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Resoconto delle richieste del coordinamento precari-e della scuola all’USP dell’incontro del 9 gennaio: “iniziamo con le ferie per il Concorso!”

Riceviamo e riportiamo il resoconto dell’incontro con l’USP dello scorso 9 gennaio, in cui il coordinamento precari -e della scuola di Bologna chiosa:”iniziamo con le ferie per il Concorso!”

Qui il video https://fb.watch/pzwEoouOYM/

Precari diritto alle ferie per il Concorso!

“Il 9 gennaio 2024, in occasione dell’ultimo giorno utile per iscriversi al prossimo concorso docenti, abbiamo manifestato i problemi che riscontriamo rispetto al precariato e al reclutamento, presentandoli simbolicamente sotto forma di pacchi natalizi. Durante il presidio organizzato presso l’Ufficio Scolastico Provinciale di Bologna, abbiamo incontrato il Dirigente dell’Ambito Territoriale-Ufficio V, dott. Giuseppe Antonio Panzardi, le dott.sse Silvia Ciucchi e Giuseppina Agnini, e il dott. Cesare Romani, che ci hanno accolti, ancora una volta, con disponibilità e propensione al dialogo.

Nel corso dell’incontro abbiamo esposto le nostre istanze relative

  1. alla possibilità che l’Ufficio svolga un’iniziativa di sensibilizzazione verso le dirigenze scolastiche per invitarle a concedere giorni di ferie ai precari-a, anziché permessi non retribuiti, allə insegnanti a tempo determinato che parteciperanno all’imminente concorso docenti;
  2. ai numerosi casi di mancata concessione delle 150 ore di diritto allo studio;
  3. ai disagi prodotti, durante la scorsa estate, dalle procedure telematiche di attribuzione delle supplenze da GPS, che hanno lasciato moltə insegnanti senza lavoro, anche perché concomitanti con quelle di immissione in ruolo.

Per quanto riguarda il primo punto,

abbiamo fatto presente che, per partecipare al concorso, lə insegnanti a tempo determinato dovranno chiedere almeno tre giorni di permesso non retribuito, corrispondenti ad altrettanti giorni di interruzione del servizio e di mancato stipendio. Tutto ciò si aggiunge ai diritti di segreteria e, per chi supererà le prove e rientrerà nella graduatoria di assunzione, ai 2000 euro del corso abilitante. Per questo, abbiamo chiesto all’Ufficio di inviare alle dirigenze scolastiche una nota di sensibilizzazione sulla questione, sollecitandole a concedere ferie, anziché permessi non retribuiti, a chi parteciperà al concorso.

Dopo aver dichiarato di trovarsi per la prima volta di fronte a questo tipo di segnalazione, l’Ufficio ha affermato che,

pur ritenendo il permesso non retribuito preferibile alle ferie in quanto espressamente previsto dal CCNL per assentarsi dal servizio e partecipare al concorso, non vede il motivo per cui le dirigenze scolastiche dovrebbero negare le ferie in tutti i casi in cui questo non comporti oneri aggiuntivi per le sostituzioni. Rispetto alla nostra richiesta di scrivere una nota da inviare alle scuole per sensibilizzarle sulla questione, l’Ufficio ha dichiarato di non ritenerlo opportuno, ma si è impegnato a esporre il tema alle dirigenze scolastiche durante la prossima Conferenza dei Servizi (da svolgersi, per quanto ci è stato comunicato, entro i prossimi giorni). Inoltre, quando abbiamo annunciato che, come Coordinamento Precariə, ci impegneremo a raccogliere i casi di rifiuto non motivato da parte delle dirigenze, l’Ufficio si è detto disponibile a esaminare le nostre eventuali segnalazioni.

Per quanto riguarda il secondo punto, abbiamo appreso che,

per quest’anno, sono  terminate le disponibilità economiche per la concessione delle 150 ore. Questo significa che tuttə coloro che nei prossimi mesi inizieranno a svolgere l’obbligatorio e costoso percorso di formazione per l’abilitazione all’insegnamento dovranno farlo senza alcuna tutela, cioè basandosi unicamente sulle proprie forze e sulle disponibilità di tempo, arbitrarie e casuali, ricavate dai propri contesti di lavoro. Questo scenario ci allarma: già adesso in questa fase transitoria e ancor di più pensando al percorso a regime. Perché è evidente che il sistema scolastico non sostiene lə propriə insegnanti nella loro formazione, con ricadute in termini di inconciliabilità di impegni, assenze e stress. E, quindi, con effetti negativi sullə insegnanti, in primis, ma anche sullə studenti, e sulla scuola in generale.

