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COL SILENZIO/ASSENSO ESPERO CI VUOLE TOGLIERE IL TFR

Ulteriore truffa ai danni dei lavoratori e delle lavoratrici della scuola!

Se all’inizio del 2007 la preda dei cacciatori dell’industria del risparmio gestito era stato il TFR di lavoratrici e lavoratori del settore privato, ora tocca al settore pubblico.

Dopo l’accordo di settembre 2021 sul Fondo pensione Perseo‐Sirio per i comparti pubblici extra‐scuola, il 16 novembre 2023, è stato sottoscritto definitivamente l’Accordo sulla regolamentazione inerente alle modalità di espressione della volontà di adesione al Fondo pensione Espero, anche mediante forme di silenzio-assenso, ed alla relativa disciplina di recesso del lavoratore.

Cosa prevede questo accordo?

  • Si applica al personale assunto, dopo il 1° gennaio 2019, nelle amministrazioni pubbliche destinatarie del Fondo Nazionale Pensione Complementare per i lavoratori della Scuola Fondo Pensione Espero, il fondo di previdenza complementare negoziale a cui possono aderire tutti i lavoratori della scuola e delle Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.
  • Prevede sia l’adesione espressa, mediante una esplicita manifestazione di volontà dell’aderente, sia l’adesione mediante silenzio-assenso (cosiddetta “adesione tacita”)
  • Per questo secondo caso (il silenzio-assenso), l’accordo definisce modalità e regole che assicurino una puntuale ed esaustiva informazione per i neo-assunt*. Si prevede, infatti, che il lavoratore al momento dell’assunzione riceva una dettagliata informativa dalla propria amministrazione, contenente informazioni generali sulla previdenza complementare e informazioni specifiche sul Fondo Espero, anche mediante rinvio al sito web del Fondo o di siti web istituzionali, sulla possibilità di iscriversi e sul meccanismo del silenzio-assenso. Nei nove mesi successivi, il lavoratore può iscriversi espressamente o dichiarare che non vuole iscriversi (in tale ultimo caso, naturalmente, non scatta il meccanismo del silenzio-assenso). Se non fa né l’una né l’altra cosa allo scadere dei nove mesi egli è iscritto. Riceverà, quindi, una seconda comunicazione, stavolta da parte del Fondo Espero, che lo informerà dell’avvenuta iscrizione evidenziando anche che, entro un mese, potrà esercitare il diritto di recesso. Solo dopo che è trascorso questo ulteriore periodo, senza che sia stata manifestata alcuna volontà, l’iscrizione si perfeziona.

I SINDACATI CONFEDERALI, CHE HANNO FORTEMENTE VOLUTO QUESTO ACCORDO, DOVREBBERO VERGOGNARSI!

Invece di lottare per adeguare gli stipendi all’inflazione, decidono, nascondendolo ai lavoratori e con la trappola del silenzio – assenso, di utilizzare il tfr per arricchire le casse del “loro” fondo pensione, visto che in 20 anni non sono riusciti a convincere più del 10% della categoria all’adesione volontaria.

Noi non abbiamo la volontà di fare i consulenti finanziari, imbarcandoci in dimostrazioni su cosa sia vantaggioso e cosa no, e siamo coscienti che quell’1% aggiunto dallo Stato, a carico quindi della fiscalità generale, ma a beneficio unicamente di chi effettua questa scelta privatistica, possa essere allettante. Ciò non toglie che l’intera operazione sia eticamente, politicamente e sindacalmente ignobile per chi la propone al posto della tutela della previdenza pubblica, anzi, dopo aver contribuito ad affossarla. E vogliamo al proposito fare alcune considerazioni:

