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Comunicato sul silenzio per Giulia Cecchettin

Bologna, 21 novembre 2023

Oggi è stato chiesto alle scuole di osservare un minuto di silenzio, ma noi non vogliamo stare in silenzio. Al contrario, vogliamo fare rumore. Vogliamo prendere la parola per parlare di ciò che è accaduto a Giulia e che accade tutti i giorni sotto i nostri occhi, nelle nostre vite e anche nelle nostre classi. Siamo consapevoli di avere delle responsabilità. Come insegnanti sappiamo quanto sia importante trovare le parole per dirlo. Le parole per denunciare, le parole per capire, le parole per esprimere e per condividere. Per questo non accettiamo oggi di stare in silenzio.

Vogliamo partire dalle parole di Elena,

la sorella di Giulia, che pensiamo debbano essere lette in tutte le classi, soprattutto dagli uomini. Contro la violenza non è più il momento del silenzio, è necessario prendere parola. Invitiamo tutti e tutte a leggerle, discutere nelle classi e a fare in modo che questo ennesimo terribile femminicidio e che il prossimo 25 novembre diventino un’occasione per interrogarsi, un’occasione di cittadinanza attiva nelle classi.

Queste le parole di Elena che leggeremo e discuteremo con gli alunni e le alunne:

“Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I «mostri» non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura. 

Viene spesso detto «non tutti gli uomini». Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio. 

Il femminicidio è un omicidio di Stato,

perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’ amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto.” Elena Cecchettin

COBAS SCUOLA BOLOGNA