Nessuna Base per nessuna guerra. Manifestazione nazionale a Coltano, villa medicea

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Non basta una circolare per lottare contro l’omolesbobitransfobia a scuola

Il 17 maggio ricorre la Giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, una giornata che dovrebbe essere di lotta e di impegno per contrastare i pregiudizi, le discriminazioni, le violenze di cui sono ancora vittime le persone lesbiche, gay, bisessuali,  transgender, queer e intersex, perché non si conformano alle norme sociali di genere, rigidamente binarie e imposte da una cultura in cui risultano ancora predominanti modelli patriarcali, machisti ed eteronormativi di organizzazione sociale. Il mondo della scuola, in cui studiano e lavorano studenti e personale LGBTQI+, rappresenta ancora un luogo dove è rischioso essere se stess*; nella maggioranza dei casi viene scelta la strada dell’invisibilità totale o selettiva, per la paura di subire lo stigma sociale che ancora colpisce le persone che appartengono alle minoranze sessuali e di genere.

La ricerca pubblicata nel 2020 dall’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali ci dice che nei 28 Paesi UE solo il 9% di studenti tra i 15 e i 17 anni rende pienamente visibile la propria identità LGBTI, mentre il 61% la rende visibile in maniera selettiva e il 30% la nasconde del tutto. La scelta di occultare una parte importante di sé non è per nulla libera. La scuola è purtroppo ancora un luogo ostile per molt* studenti LGBTQI+: l’insulto, le prese in giro, le discriminazioni, l’esclusione, il bullismo sono pratiche frequenti che si imparano presto a vedere, a tollerare o minimizzare, a mettere in atto o a subire. Ad esempio, l’UNESCO, in un articolo pubblicato nel 2021, “Don’t look away: No place for exclusion of LGBTI students”, riporta un dato molto preoccupante emerso da una ricerca svolta nei paesi europei; il 54% delle/degli studenti intervistati ha riportato di essere stato vittima di bullismo a scuola mentre l’83% ha dichiarato di essere stato testimone di insulti omolesbobitransfobici.

Di fronte a questo quadro grave e preoccupante, peggiorato in Italia dopo la vergognosa bocciatura del DDL Zan che proprio nella scuola riconosceva un fondamentale ambito di intervento, il Ministero dell’istruzione oltre a emanare una circolare più o meno riciclata di anno in anno, che in molti casi resta lettera morta nei computer delle scuole, non riesce a far altro. Una circolare in cui oltretutto non vengono nemmeno nominate/i le e gli studenti gay, lesbiche, bisessuali e transgender, viene omessa l’identità di genere non conforme come bersaglio di pregiudizio e, in nome dell’autonomia, viene affidato a singoli docenti e scuole il compito di organizzare iniziative per il 17 maggio, come se non sapessimo quanti ostacoli incontrano, dentro e fuori le scuole, le e i docenti che intendono affrontare questi temi. Nel 2022 il Ministero non riesce ancora ad emanare linee guida nazionali, chiare e specifiche, per contrastare l’omolesbobitransfobia a scuola, non promuove la diffusione di temi LGBTQI+ all’interno del curriculum scolastico, non riconosce la condizione di vulnerabilità di studenti LGBTQI+ nel contesto scolastico, vulnerabilità che mette seriamente a rischio il diritto all’istruzione e il diritto di esprimere liberamente se stess*.

I COBAS SCUOLA, anche attraverso lo strumento culturale e formativo del CESP, da anni sono impegnati su questo fronte, attraverso corsi di aggiornamento, convegni, prese di posizione (come il recente sostegno dato alla diffusione nelle scuole della carriera alias), e pubblicazioni: ultima in ordine di tempo la Guida Classe Arcobaleno che offre al personale della scuola una molteplicità di strumenti educativi e didattici per creare a scuola un ambiente che valorizzi le differenze  e promuova la visibilità dei temi e delle persone LGBTQI+ (Guida). Perché la Giornata del 17 maggio si costruisce giorno per giorno, con atti concreti e con l’impegno, non con la vuota retorica di circolari ministeriali che rappresentano una foglia di fico per tentare di nascondere l’immobilismo che caratterizza il Ministero su questi temi.

COBAS SCUOLA

Zapruder 57: Pierino torna a scuola. L’istruzione secondaria negli anni ottanta

Venerdì 3 giugno 2022 alle ore 18.30 presso la Libreria Modo Infoshop, via Mascarella 24/b, Bologna ci sarà la Presentazione del numero 57 della rivista «Zapruder» “Pierino torna a scuola. L’istruzione secondaria negli anni ottanta” in collaborazione con Cesp-Centro Studi per la Scuola Pubblica, sede di Bologna.

