al comitato di valutazione induce al servilismo e alla limitazione dell’effettiva libertà di insegnamento, mentre la scuola pubblica prevista dalla Costituzione è basata sul pluralismo didattico-culturale e sulla democrazia collegiale.

Ma ancora più preoccupanti sono il contenuto e gli obiettivi della formazione per il reclutamento e di quella incentivata, che prefigurano un indottrinamento mirato a creare una sorta di didattica di regime. Nella Legge 79 si accenna solo di sfuggita all’autonomia didattica e alla libertà di insegnamento. Ma per il resto si punta alla digitalizzazione, intesa come subordinazione alla macchina informatica, mentre l’informatica dovrebbe essere uno strumento didattico per una relazione cognitiva e interpersonale dove i soggetti attivi sono il docente e gli studenti; la   scuola pubblica dovrebbe avere il ruolo prioritario di fornire gli strumenti cognitivi per usare consapevolmente le grandi opportunità, ma anche per schivare le grandi minacce della rete. Un secondo obiettivo è l’inclusione, di per sé giustissima, ma che viene declinata (con una tipica e ricorrente distorsione del linguaggio) in termini di medicalizzazione pervasiva di qualsiasi dato caratteriale. Un terzo è l’ulteriore rafforzamento della didattica delle competenze che, di bel nuovo, si scrive “competenze”, ma si legge “addestramento” a saper fare mutevoli e decontestualizzati, in linea con la precarizzazione del mercato del lavoro. Lo studente deve imparare a svolgere segmenti lavorativi sempre diversi e nuovi senza porsi il problema del contesto in cui opera, del perché o per chi si produce e delle relative conseguenze sociali o ambientali. La scuola dell’autonomia ha già prodotto tantissimo analfabetismo cognitivo di ritorno con studenti incapaci di svolgere autonomamente le operazioni logiche più elementari. L’autonomia ha messo in competizione tra di loro le scuole per accaparrarsi iscritti-clienti, perché chi ha più iscritti ha più risorse economiche e di personale da gestire e, quindi, più potere. Ciò ha innescato anche nella scuola pubblica (effetto perverso della concorrenza con le paritarie) una tendenza verso lo scambio di mercato tra iscrizioni e promozioni con conseguente pesantissime sulla valutazione, per cui abbiamo ormai non il 6 politico, ma il 6 di mercato! Anche l’orientamento è inteso ormai come marketing e pubblicità anche ingannevole; i contenuti e i metodi dell’insegnamento vengono sempre più semplificati e impoveriti. Abbiamo bisogno di “complessità” e non di ulteriori semplificazioni: a furia di semplificare abbiamo prodotto studenti incapaci di mettere insieme anche solo due o tre variabili! La scuola deve puntare allo sviluppo di strumenti cognitivi: capacita di analisi, intesa come capacità di cogliere i nessi, di saper distinguere tesi e argomentazioni, di mettere a confronto tesi diverse sullo stesso argomento; capacità di sintesi, intesa come sviluppo di una visione di insieme dei fenomeni, di saper contestualizzare, di ragionare per modelli; anche di competenze, ma intese come capacità di applicare le proprie conoscenze a situazioni concrete, di utilizzare i linguaggi disciplinari. Ma soprattutto la scuola deve puntare a sviluppare negli studenti capacità di elaborazione autonoma e spirito critico, in linea con il ruolo assegnatole dalla Costituzione di formare cittadini consapevoli, indispensabili soggetti attivi per l’uguaglianza e la democrazia sostanziale!              Rino Capasso