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Normativa sui permessi per motivi personali

Normativa dei permessi per motivi personali a scuola.

Permessi normativa scuola

Per i dipendenti a tempo determinato

In merito a normativa dei permessi per motivi personali a scuola, per i dipendenti a tempo determinato il nuovo contratto 2019-2021 ha stabilito quanto previstoall’art. 35 comma 12 e 13:

comma 12. Il personale docente, educativo ed ATA assunto con contratto a tempo determinato per l’intero anno scolastico (31 agosto) o fino al termine delle attività didattiche (30 giugno), ivi compreso quello di cui al comma 5, ha diritto, a domanda, a tre giorni di permesso retribuito nell’anno scolastico, per motivi personali o familiari, documentati anche mediante autocertificazione. Per il personale ATA tali permessi possono anche essere fruiti ad ore, con le modalità di cui all’art. 67 (permessi orari retribuiti per motivi personali o familiari).

comma 13. Al personale docente, educativo ed ATA assunto con contratto a tempo determinato diverso da quello di cui al comma 12 sono, invece, attribuiti permessi non retribuiti, fino ad un massimo di sei giorni ad anno scolastico, per i motivi previsti dall’art.15, comma 2 del CCNL 29/11/2007.

Per il personale ATA a tempo indeterminato si fa riferimento agli articoli 67 e 68 del CCNL 2019-2021:

Art 67. comma 1: Il personale ATA ha diritto, a domanda, a 18 ore di permesso retribuito nell’anno scolastico, per motivi personali o familiari, documentati anche mediante autocertificazione

Art. 69. Ai dipendenti ATA sono riconosciuti specifici permessi per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici, fruibili su base sia giornaliera che oraria, nella misura massima di 18 ore per anno scolastico, comprensive anche dei tempi di percorrenza da e per la sede di lavoro.

Per le docenti a tempo indeterminato


La normativa di riferimento per i permessi a scuola per le docenti a tempo indeterminato è l’art.15, comma 2, del CCNL scuola 2006-2009, rimasto in vigore ai sensi dell’art.1, comma 10, del CCNL scuola 2016-2018.


Nella norma è scritto: “Il dipendente, inoltre, ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione. Per gli stessi motivi e con le stesse modalità, vengono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, comma 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma”.

Si precisa, quindi, che nell’ultimo periodo del comma 2 dell’art.15 del CCNL scuola 2006/2009 è chiarito senza ombra di dubbio che è possibile fruire, dopo i tre giorni di permessi retribuiti, anche dei sei giorni di ferie, che verrebbero fruiti anziché come semplici ferie, allo stesso modo dei permessi retribuiti.


Giurisprudenza a senso unico


È ormai nota e reperibile facilmente in rete la giurisprudenza riguardo alle modalità di fruizione dei permessi personali e in particolare del godimento del diritto dei 6 giorni di ferie, previsti dal comma 9 art. 13 del CCNL scuola, ma fruiti ai sensi dell’art.15, comma 2 del medesimo contratto.

Il Tribunale di Velletri, con sentenza n. 378/2019 pubblicata il 05/03/2019, riconosce ad un docente il diritto a fruire, al posto dei sei giorni di ferie, ai sensi dell’art.13, comma 9 del CCNL scuola, di sei giorni di permesso retribuito per motivi familiari e personali senza la necessità che vi sia un atto di concessione da parte del Dirigente Scolastico.


Il Tribunale di Cuneo con la sentenza n.15 del 28 gennaio 2020, riconosce che la legge di bilancio 2013 all’art. 1 comma 54 si riferisce solamente alle ferie fruibili con l’art.13 del CCNL e in nessun modo abroga l’art.15 comma 2 e il suo ultimo periodo. Per cui è acclarato che i giorni di permesso retribuito possono essere fruiti fino ad un massimo di nove giorni e non solo tre come credono alcuni Ds.

Il Tribunale di Ferrara con sentenza n.54 del 2019, pubblicata il 2 aprile 2019, ha chiarito che l’articolo 15 del CCNL prevede il diritto del dipendente ad utilizzare sino a 6 giorni delle proprie ferie per motivi familiari o personali trasformandole in un’altra tipologia di assenza, cioè nel permesso retribuito per motivi personali e familiari.