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Intervengono:

Chiara Colangelo (autrice e co-curatrice del numero),

Matteo Marinello (autore),

Edoardo Recchi (autore)

Alunni asini, insegnanti impreparati e pigri, edifici fatiscenti sono i leitmotiv che fanno da cornice a un’istituzione considerata sempre, e da sempre, un passo indietro rispetto alla società: la scuola. Ci siamo rivolti in particolare alla scuola secondaria di secondo grado. Si tratta infatti di un settore cruciale su cui convergono diversi interessi: dalla necessità di rispondere ai bisogni formativi dell’adolescenza, alle esigenze di costruire un’identità civile nazionale, alle richieste del settore produttivo di professionalizzare la forza lavoro. Gli anni ottanta si inquadrano fra il fallimento della riforma della scuola secondaria di fine anni settanta, l’emergere dell’autonomia scolastica, la crescente centralità del dibattito sul rapporto fra pubblico e privato e la ridefinizione del ruolo di genitori, studenti e docenti.

L’obiettivo di questo numero di «Zapruder» non è occuparsi di didattica, di educazione, di contro-scuola e di pedagogie alternative (temi messi a fuoco su «Zapruder» 27). Abbiamo piuttosto provato a guardare al passato per tracciare percorsi, ricostruire cambi di paradigma, offrire chiavi interpretative e sottrarci al soffocante presentismo di quella che sembra essere una “crisi” senza tempo.

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Precariato e reclutamento

La situazione del precariato nella scuola presenta elementi di criticità sempre maggiori e appare lontana da una possibile soluzione. Stando alle stime più prudenti, l’anno scolastico in corso si è aperto con 150.000 supplenze annuali a cui vanno aggiunte le varie tipologie di supplenze brevi, davvero impossibili da calcolare. Sempre più preoccupante, inoltre, la difficoltà che già da qualche anno si riscontra nel trovare supplenti provvisti del titolo di studio richiesto, circostanza che caratterizza soprattutto la scuola primaria in diverse province del nord e rende del tutto incomprensibile la logica fortemente selettiva cui sembrano improntati gli ultimi concorsi.

Sull’ultima stagione selettiva

Se si esclude il percorso finalizzato unicamente al conseguimento dell’abilitazione, di cui al momento si sono perse le tracce, nell’ultimo anno e mezzo, accompagnate da polemiche e contestazioni, si sono svolte o sono state avviate tutte le procedure concorsuali bandite nell’estate 2020: il concorso straordinario per i docenti della scuola secondaria con almeno tre anni di servizio, il concorso ordinario per i docenti di infanzia e primaria e il concorso ordinario per i docenti della scuola secondaria, quest’ultimo anticipato, all’inizio della scorsa estate, da un ulteriore concorso ordinario, bandito unicamente nelle materie STEM. 

Per quanto riguarda il concorso straordinario per la scuola secondaria, iniziato, interrotto e poi ripreso in piena pandemia, ben 10 mila dei 32 mila posti messi a bando sono rimasti vuoti e la percentuale degli idonei si è attestata attorno al 43% dei partecipanti. 

Il concorso STEM, invece, è stato bandito per poco più di 6 mila posti il 15 giugno 2021, e ha rappresentato la prima sperimentazione del quizzone a crocette. Nonostante il chiaro fallimento di quest’ultima procedura (bocciature superiori all’80% e posti rimasti in molti casi vacanti), che ha recentemente costretto il ministero a organizzare un secondo giro di prove per le medesime classi di concorso, nessuno a Viale Trastevere ha pensato di metterne in discussione le modalità selettive. Il quiz di 50 domande computer based, al contrario, è stato mantenuto anche per i due successivi concorsi ordinari, quello per gli insegnanti di infanzia e primaria, bandito a novembre per poco meno di 13 mila posti, e quello per le altre classi di concorso della scuola secondaria, le cui prove sono iniziate a metà marzo e sono tuttora in via di svolgimento. Gli esiti sono a dir poco disastrosi e le bocciature, in molti casi fino al 90%, stanno giustamente suscitando tanta indignazione da più di un mese a questa parte.

Dovrebbe essere bandito a giorni, infine, un altro concorso straordinario per la scuola secondaria, riservato a chi è in possesso degli stessi requisiti dell’analoga procedura dello scorso anno.