  • Il TFR è salario differito, cioè sono soldi del/la lavoratore/rice, messi lì da parte. Che qualcuno si arroghi il diritto di prenderseli in gestione semplicemente attraverso il silenzio del dipendente dà l’idea di un borseggio con scaltrezza. Rivendichiamo che sia il/la lavoratore/rice a poter decidere cosa fare dei propri quattrini, con una propria esplicita scelta, non veicolata dal “silenzio”.
  • Ricordiamo che aderendo ad ESPERO l’unica certezza è che non si riceverà più il TFR, cioè un accantonamento annuo che corrisponde quasi al valore di una mensilità e che ha una rivalutazione annua pari all’1,5% fisso più il 75% del tasso di inflazione (per giugno 2022 è complessivamente del 4,8%, ISTAT).
  • Nessuna garanzia di questo tipo può essere data da ESPERO e, al limite, neppure la restituzione delle somme versate, in quanto gran parte degli importi sono investiti in azioni, obbligazioni, titoli di stato. Può andar meglio che col TFR? Certo! Può andar peggio? Altrettanto certo!
  • Docenti e ATA sono esclusi da qualsivoglia controllo circa la qualità e il valore etico degli investimenti effettuati dai fondi pensione, cosa che non avviene neppure nei piani proposti dalle banche, nei quali si può decidere, ad esempio, di evitare di puntare su cose tipo armi o energie fossili… che possono far bene alle proprie tasche, ma sicuramente non al pianeta e a chi ci vive.
  • La scelta di destinare il proprio TFR ai fondi pensione è irreversibile e non ammette ripensamenti.

La previdenza integrativa è priva di difese contro l’inflazione. 

Molto meglio il Tfr

Con l’inflazione i nodi vengono al pettine. I risultati di fondi pensione e piani individuali pensionistici (Pip) sono disastrosi.

La questione è attuale perché è uscita la relazione annuale della Covip, organo di vigilanza. Ma come sarebbe andata si era capito già a fine 2022-inizio 2023, tanto che persino la stampa economica si era convertita. Sullo stesso Corriere della Sera, sistematicamente schierato a favore della previdenza integrativa, si scriveva infatti che “tenersi stretto il Tfr è al momento la soluzione più saggia”.

I dati per il 2022 sono eclatanti. Ragioniamo sui risultati lordi, non inficiati da favori e dispetti fiscali. La rivalutazione del Tfr dei lavoratori dipendenti è stata del 10%, negativi invece i rendimenti medi della previdenza integrativa; negativi già in termini nominali: dal -9,8% al -11,5% a seconda dello strumento. Come dire? Più 10 da una parte, meno 10 dall’altra. Anche per linee cosiddette garantite dei fondi pensione è stata una batosta: una perdita reale media del 15,6%.

Tutto ciò non è conseguenza di qualche evento inimmaginabile, bensì della più grave stortura della previdenza integrativa: la totale assenza di tutela del potere d’acquisto.

Non facciamoci ingannare: denunciamo l’ennesimo attacco antidemocratico portato avanti dai Sindacati Confederali ai danni dei lavoratori e delle lavoatrici. 

Teniamoci stretto il nostro TFR!!

 Appello per il cessate il fuoco a Gaza 

Come Cobas scuola Bologna aderiamo, sosteniamo e invitiamo a firmare questo appello delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola “per il cessate il fuoco immediato e lo stop al massacro in Palestina, per il rispetto del diritto umanitario internazionale”

La petizione ha superato le 800 firme in una settimana.  Se hai già firmato puoi inoltrare il link a colleghe e colleghi ATA, docenti, educatori e educatrici o stampare il volantino con qr code. 

Chiediamo, dunque, che il cessate il fuoco attuale diventi permanente e la fine del regime di Apartheid in Palestina.


A questo link puoi leggere il testo completo on line e firmare l’appello.

Renderai visibile il tuo nome e cognome sulla piattaforma compilando il campo dei commenti.

Scarica qui il volantino con petizione e qr code da stampare e mettere nelle scuole.





Comunicato sul silenzio per Giulia Cecchettin

Bologna, 21 novembre 2023

Oggi è stato chiesto alle scuole di osservare un minuto di silenzio, ma noi non vogliamo stare in silenzio. Al contrario, vogliamo fare rumore. Vogliamo prendere la parola per parlare di ciò che è accaduto a Giulia e che accade tutti i giorni sotto i nostri occhi, nelle nostre vite e anche nelle nostre classi. Siamo consapevoli di avere delle responsabilità. Come insegnanti sappiamo quanto sia importante trovare le parole per dirlo. Le parole per denunciare, le parole per capire, le parole per esprimere e per condividere. Per questo non accettiamo oggi di stare in silenzio.