La sentenza del Tribunale di Fermo n.53 del 26 maggio 2020 ha stabilito che: “Dal tenore letterale della norma (art. 15 c. 2 CCNL Scuola) si evince chiaramente che i permessi retribuiti per motivi personali o familiari sono da qualificarsi come un vero e proprio diritto del lavoratore non subordinato a valutazioni del Dirigente scolastico e fruibili per effetto della mera presentazione della relativa domanda”.

Il Tribunale di Milano ha cancellato, con sentenza n.2272 dell’ottobre 2019, una sanzione disciplinare inflitta da un dirigente scolastico ad un docente che si era assentato da scuola dopo avere comunicato alla scuola la fruizione di alcuni giorni di permesso retribuito per motivi personali.

Sulla base della disciplina contrattuale, specifica la sentenza di Milano, se il personale docente chiede di poter fruire di sei giorni non come ferie ma come permessi retribuiti per “motivi personali e familiari”, tali giorni devono essere attribuiti a semplice domanda e sono sottratti alla discrezionalità del Dirigente Scolastico.

COL SILENZIO/ASSENSO ESPERO CI VUOLE TOGLIERE IL TFR

Ulteriore truffa ai danni dei lavoratori e delle lavoratrici della scuola!


Se all’inizio del 2007 la preda dei cacciatori dell’industria del risparmio gestito era stato il TFR di lavoratrici e lavoratori del settore privato, ora tocca al settore pubblico.

Dopo l’accordo di settembre 2021 sul Fondo pensione Perseo‐Sirio per i comparti pubblici extra‐scuola, il 16 novembre 2023, è stato sottoscritto definitivamente l’Accordo sulla regolamentazione inerente alle modalità di espressione della volontà di adesione al Fondo pensione Espero, anche mediante forme di silenzio-assenso, ed alla relativa disciplina di recesso del lavoratore.

Cosa prevede questo accordo?

  • Si applica al personale assunto, dopo il 1° gennaio 2019, nelle amministrazioni pubbliche destinatarie del Fondo Nazionale Pensione Complementare per i lavoratori della Scuola Fondo Pensione Espero, il fondo di previdenza complementare negoziale a cui possono aderire tutti i lavoratori della scuola e delle Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.
  • Prevede sia l’adesione espressa, mediante una esplicita manifestazione di volontà dell’aderente, sia l’adesione mediante silenzio-assenso (cosiddetta “adesione tacita”)
  • Per questo secondo caso (il silenzio-assenso), l’accordo definisce modalità e regole che assicurino una puntuale ed esaustiva informazione per i neo-assunt*. Si prevede, infatti, che il lavoratore al momento dell’assunzione riceva una dettagliata informativa dalla propria amministrazione, contenente informazioni generali sulla previdenza complementare e informazioni specifiche sul Fondo Espero, anche mediante rinvio al sito web del Fondo o di siti web istituzionali, sulla possibilità di iscriversi e sul meccanismo del silenzio-assenso. Nei nove mesi successivi, il lavoratore può iscriversi espressamente o dichiarare che non vuole iscriversi (in tale ultimo caso, naturalmente, non scatta il meccanismo del silenzio-assenso). Se non fa né l’una né l’altra cosa allo scadere dei nove mesi egli è iscritto. Riceverà, quindi, una seconda comunicazione, stavolta da parte del Fondo Espero, che lo informerà dell’avvenuta iscrizione evidenziando anche che, entro un mese, potrà esercitare il diritto di recesso. Solo dopo che è trascorso questo ulteriore periodo, senza che sia stata manifestata alcuna volontà, l’iscrizione si perfeziona.

I SINDACATI CONFEDERALI, CHE HANNO FORTEMENTE VOLUTO QUESTO ACCORDO, DOVREBBERO VERGOGNARSI!

Invece di lottare per adeguare gli stipendi all’inflazione, decidono, nascondendolo ai lavoratori e con la trappola del silenzio – assenso, di utilizzare il tfr per arricchire le casse del “loro” fondo pensione, visto che in 20 anni non sono riusciti a convincere più del 10% della categoria all’adesione volontaria.