A margine dell’incontro abbiamo manifestato il nostro disappunto per

la concomitanza, durante luglio e agosto 2023, delle procedure informatizzate per la presentazione delle domande per le supplenze da GPS e per le immissioni in ruolo dai concorsi (ordinario e straordinario-bis). Innanzitutto, abbiamo ribadito, come già fatto lo scorsa estate, che sarebbe stato opportuno non sovrapporre le procedure e diramare una nota informativa per coloro che, immessə in ruolo, avessero voluto conoscere il modo corretto per chiedere la cancellazione della domanda per le supplenze da GPS.

Relativamente alla sovrapposizione delle due procedure, ci è stato risposto che la responsabilità è dovuta unicamente a decisioni ministeriali. Sulla seconda questione, invece, siamo statə invitatə a essere comprensivə, dato che il periodo estivo è un momento difficile per l’Ufficio, perché molte persone che vi lavorano sono in ferie. Comprendiamo la giustificazione, ma fatichiamo ad accettarla, in nome dellə precariə della scuola che in luglio e agosto non sono in ferie ma in disoccupazione, come abbiamo fatto notare. 

Per quanto riguarda le questioni più generali del funzionamento e dell’utilizzo dell’algoritmo,

pur ribadendo che le decisioni in merito competono esclusivamente al Ministero e che, al momento, niente lascia pensare che si possa tornare alle convocazioni in presenza, l’Ufficio ha ammesso l’esistenza di  difficoltà e ci ha riferito che sarebbe favorevole a eventuali modifiche. In particolare, riterrebbe sensato far ripartire l’algoritmo dalla prima posizione delle graduatorie quando, dopo le prime assegnazioni, sopraggiungono nuove disponibilità di scuole. 

Come è evidente, siamo di fronte a una posizione ancora molto lontana

da quella di chi, come noi, vorrebbe tornare alle convocazioni in presenza, ma è già un’apertura rispetto all’incontro del maggio scorso. Pertanto, è fondamentale tenere alta l’attenzione sul problema, senza considerarlo una partita persa e continuando a segnalare tutti i difetti del sistema informatizzato, perché non si ripetano le situazioni più assurde  già avvenute la scorsa estate.

Per questo motivo, rilanciamo l’invito a riprenderci gli spazi di riunione, discussione e conflitto sulle questioni che riguardano lə docenti precariə, per portare, unitə, le nostre istanze agli Uffici competenti, perché solo insieme possiamo incidere veramente. 

Iniziamo con le ferie per il concorso per i/le precari!

Il nostro intervento ha fatto emergere  il problema. E l’impegno che l’Ufficio scolastico ha preso di presentare la nostra istanza presso le dirigenze alla prossima Conferenza dei Servizi è un risultato importante e da monitorare. 

Perciò, invitiamo tuttə a

  • chiedere ferie, e non permessi non retribuiti, per partecipare al concorso;
  • segnalarci immediatamente eventuali rifiuti non adeguatamente motivati dalle dirigenze;
  • partecipare alle nostre prossime riunioni in via San Carlo 42 e contattarci per ulteriori informazioni.

Coordinamento Precariə Scuola di Bologna

Competizione individuale, gerarchia e didattica di regime.

Nuovo reclutamento, formazione incentivata e docente “stabilmente incentivato”.

Il Governo Draghi ha ipotecato pesantemente il futuro della scuola pubblica: la Legge 79 prevede un  percorso ad ostacoli per la formazione ai fini dell’immissione in ruolo e la formazione incentivata per i docenti di ruolo; l’art. 38 del Decreto Aiuti, emendato in sede di conversione al Senato, completa l’opera con la previsione del docente stabilmente incentivato.