Vogliamo partire dalle parole di Elena, la sorella di Giulia, che pensiamo debbano essere lette in tutte le classi, soprattutto dagli uomini. Contro la violenza non è più il momento del silenzio, è necessario prendere parola. Invitiamo tutti e tutte a leggerle, discutere nelle classi e a fare in modo che questo ennesimo terribile femminicidio e che il prossimo 25 novembre diventino un’occasione per interrogarsi, un’occasione di cittadinanza attiva nelle classi.

Queste le parole di Elena che leggeremo e discuteremo con gli alunni e le alunne:

“Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I «mostri» non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura. 

Viene spesso detto «non tutti gli uomini». Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio. 

Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’ amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto.” Elena Cecchettin

COBAS SCUOLA BOLOGNA

Sciopero della scuola e del pubblico impiego 17 novembre 2023

Appuntamento alle ore 9.30 in Piazza della Mercanzia

I COBAS BOLOGNA SCENDONO IN PIAZZA:

– per il cessate il fuoco immediato e lo stop al massacro in Palestina;

– contro l’aumento delle spese militari e l’invio di armi in Ucraina e in tutte gli altri scenari di guerra;
– contro la finanziaria dei tagli alla sanità, alle pensioni e alla spesa sociale;
– contro le grandi opere inutili e dannose e gli investimenti nell’economia del fossile;
– contro il progetto di premierato e il parallelo percorso di autonomia differenziata;
– per un aumento generalizzato degli stipendi del personale della scuola;
– contro lo sfruttamento dei precari, il nuovo sistema di reclutamento e le logiche dell’algoritmo;
– contro la gerarchizzazione della categoria e l’aumento indiscriminato delle richieste da parte dei dirigenti.

COBAS BOLOGNA

I COBAS SCUOLA ADERISCONO AL PRESIDIO CONTRO IL PATROCINIO DI ISRAELE DEI LUCCA COMICS E LO SFRUTTAMENTO DI LAVORATORI E STUDENTI

Zero Calcare, Fumettibrutti, Stefano Disegni, Amnesty International, Cgil..: si allunga di continuo l’ elenco di coloro che hanno deciso di disertare Lucca Comics per protestare contro il patrocinio dell’Ambasciata d’Israele. E’ vero che il patrocinio è stato concordato ben prima dell’orribile azione di Hamas del 7 ottobre (1400 israeliani uccisi e circa 250 ostaggi deportati) e del massacro dei palestinesi di Gaza. Ma la politica di apartheid, di colonizzazione ed erosione di territori, di discriminazioni nei confronti degli stessi arabi israeliani è cominciata ben prima del 7 ottobre: basti pensare che solo nel 2023 prima del 7 ottobre in Cisgiordania si sono registrati 147 morti per mano dell’esercito o dei coloni israeliani. Quindi, quel patrocinio si rivela una scelta politico culturale che avalla la politica del governo israeliano. Ma oggi stride ancora di più di fronte agli 8.362 morti civili, di cui 3542 bambini, tra i palestinesi di Gaza. Si tratta di diritto alla difesa o di vendetta, come ha detto esplicitamente un esponente del governo israeliano? Se si seguisse la triste logica del confronto statistico tra i morti si potrebbe forse anche parlare di rappresaglia.

Fermare la catastrofe umanitaria e il massacro è la premessa indispensabile per offrire una chance di pace a palestinesi e israeliani nell’ambito di uno Stato multietnico, multiculturale, laico e che garantisca a tutti il rispetto del principio di uguaglianza e la libertà religiosa. In fondo non è a questo che fa pensare lo stesso Asaf Hanuka (che, insieme al fratello, comunque non verrà a Lucca) quando nel presentare Arab jew scrive: “la mia famiglia proviene .. dal Kurdistan e dall’ Iraq…Erano ebrei ma profondamente radicati nella cultura araba. Parlavano arabo, assomigliavano agli arabi e apprezzavano la cucina araba. Tuttavia, l’influenza del movimento sionista, di origine europea, li ha spinti a fare una scelta: identificarsi come ebrei o arabi, anche se erano entrambi le cose”.