Noi non abbiamo la volontà di fare i consulenti finanziari, imbarcandoci in dimostrazioni su cosa sia vantaggioso e cosa no, e siamo coscienti che quell’1% aggiunto dallo Stato, a carico quindi della fiscalità generale, ma a beneficio unicamente di chi effettua questa scelta privatistica, possa essere allettante. Ciò non toglie che l’intera operazione sia eticamente, politicamente e sindacalmente ignobile per chi la propone al posto della tutela della previdenza pubblica, anzi, dopo aver contribuito ad affossarla. E vogliamo al proposito fare alcune considerazioni:

  • Il TFR è salario differito, cioè sono soldi del/la lavoratore/rice, messi lì da parte. Che qualcuno si arroghi il diritto di prenderseli in gestione semplicemente attraverso il silenzio del dipendente dà l’idea di un borseggio con scaltrezza. Rivendichiamo che sia il/la lavoratore/rice a poter decidere cosa fare dei propri quattrini, con una propria esplicita scelta, non veicolata dal “silenzio”.
  • Ricordiamo che aderendo ad ESPERO l’unica certezza è che non si riceverà più il TFR, cioè un accantonamento annuo che corrisponde quasi al valore di una mensilità e che ha una rivalutazione annua pari all’1,5% fisso più il 75% del tasso di inflazione (per giugno 2022 è complessivamente del 4,8%, ISTAT).
  • Nessuna garanzia di questo tipo può essere data da ESPERO e, al limite, neppure la restituzione delle somme versate, in quanto gran parte degli importi sono investiti in azioni, obbligazioni, titoli di stato. Può andar meglio che col TFR? Certo! Può andar peggio? Altrettanto certo!
  • Docenti e ATA sono esclusi da qualsivoglia controllo circa la qualità e il valore etico degli investimenti effettuati dai fondi pensione, cosa che non avviene neppure nei piani proposti dalle banche, nei quali si può decidere, ad esempio, di evitare di puntare su cose tipo armi o energie fossili… che possono far bene alle proprie tasche, ma sicuramente non al pianeta e a chi ci vive.
  • La scelta di destinare il proprio TFR ai fondi pensione è irreversibile e non ammette ripensamenti.

La previdenza integrativa è priva di difese contro l’inflazione. 

Molto meglio il Tfr

  1. Con l’inflazione i nodi vengono al pettine. I risultati di fondi pensione e piani individuali pensionistici (Pip) sono disastrosi.
  2. La questione è attuale perché è uscita la relazione annuale della Covip, organo di vigilanza. Ma come sarebbe andata si era capito già a fine 2022-inizio 2023, tanto che persino la stampa economica si era convertita. Sullo stesso Corriere della Sera, sistematicamente schierato a favore della previdenza integrativa, si scriveva infatti che “tenersi stretto il Tfr è al momento la soluzione più saggia”.
  3. I dati per il 2022 sono eclatanti. Ragioniamo sui risultati lordi, non inficiati da favori e dispetti fiscali. La rivalutazione del Tfr dei lavoratori dipendenti è stata del 10%, negativi invece i rendimenti medi della previdenza integrativa; negativi già in termini nominali: dal -9,8% al -11,5% a seconda dello strumento. Come dire? Più 10 da una parte, meno 10 dall’altra. Anche per linee cosiddette garantite dei fondi pensione è stata una batosta: una perdita reale media del 15,6%.
  4. Tutto ciò non è conseguenza di qualche evento inimmaginabile, bensì della più grave stortura della previdenza integrativa: la totale assenza di tutela del potere d’acquisto.

Non facciamoci ingannare: denunciamo l’ennesimo attacco antidemocratico portato avanti dai Sindacati Confederali ai danni dei lavoratori e delle lavoatrici. 

Teniamoci stretto il nostro TFR!!


Tradotto: per non cadere nella trappola del silenzio assenso invitiamo i e le colleghe assunte dopo il 1^ Gennaio 2019 (*) e tutti quelli che saranno assunti con le nuove tornate, di consegnare in segreteria della propria scuola e far protocollare il seguente modulo e inviarlo anche via PEC o raccomandata a ESPERO.

TITOLI DI ACCESSO DOCENTI

Per poter partecipare ai concorsi o iscriversi alle graduatorie scolastiche sono richiesti determinati titoli di accesso. (Qui la pagina del MIM relativa ai titoli di accesso https://www.miur.gov.it/titoli-di-accesso).