La formazione per il reclutamento prevede tre step, ognuno con valutazione finale. Il primo è il percorso abilitante universitario in cui, a proprie spese, i corsisti devono conseguire 60 CFU/CFA. Possono accedervi studenti universitari, che devono però conseguire la laurea (o altro titolo idoneo) per accedere alla prova finale e, per i primi 3 cicli, docenti precari non abilitati con contratti a tempo determinato in scuole statali o paritarie. Le prove finali saranno scritte e orali, tramite una lezione simulata. L’abilitazione non dà diritto al ruolo, né all’idoneità, ma solo ad accedere insieme alla laurea magistrale o altro titolo idoneo al secondo step, il concorso con lo scritto con domande a risposta aperta e lezione simulata all’orale. Dopo gli esiti disastrosi degli ultimi concorsi, il MI ha finalmente riconosciuto che i quiz a crocette sono inefficaci per valutare la preparazione dei docenti, ma li ritiene paradossalmente ancora validi per valutare la preparazione degli studenti con le prove Invalsi. Comunque, si riserva di decidere, in caso di numerosi partecipanti, la possibilità di preselezioni, di nuovo con quiz a crocette! Il terzo step è l’anno di prova con almeno 180 giorni di servizio e test finale, sul cui esito deciderà il dirigente scolastico, previa acquisizione del parere obbligatorio, ma non vincolante del Comitato di valutazione e della relazione del tutor. Al concorso possono partecipare anche i precari non abilitati con 3 anni di servizio anche non continuativo, ma se risultano vincitori stipuleranno un contratto di supplenza annuale, in cui dovranno acquisire 30 CFU/CFA e l’abilitazione e solo allora saranno assunti a tempo indeterminato, ma dovranno naturalmente superare l’anno di prova con relativo test finale. Un bel modo di rispettare la sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha condannato l’Italia per abuso di ricorso a contratto a tempo determinato per docenti con 3 anni di servizio! Alla fine di questa gimcana finalmente abbiamo l’immissione in ruolo con stipendi tra i più bassi in Europa, ma con il vincolo della permanenza triennale, salvo assegnazione provvisoria in ambito provinciale.

Tutta questa attività di formazione per il reclutamento sarà coordinata dal 2023- 24 con la formazione in servizio incentivata di durata triennale sia per le “figure di sistema” che per i docenti operai. Sarà su base volontaria per i docenti già in servizio e obbligatoria per i neo-assunti, secondo modalità che saranno decise dalla contrattazione collettiva, relative alla partecipazione, alla durata e alle ore aggiuntive, retribuite in modo forfettario. In via provvisoria, si prevedono 15 ore per la scuola dell’infanzia e primaria e 30 ore per la scuola secondaria, al di fuori dell’orario di insegnamento. “Sono previste (..) verifiche intermedie annuali, svolte sulla base di una relazione presentata dal docente sull’insieme delle attività realizzate nel corso del periodo oggetto di valutazione, nonché una verifica finale” Le verifiche saranno effettuate dal Comitato di valutazione, integrato nella verifica finale da un dirigente tecnico o da un dirigente scolastico esterno, con la possibilità di svolgere anche un colloquio. La valutazione avverrà secondo un modello approvato con decreto ministeriale, su cui la Scuola di Alta formazione (un nuovo carrozzone di nomina governativa che, in stretta collaborazione con Indire e Invalsi, gestirà tutte le attività formative per il personale scolastico) avvierà un monitoraggio con degli indicatori di perfomance, in parte declinati dalle singole scuole. Sulla base di tale valutazione sarà assegnato a coloro che hanno superato la prova finale una retribuzione accessoria una tantum definita dalla contrattazione che va dal minimo del 10% al massimo del 20% dello stipendio. Non vi è più il riferimento al 40% massimo dei partecipanti, ma l’assegnazione sarà selettiva, non generalizzata o a rotazione e soprattutto il numero dei vincitori sarà vincolato dalle risorse disponibili. Non vi sono risorse aggiuntive, ma si useranno i risparmi previsti dal 2025- 26 al 2031-32 dalla riduzione dell’organico dell’autonomia dovuto al decremento demografico, al netto dei flussi migratori. Nella scheda tecnica il MI prevede, sulla base di una serie di proiezioni statistiche, un taglio di 11.300 posti per cui i 770 mila docenti dell’organico 2022-23 diventeranno 758.700. Con i risparmi stimati il MI calcola di poter retribuire al 15% del trattamento stipendiale nel 2026 6.537 docenti, nel 2027 13.934, nel 2028 26.230, nel 2029 36.689. Prendendo come riferimento il dato più alto, quello del 2029, e rapportandolo ai docenti previsti in servizio nel 28-29 (763.950) si tratta del 5% della categoria! Quindi, con un gioco delle tre carte il governo ha tolto il vincolo del 40 % dei “bravi” per sostituirlo surrettiziamente con un dato reale molto più basso, per effetto del vincolo delle risorse.