Ma Lucca Comics, purtroppo, si caratterizza da anni anche per lo sfruttamento dei lavoratori (alcuni pagati molto meno dei 9 o 10 euro lordi all’ora di cui si parla per il salario minimo legale) e degli studenti in alternanza scuola lavoro o PCTO. Tante volte abbiamo visto i ns studenti controllare il braccialetto all’ingresso dei padiglioni. Quanto tempo ci vuole per imparare questa complessa e difficile mansione? Mezz’ora, 10 minuti, 5 minuti? Il resto che cos’è se non sfruttamento di lavoro gratuito? Il lavoro gratuito è un ossimoro in netto contrasto con l’art. 36 della Costituzione: “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del suo lavoro e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Quale crescita formativa e soprattutto civile è garantita in questo modo? 

Per questi motivi aderiamo al presidio del 3 novembre alle ore 16 in P.zza Ricasoli a Lucca.

Esecutivo provinciale dei Cobas scuola della provincia di Lucca

Presentazione del libro “E la scuola va alla guerra … La militarizzazione della scuola italiana ” 27 ott h 18

Come Cobas Scuola Bologna organizziamo venerdì 27 ottobre dalle 18 alle 20 la presentazione del libro di Antonio Mazzeo “E la scuola va alla guerra – la militarizzazione dell’Istruzione in Italia”. 

Pensiamo, infatti, che sia importante costruire momenti di dibattito pubblico sugli effetti che la guerra in Ucraina e le altre crisi globali (sanitarie, climatiche, umanitarie) stanno portando nella nostra società, in cui la presenza dei militari è sempre più invadente. 

Il nostro punto d’osservazione privilegiato è la scuola, ma ci pare che questo tema possa interessare non solo lə insegnanti, ma tutte le persone che vogliono essere più consapevoli e provare a contrastare le trasformazioni che stanno prendendo forma e preparano la società futura. 

Antonio Mazzeo è autore di altri libri sul tema della militarizzazione (https://www.ibs.it/libri/autori/antonio-mazzeo) ed è membro attivo dell’Osservatorio contro la militarizzazione della scuola. 

Dialogano con l’autore Gianluca Gabrielli e Elsa Caroli

Come sempre, i COBAS a fianco e in sostegno del popolo palestinese

13/10/2023

L’operazione militare dispiegata da Hamas ha colto di sorpresa il potente dispositivo di guerra israeliano e i sistemi di intelligence mondiali. Il governo fascista di Netanyahu, sorto con lo scopo dell’ulteriore “pulizia etnica” e dell’annessione dei Territori Occupati dal 1967, è costretto ad invocare un governo di unità nazionale per gestire l’annientamento di Hamas, radendo al suolo Gaza dopo aver tagliato ai suoi due milioni di residenti i viveri, acqua, luce e gas, ovvero un crimine di guerra.

Essendo noi sempre stati schierati con le forze laiche e di sinistra che per decenni hanno guidato le lotte dei palestinesi, siamo lontani anni luce dall’integralismo islamista di Hamas e della Fratellanza Musulmana – dedita da sempre a intensificare lo scontro tra religioni, civiltà e culture – di cui Hamas fa parte, e tanto più dalla collusione e appoggio che essi danno alla orrenda dittatura iraniana o al regime fascista di Erdogan in Turchia; e ci ripugnano, chiunque ne sia il responsabile, le uccisioni di civili. Ma va preso atto che, per insipienza o corruzione di altre forze come l’ANP, che pure hanno avuto a lungo il sostegno di tanti palestinesi, oggi Hamas ha il consenso di una parte significativa della gioventù palestinese a Gaza ma anche in Cisgiordania. Ed in ogni caso, la nostra evidente ed enorme lontananza politica e ideale da Hamas e dall’integralismo islamista non ci fa oscurare la questione centrale: in questi decenni, e con ulteriore accelerazione negli ultimi anni, l’aggressore e l’oppressore è stato, ed è, Israele, e aggrediti e oppressi sono stati, e sono, i palestinesi. Al cui fianco e al cui sostegno dunque i COBAS si confermano, nella convinzione che pace non ci sarà finchè Israele non accetterà la convivenza paritaria, egualitaria e a-confessionale con il popolo palestinese.