SCUOLA DELL’INFANZIA E PRIMARIA

  • Laurea in Scienze della formazione primaria (titolo abilitante all’insegnamento – art. 6, Legge 169/2008);
  • Diploma Magistrale o Diploma di Liceo Socio-Psico-Pedagogico o Diploma sperimentale a indirizzo linguistico conseguito entro l’anno scolastico 2001-2002 (titolo abilitante all’insegnamento – DM 10 marzo 1997).
  • A partire dall’anno 2020 è possibile, per chi è iscritto a Scienze della Formazione Primaria inserirsi nella seconda fascia delle graduatorie provinciali delle supplenze (GPS) anche prima del conseguimento del titolo (O.M. 60/2020, riconfermata in ultimo da OM 112/2022). Nello specifico si tratta di studenti che nell’anno di composizione delle GPS (nell’anno accademico 2021/2022 per le GPS attualmente valide) risultano iscritti al terzo, quarto o al quinti anno del corso di laurea in Scienze della Formazione primaria, avendo assolto – rispettivamente – almeno 150, 200 e 250 CFU entro il termine di presentazione dell’istanza.

SCUOLA SECONDARIA DI I e II GRADO

I requisiti di base richiesti in tutte le procedure che riguardano la scuola secondaria sono contenuti in due tabelle pubblicate nel documenti ministeriali DPR 19/2016 e DM 259/2017. In sintesi si tratta di: 

  • Titolo di laurea (Laurea di Vecchio Ordinamento, Laurea Specialistica o Magistrale di Nuovo Ordinamento, Diploma accademico di II livello, Diploma di Conservatorio o di Accademia di Belle Arti Vecchio Ordinamento -DPR 19/2016 e DM 259/2017); non è sufficiente la Laurea triennale.
  • Congiuntamente al possesso del titolo di laurea (o analoghi) è necessario aver conseguito determinati CFU/CFA riportati nelle tabelle suddette (DPR 19/2016 e DM 259/2017)
  • Diploma di scuola superiore (DPR 19/2016 e DM 259/2017): solo per gli insegnanti tecnico-pratici.

Per alcune procedure riguardanti la scuola secondaria sono necessari ulteriori 24 CFU nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche. Per questi si rimanda ad una trattazione specifica.

INSEGNANTI DI SOSTEGNO

I medesimi titoli sopraelencati sono necessari anche per partecipare alle procedure specifiche riguardanti gli insegnanti di sostegno, per i quali si rimanda ad una trattazione specifica.

Come controllare il possesso dei titoli?

  • Per insegnare nella scuola dell’infanzia e primaria si dovrà pertanto verificare il possesso della laurea in Scienze della Formazione Primaria o (in alternativa) il possesso del diploma magistrale conseguito prima del 2001-2002. Esclusivamente al fine dell’assegnazione delle supplenze sono considerati anche coloro che sono iscritti al terzo, quarto o quinto anno di corso di laurea di Scienze della Formazione primaria e hanno conseguito rispettivamente 150, 200 o 250 CFU entro la data di iscrizione delle GPS attualmente in vigore (OM 60/2020, OM 112/2022).
  • Per la scuola secondaria invece la verifica del titolo risulta meno lineare perché prevede il possesso combinato di un titolo di laurea e determinati crediti riportati in due tabelle ministeriali diverse (che dovranno essere verificate entrambe). Riportiamo dunque un esempio per seguire la procedura passo passo.

Esempio: posso insegnare italiano? In quali istituti?

Per verificare il possesso dei titoli:

  1. Aprire la tabella A contenuta nel DPR 19/2016

La tabella riporta i codici e i nomi delle classi di concorso, le lauree che costituiscono titolo di accesso a quelle classi di concorso, note di chiarimento sui crediti necessari e gli indirizzi di studio scolastici a cui le classi di concorso danno accesso (ovvero quali discipline in che tipo di istituti scolastici possono essere insegnate),

  1. Cercare all’interno, nelle colonne “Requisiti di accesso classi di abilitazioni” il proprio titolo di studio. Se si hanno dei dubbi ricontrollare il proprio attestato di laurea o di diploma. 

Es. ho una laurea in lettere moderne, sul mio attestato di laurea la dicitura è LM 14 – Filologia moderna

  1. Nelle prime due colonne è indicato il codice e il numero della classe di concorso a cui il possesso del titolo permette l’accesso (es. A-12 “Discipline letterarie negli istituti di istruzione secondaria di II grado). 
  2. Nell’ultima colonna sono indicate le materie e le scuole in cui è possibile insegnare con questa classe di concorso (es. A-12: Liceo Artistico, Liceo Linguistico, Liceo Musicale e coreutico etc…)
  3. Controllare eventuali annotazioni numerate ed esplicitate nella colonna “Note”. In questo spazio vengono indicati i crediti necessari o eventuali titoli congiunti

Nel caso specifico devo guardare la nota n. 7 che descrive i crediti necessari e i settori scientifici disciplinari (SSD) relativi (es. L-FIL-LET). I CFU possono essere stati acquisiti durante il percorso universitario (laurea triennale, specialistica, magistrale, scuole di specializzazione, master universitari) o anche come singoli esami.