Anche per i costi delle attività di formazione e per quelli della Scuola di alta formazione non vi sono risorse aggiuntive: per i primi anni si useranno risorse del PNRR e dal 2027 risorse stornate dal fondo per la Carta docenti. 

Ma la competizione individuale, a cui punta la formazione incentivata, non è sufficiente: vi è bisogno di un’ulteriore scalino gerarchico. Con l’emendamento approvato al Senato coloro che supereranno per 3 percorsi formativi triennali consecutivi le prove finali concorreranno per diventare docenti stabilmente incentivatinell’ambito di un sistema di progressione di carriera che a regime sarà precisato in sede di contrattazione collettiva maturando conseguentemente il diritto ad un assegno annuale ad personam di importo pari a 5.650 euro (circa 400 euro al mese lordi) che si somma al trattamento stipendiale in godimento”. Naturalmente, i bravi dovranno gareggiare per diventare super-bravi, per cui dal 2032-33 per 4 anni potranno accedere a quella che si configura come una progressione di carriera solo 8mila docenti all’anno (in media 1 per scuola). I criteri di selezione saranno definiti dalla contrattazione collettiva e dal regolamento ministeriale, ma in sede di prima applicazione, si seleziona in base alla media del punteggio ottenuto nei tre cicli formativi superati positivamente, alla permanenza nella scuola…. Dal 2036-37 il limite massimo sarà calcolato in base alle cessazioni dal servizio degli esperti, quindi al massimo 32mila unità. Non si prevedono stanziamenti aggiuntivi, ma le risorse saranno ricavate di bel nuovo dalla riduzione dell’organico docenti e dal Mof già a disposizione delle scuole. Nonostante gli strombazzamenti elettorali del PD, la modifica della Commissione Bilancio del Senato è per lo più solo nominalistica. Anche il rinvio alla contrattazione resta molto vincolato con la previsione del quantum di incremento stipendiale, con la limitazione del numero dei beneficiari, la permanenza del vincolo triennale per i super bravi e, soprattutto, la filosofia aziendalista di tutta l’operazione.

Il governo pensa alle retribuzioni di una piccola parte della categoria mentre tutto il personale è in attesa del rinnovo del contratto scaduto da 3 anni, con una perdita del potere d’acquisto dei salari che a giugno 22 (rispetto al maggio 1990) è del 28,7% per i docenti delle superiori con 20 anni di servizio, del 30% per i collaboratori scolastici e del 31,5% per gli assistenti amministrativi e tecnici! Con l’inflazione all’8-9% tale perdita aumenterà ulteriormente. Non vi sono risorse aggiuntive, ma tagli ai fondi della Carta docenti (che, invece, andrebbe estesa anche ai precari come prevede una recente sentenza della Corte di giustizia europea), al MOF e soprattutto all’organico con il taglio di 11.300 posti per il calo demografico; risorse che, invece, andrebbero destinate alla riduzione del numero di alunni per classe, all’ampliamento degli organici, con l’assunzione di tutti i docenti con 3 anni di servizio e degli ATA con 2, e per la sicurezza delle scuole.

Viene riproposto un modello di scuola basato sulla competizione individuale, la gerarchizzazione dei docenti e lo strapotere dei presidi-manager. La competizione individuale e la gerarchia creano solo un clima di ansietà e di sospetto, che peggiora la qualità della scuola, che ha bisogno, invece, di cooperazione e di collegialità effettiva. Inoltre, il potere dato ai dirigenti e al comitato di valutazione induce al servilismo e alla limitazione dell’effettiva libertà di insegnamento, mentre la scuola pubblica prevista dalla Costituzione è basata sul pluralismo didattico-culturale e sulla democrazia collegiale.