Ogni guerra ha i suoi orrori e per lo più sono i civili a pagarne le conseguenze: e quello della falcidia dei giovani israeliani al rave nel deserto del Negev è uno di quelli che non dovrebbero mai accadere, visto che la cultura dei liberatori dovrebbe essere in grado di cancellare la barbarie “dell’occhio per occhio”. Però la resistenza palestinese ha il pieno diritto di combattere e agire per liberarsi dalla ferocia dell’occupazione: diritto riconosciuto anche da decine di risoluzioni dell’ONU e dalla Relazione 2023 sui diritti umani in Palestina ” negati e violati dal regime d’apartheid e di deterrenza israeliani”. Siamo dunque, come sempre, a fianco del popolo palestinese, mobilitati per far cessare l’occupazione così da dare una speranza alla coesistenza pacifica in quei territori e nel Medio Oriente. Chiediamo il cessate il fuoco e la fine dei bombardamenti, contro l’invasione e la distruzione di Gaza.

VITA , TERRA , LIBERTA’ PER IL POPOLO PALESTINESE

Esecutivo nazionale Confederazione COBAS

3 ottobre – Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione. Stop all’indifferenza!

Sin dal 2016, come stabilito dalla legge 21 marzo 2016, n. 45 la “Repubblica riconosce il giorno 3 ottobre quale Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione […], al fine di conservare e di rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria” e promuove iniziative per “sensibilizzare l’opinione pubblica alla solidarietà civile nei confronti dei migranti, al rispetto della dignità umana e del valore della vita di ciascun individuo, all’integrazione e all’accoglienza”.

Ciononostante, dal 2014 a marzo 2023 sono 26.257 le persone morte o disperse nel Mediterraneo, e dall’inizio del 2023 i morti accertati sono quasi 2.000 ma la cifra, viste le notizie degli ultimi giorni, è destinata a crescere. La rotta mediterranea rimane di gran lunga la più pericolosa al mondo per le persone migranti. A cosa serve allora la memoria? Come insegnanti riteniamo che essa possa essere un antidoto contro l’indifferenza e possa ricordarci come la banalità del male sia sempre attuale.

In un decreto legge n. 124 pubblicato il 19 settembre i CPR (Centri di permanenza per il rimpatrio) e i centri di accoglienza straordinaria diventano “opere destinate alla difesa e sicurezza nazionale”. A quanto pare i nuovi centri verranno progettati e costruiti dal Ministero della difesa e controllati dalle forze dell’ordine; gli immigrati clandestini potranno essere reclusi per 18 mesi. Inoltre un decreto attuativo della Legge Cutro del 14 settembre 2023 prevede che gli irregolari possano evitare la reclusione pagando 5.000 euro, una modalità che ricorda quanto queste persone sperimentano in Libia. Tutto questo succede mentre continuano a morire persone in mare nella noncuranza generale e mentre la fortezza Europa blinda sempre di più i propri confini non permettendo viaggi sicuri a chi si vuole spostare a causa di guerre, cambiamenti climatici o in cerca di una vita diversa.

Riteniamo profondamente ingiusto vivere in un mondo in cui solo una ristretta parte di persone può prendere l’aereo e spostarsi liberamente, mentre la maggioranza è costretta a rischiare la propria vita affidandola nel migliore dei casi alla fortuna, nel peggiore a trafficanti.

Il rischio più grande per gli/le alunni/e abituati sin da piccoli a vedere immagini e sentire notizie di questi orrori è che arrivino a pensare che sia inevitabile e quindi normale. L’indifferenza è il nostro peggior nemico e l’unico modo di combatterla è continuare a parlarne problematizzando quello che spesso viene strumentalmente semplificato: analizziamo con loro i dati ufficiali, ridiamo un volto e un’umanità ai numeri, storicizziamo il fenomeno, rileggiamo insieme in modo critico i giornali e i siti d’informazione. Riappropriamoci del nostro ruolo di educatrici ed educatori e diamo senso a una giornata che altrimenti rischia di essere soltanto retorica. Dedichiamo la giornata ad attività didattiche specifiche in modo che il ricordo e la commemorazione diventino esercizio di memoria e di cittadinanza attiva.

COBAS SCUOLA BOLOGNA