Sull’imminente riordino del reclutamento

Nel corso della lunga stagione appena descritta, il ministro Bianchi ha più volte annunciato l’intenzione di riordinare il sistema di formazione e reclutamento degli insegnanti della scuola secondaria e, come è noto, un testo di riforma in questo senso è stato inserito nel Decreto Legge 30 aprile 2022, n. 36. Pur essendo caratterizzato dall’intento di superare la fase delle soluzioni emergenziali, esso delinea un vero e proprio percorso a ostacoli per l’accesso al ruolo e finisce quindi per tradire la stessa ossessione per la selezione che ha contraddistinto gli ultimi tempi.  Particolarmente inaccettabile, inoltre, risulta quanto previsto per i precari, poiché finirà per escludere dalla stabilizzazione la maggior parte di coloro che da anni contribuiscono a mandare avanti le nostre scuole. È semplicemente ingiusto continuare a voler sottoporre i colleghi e le colleghe con almeno tre anni di servizio a un concorso, per giunta valido solo per il 30% dei posti messi a bando, così come non si può seriamente immaginare che la formazione necessaria al conseguimento dell’abilitazione dei pochi fortunati che lo supereranno, giustamente collocata in un momento successivo a quello dell’assunzione, debba essere svolta “con oneri a carico del docente” in un ulteriore anno di supplenza.

Per affrontare la questione in modo serio, equo e strutturale, nonché per coprire le decine di migliaia di posti perennemente vacanti nelle scuole italiane, è necessario a nostro avviso riorganizzare un sistema basato sul meccanismo del doppio canale, che permetta di affiancare ai concorsi una graduatoria di accesso diretto al ruolo per TUTTI i docenti con almeno tre anni di servizio e prevedere per essi un percorso formativo successivo all’assunzione a tempo indeterminato, interamente gratuito e quindi a carico dello stato, da svolgersi nel corso dell’anno di prova.

Silvia Casali e Edoardo Recchi 
COBAS Scuola

Incontro: Sulle tracce di Mariasilvia Spolato. Essere docenti e militanti, ieri e oggi.

In coda al primo Pride History Month Italia e in avvicinamento al 17 Maggio – IDAHOBIT – Giornata internazionale di lotta contro omobilesbotransfobia, la Rete Insegnanti Educat*LGBTQI, in collaborazione con il Centro Risorse LGBTI e il CESP, promuove un momento di riflessione e di discussione sul ruolo attivo e militante de* docenti per i diritti LGBTQI+ a partire dalla figura di Mariasilvia Spolato: insegnante, femminista, attivista del Collettivo Pompeo Magno e del FUORI, fu la prima persona LGBTQ+ a fare un coming out pubblico, durante la manifestazione romana per l’8 marzo del1972, atto che le causò la perdita dell’incarico come docente nella scuola pubblica.

Nel volume I movimenti omosessuali di liberazione  (1972), Mariasilvia raccolse documenti, interviste, manifesti dei movimenti di liberazione sessuale di quegli anni, per raccontare, conservare una memoria storica ma anche creare connessioni tra le differenti realtà di lotta del tempo.

.Il testo è stato rieditato da Asterisco Edizioni nel 2019, a cura di Elena Biagini, storica, autrice di contributi importanti sul movimento lesbico italiano, tra i quali, nel 2018, L’emersione imprevista. Il movimento delle lesbiche in Italia negli anni ’70 e ‘80” (Edizioni ETS).

Con la curatrice, che è anche docente di scuola superiore, dialogano Valentina Millozzi e Davide Zotti, insegnanti della Rete LGBTQI+ e Samanta Picciaiola, insegnante, presidente e referente del Gruppo scuola e formazione dell’Associazione Orlando. Nell’occasione, sarà anche presentata la guida “Classe arcobaleno”.

Intervengono:

𝐄𝐥𝐞𝐧𝐚 𝐁𝐢𝐚𝐠𝐢𝐧𝐢 Ricercatrice indipendente, insegnante, curatrice di M.Spolato, I movimenti omosessuali di liberazione

𝐕𝐚𝐥𝐞𝐧𝐭𝐢𝐧𝐚 𝐌𝐢𝐥𝐥𝐨𝐳𝐳𝐢Insegnante, CESP Bologna e Rete Insegnanti/Educat*LGBTQI+

𝐃𝐚𝐯𝐢𝐝𝐞 𝐙𝐨𝐭𝐭𝐢Insegnante, CESP Trieste e Rete Insegnanti/Educat*LGBTQI+

𝐒𝐚𝐦𝐚𝐧𝐭𝐚 𝐏𝐢𝐜𝐜𝐢𝐚𝐢𝐨𝐥𝐚Insegnante, presidente dell’Associazione Orlando📚 Bookshop a cura della Libreria delle donne di Bologna

14 maggio 2022, 19:00 @ Porta Pratello

Porta Pratello , via Pietralata 58 – Bologna

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Sciopero del 6 maggio: no alla gerarchia tra docenti e alla formazione incentivata, sì ad aumenti significativi per tutte/i

Il “governo dei migliori” ha deciso di accelerare e di portare a casa uno dei tanti obiettivi che molti ministri (a partire da Berlinguer con il “concorsaccio”) hanno provato a conseguire: differenziare gli stipendi degli insegnanti e creare docenti di seria A e B. Secondo il Decreto scuola, dal 2023/24 nella scuola italiana troveremo tre diverse tipologie di docenti:

1. Chi si “limiterà” a svolgere il lavoro in classe e resterà con gli aumenti legati agli scatti di anzianità (ma sarà comunque obbligato a seguire corsi di formazione sulla didattica digitale)

2. Chi deciderà di partecipare alla lotteria della formazione incentivata

3. I neoimmessi in ruolo che dal 2023/24 saranno obbligati a svolgere la formazione incentivata

Il meccanismo è perverso: i docenti che vorranno aumentare il proprio stipendio dovranno aggiornarsi gratuitamente per tre anni, e poi sottoporsi al comitato di valutazione (formato da insegnanti e con il preside di un’altra scuola o un dirigente tecnico). Il comitato di valutazione potrà però promuovere solo il 50% dei docenti che faranno richiesta, per cui la metà avrà lavorato gratuitamente e inutilmente. I promossi potranno decidere se continuare la “carriera” ed avviarsi verso un altro triennio di formazione (sempre gratuitamente) al termine del quale (se rientreranno nel 50% dei promossi) avranno un ulteriore aumento di stipendio. Altro che condivisione e collegialità! La competizione si accamperà al centro della scuola. Il monte orario della formazione e la quantificazione degli aumenti salariali saranno definiti in accordo con i sindacati e inseriti nel contratto nazionale. L’operazione sarà finanziata con i fondi del PNRR, spostando (dal 2028) le risorse utilizzate per la carta del docente e “mediante razionalizzazione dell’organico di diritto effettuata a partire dall’anno scolastico 2026/2027″, cioè tagliando  9.600 cattedre, una vergogna di fronte alle classi “pollaio“. Il tutto organizzato da un nuovo “carrozzone” genera-stipendi, la Scuola di Alta formazione dell’istruzione diretto dai presidenti di INVALSI e INDIRE insieme ad altre “personalità” nominate dal Ministro; e la scuola vi potrà inserire soggetti privati. Sarà dunque ancora l’INVALSI a orientare la formazione e la didattica nella scuola e i contenuti saranno quelli che da anni i docenti sperimentano: didattica digitale, inclusione intesa come medicalizzazione, orientamento inteso come marketing, competenze intese come addestramento, ecc. ecc., corsi umilianti professionalmente e intellettualmente, in cui i docenti si riducono ad essere carne gratuita da stipendio per formatori spesso discutibili. Ma il vero business si genererà con il meccanismo della certificazione; infatti la Scuola di Alta formazione si raccorderà “con soggetti pubblici e privati fornitori di servizi certificati di formazione”; si svilupperà ulteriormente quel mercato delle certificazioni che rappresenta uno strumento di progressiva privatizzazione della scuola.

L’obiettivo del governo è dividere e gerarchizzare i docenti, creare una presunta élite che avrà uno stipendio maggiorato e, magari, anche punteggio aggiuntivo per la graduatoria interna e per la mobilità, come era previsto nelle prime versioni. Questa “formazione” non porta ad un aumento della qualità dell’insegnamento, ma punta a veicolare all’interno delle classi quel ciarpame didattico che già tanti danni ha causato, producendo un analfabetismo cognitivo di ritorno. Dobbiamo fermare il governo e impedire che i sindacati confederali si limitino a salvaguardare le loro prerogative senza modificare la sostanza. La “riforma”:

 ● rafforza i “cerchi magici” intorno ai presidi mentre la scuola ha bisogno di potenziare gli organi collegiali e recuperare le loro prerogative erose dai presidi;

● divide e gerarchizza i docenti mentre nella scuola c’è bisogno di maggiore condivisione e collegialità;

● implementa una didattica che esalta tutto ciò che si svolge fuori della classe, mentre un serio progetto di aggiornamento (retribuito) dovrebbe rafforzare la didattica delle discipline per combattere l’analfabetismo cognitivo.

IL 6 MAGGIO SCIOPERIAMO!

  • contro la differenziazione degli stipendi, contro il nuovo percorso ad ostacoli del reclutamento, contro i quiz Invalsi e la “neo-didattica”
  • per destinare i soldi del PNRR all’edilizia scolastica, alla riduzione del numero di alunni per classe, alle assunzioni
  • perché i fondi per gli aumenti per le spese militari siano indirizzati a sostenere scuola, sanità e stato sociale
  • per il rinnovo del CCNL con incrementi salariali ugualitari per evitare che la ripresa dell’inflazione riduca ulteriormente il potere d’acquisto degli stipendi, già diminuito del 20% negli ultimi decenni.
  • per utilizzare i docenti rientrati dalla sospensione senza demansionamento e prolungamento di orario
  • contro il lavoro gratuito  e le morti sul lavoro degli studenti nei PCTO.

                                                                                                          COBAS SCUOLA