Ma ancora più preoccupanti sono il contenuto e gli obiettivi della formazione per il reclutamento e di quella incentivata, che prefigurano un indottrinamento mirato a creare una sorta di didattica di regime. Nella Legge 79 si accenna solo di sfuggita all’autonomia didattica e alla libertà di insegnamento. Ma per il resto si punta alla digitalizzazione, intesa come subordinazione alla macchina informatica, mentre l’informatica dovrebbe essere uno strumento didattico per una relazione cognitiva e interpersonale dove i soggetti attivi sono il docente e gli studenti; la   scuola pubblica dovrebbe avere il ruolo prioritario di fornire gli strumenti cognitivi per usare consapevolmente le grandi opportunità, ma anche per schivare le grandi minacce della rete. Un secondo obiettivo è l’inclusione, di per sé giustissima, ma che viene declinata (con una tipica e ricorrente distorsione del linguaggio) in termini di medicalizzazione pervasiva di qualsiasi dato caratteriale. Un terzo è l’ulteriore rafforzamento della didattica delle competenze che, di bel nuovo, si scrive “competenze”, ma si legge “addestramento” a saper fare mutevoli e decontestualizzati, in linea con la precarizzazione del mercato del lavoro. Lo studente deve imparare a svolgere segmenti lavorativi sempre diversi e nuovi senza porsi il problema del contesto in cui opera, del perché o per chi si produce e delle relative conseguenze sociali o ambientali. La scuola dell’autonomia ha già prodotto tantissimo analfabetismo cognitivo di ritorno con studenti incapaci di svolgere autonomamente le operazioni logiche più elementari. L’autonomia ha messo in competizione tra di loro le scuole per accaparrarsi iscritti-clienti, perché chi ha più iscritti ha più risorse economiche e di personale da gestire e, quindi, più potere. Ciò ha innescato anche nella scuola pubblica (effetto perverso della concorrenza con le paritarie) una tendenza verso lo scambio di mercato tra iscrizioni e promozioni con conseguente pesantissime sulla valutazione, per cui abbiamo ormai non il 6 politico, ma il 6 di mercato! Anche l’orientamento è inteso ormai come marketing e pubblicità anche ingannevole; i contenuti e i metodi dell’insegnamento vengono sempre più semplificati e impoveriti. Abbiamo bisogno di “complessità” e non di ulteriori semplificazioni: a furia di semplificare abbiamo prodotto studenti incapaci di mettere insieme anche solo due o tre variabili! La scuola deve puntare allo sviluppo di strumenti cognitivi: capacita di analisi, intesa come capacità di cogliere i nessi, di saper distinguere tesi e argomentazioni, di mettere a confronto tesi diverse sullo stesso argomento; capacità di sintesi, intesa come sviluppo di una visione di insieme dei fenomeni, di saper contestualizzare, di ragionare per modelli; anche di competenze, ma intese come capacità di applicare le proprie conoscenze a situazioni concrete, di utilizzare i linguaggi disciplinari. Ma soprattutto la scuola deve puntare a sviluppare negli studenti capacità di elaborazione autonoma e spirito critico, in linea con il ruolo assegnatole dalla Costituzione di formare cittadini consapevoli, indispensabili soggetti attivi per l’uguaglianza e la democrazia sostanziale!              Rino Capasso

Precariato e reclutamento

La situazione del precariato nella scuola presenta elementi di criticità sempre maggiori e appare lontana da una possibile soluzione. Stando alle stime più prudenti, l’anno scolastico in corso si è aperto con 150.000 supplenze annuali a cui vanno aggiunte le varie tipologie di supplenze brevi, davvero impossibili da calcolare. Sempre più preoccupante, inoltre, la difficoltà che già da qualche anno si riscontra nel trovare supplenti provvisti del titolo di studio richiesto, circostanza che caratterizza soprattutto la scuola primaria in diverse province del nord e rende del tutto incomprensibile la logica fortemente selettiva cui sembrano improntati gli ultimi concorsi.

Sull’ultima stagione selettiva

Se si esclude il percorso finalizzato unicamente al conseguimento dell’abilitazione, di cui al momento si sono perse le tracce, nell’ultimo anno e mezzo, accompagnate da polemiche e contestazioni, si sono svolte o sono state avviate tutte le procedure concorsuali bandite nell’estate 2020: il concorso straordinario per i docenti della scuola secondaria con almeno tre anni di servizio, il concorso ordinario per i docenti di infanzia e primaria e il concorso ordinario per i docenti della scuola secondaria, quest’ultimo anticipato, all’inizio della scorsa estate, da un ulteriore concorso ordinario, bandito unicamente nelle materie STEM. 

Per quanto riguarda il concorso straordinario per la scuola secondaria, iniziato, interrotto e poi ripreso in piena pandemia, ben 10 mila dei 32 mila posti messi a bando sono rimasti vuoti e la percentuale degli idonei si è attestata attorno al 43% dei partecipanti. 

Il concorso STEM, invece, è stato bandito per poco più di 6 mila posti il 15 giugno 2021, e ha rappresentato la prima sperimentazione del quizzone a crocette. Nonostante il chiaro fallimento di quest’ultima procedura (bocciature superiori all’80% e posti rimasti in molti casi vacanti), che ha recentemente costretto il ministero a organizzare un secondo giro di prove per le medesime classi di concorso, nessuno a Viale Trastevere ha pensato di metterne in discussione le modalità selettive. Il quiz di 50 domande computer based, al contrario, è stato mantenuto anche per i due successivi concorsi ordinari, quello per gli insegnanti di infanzia e primaria, bandito a novembre per poco meno di 13 mila posti, e quello per le altre classi di concorso della scuola secondaria, le cui prove sono iniziate a metà marzo e sono tuttora in via di svolgimento. Gli esiti sono a dir poco disastrosi e le bocciature, in molti casi fino al 90%, stanno giustamente suscitando tanta indignazione da più di un mese a questa parte.

Dovrebbe essere bandito a giorni, infine, un altro concorso straordinario per la scuola secondaria, riservato a chi è in possesso degli stessi requisiti dell’analoga procedura dello scorso anno.

Sull’imminente riordino del reclutamento

Nel corso della lunga stagione appena descritta, il ministro Bianchi ha più volte annunciato l’intenzione di riordinare il sistema di formazione e reclutamento degli insegnanti della scuola secondaria e, come è noto, un testo di riforma in questo senso è stato inserito nel Decreto Legge 30 aprile 2022, n. 36. Pur essendo caratterizzato dall’intento di superare la fase delle soluzioni emergenziali, esso delinea un vero e proprio percorso a ostacoli per l’accesso al ruolo e finisce quindi per tradire la stessa ossessione per la selezione che ha contraddistinto gli ultimi tempi.  Particolarmente inaccettabile, inoltre, risulta quanto previsto per i precari, poiché finirà per escludere dalla stabilizzazione la maggior parte di coloro che da anni contribuiscono a mandare avanti le nostre scuole. È semplicemente ingiusto continuare a voler sottoporre i colleghi e le colleghe con almeno tre anni di servizio a un concorso, per giunta valido solo per il 30% dei posti messi a bando, così come non si può seriamente immaginare che la formazione necessaria al conseguimento dell’abilitazione dei pochi fortunati che lo supereranno, giustamente collocata in un momento successivo a quello dell’assunzione, debba essere svolta “con oneri a carico del docente” in un ulteriore anno di supplenza.

Per affrontare la questione in modo serio, equo e strutturale, nonché per coprire le decine di migliaia di posti perennemente vacanti nelle scuole italiane, è necessario a nostro avviso riorganizzare un sistema basato sul meccanismo del doppio canale, che permetta di affiancare ai concorsi una graduatoria di accesso diretto al ruolo per TUTTI i docenti con almeno tre anni di servizio e prevedere per essi un percorso formativo successivo all’assunzione a tempo indeterminato, interamente gratuito e quindi a carico dello stato, da svolgersi nel corso dell’anno di prova.

Silvia Casali e Edoardo Recchi 
COBAS Scuola