 I CFU sostenuti utili ai fini dell’accesso all’insegnamento sono quelli che riportano l’SSD espresso, indipendentemente dalla denominazione dell’insegnamento che talvolta cambia in base all’Ateneo.

Nelle note della Tab. A relative alle lauree di Nuovo ordinamento viene indicato il numero totale di CFU da conseguire, tutti gli SSD utili all’accesso e infine il requisito minimo di CFU per ciascun SSD o gruppo di SSD. Come esplicitato anche sulla pagina del MIM, nel caso in cui sia previsto un requisito minimo di CFU per un gruppo di SSD (separati da virgola, “e”, “o”) è possibile qualunque ripartizione fra tutti i SSD elencati nel gruppo purché la somma complessiva dei crediti non sia inferiore al totale. Tali crediti possono quindi essere conseguiti, senza limitazioni o vincoli numerici, in uno solo dei settori o parte nell’uno e parte nell’altro.

(esempio tratto da Mim https://www.miur.gov.it/titoli-di-accesso )

  1. Se la colonna “Note” presenta annotazioni introdotte da lettere, queste valgono per tutti i titoli di studio riportati.

Es. per insegnare Lingue c’è la nota (a) che vale per tutte le lauree indipendentemente dalle note numeriche.

  1. Continuare a cercare nel file (anche tramite la funzione “cerca”): spesso un titolo di studio dà accesso a più classi di concorso. Verificare i requisiti necessari per ogni classe di concorso.
  2. Ripetere la medesima ricerca nella tabella A allegata eal DM 259/2017. In caso di discrepanze tra le due tabelle si faccia riferimento prioritario a quella del 2017. 

Esempio di una modifica:

Lauree considerate valide per la cdc A11 – DPR 19/2016

Lauree considerate valide per la cdc A11 – DM 259/2017. Si può notare l’aggiunta della LM 45 Musicologia e beni culturali.

8. Queste tabelle non hanno valore retroattivo su requisiti previsti dalla precedente normativa (DD.MM. n. 39 del 30 gennaio 1998, n. 22 del 9 febbraio 2005,  per A077 DM n. 201 del 6 agosto 1999) se conseguiti entro la data del 23 febbraio 2016 per il DPR19/2016 e del 9 maggio 2017 per il DM 259/2017 [in base all’art.5 del DM 259/2017].

9. Può invece capitare che sia necessario integrare il proprio piano di studi in base ai crediti richiesti. Puntualizzazione che può essere utile: un’annualità del Vecchio Ordinamento corrisponde a 12 CFU con stessa o simile denominazione e nei corrispondenti SSD-Settori Scientifico Disciplinari previsti per le lauree di Nuovo ordinamento (SSD verificabili qua https://cercauniversita.cineca.it/php5/settori/index.php).

10. Una volta accertato il possesso dei titoli di accesso resta tuttavia da verificare il possesso di ulteriori requisiti che possono essere richieste da procedure specifiche (es. tirocini formativi, procedure concorsuali, procedure abilitanti…) come ad esempio quelle relative al sostegno o quelle che possono comprendere il possesso dei 24 CFU.

Zapruder 57: Pierino torna a scuola. L’istruzione secondaria negli anni ottanta

Venerdì 3 giugno 2022 alle ore 18.30 presso la Libreria Modo Infoshop, via Mascarella 24/b, Bologna ci sarà la Presentazione del numero 57 della rivista «Zapruder» “Pierino torna a scuola. L’istruzione secondaria negli anni ottanta” in collaborazione con Cesp-Centro Studi per la Scuola Pubblica, sede di Bologna.

https://www.facebook.com/cespbo/eventshttps://www.facebook.com/cespbo/events

Intervengono:

Chiara Colangelo (autrice e co-curatrice del numero),

Matteo Marinello (autore),

Edoardo Recchi (autore)

Alunni asini, insegnanti impreparati e pigri, edifici fatiscenti sono i leitmotiv che fanno da cornice a un’istituzione considerata sempre, e da sempre, un passo indietro rispetto alla società: la scuola. Ci siamo rivolti in particolare alla scuola secondaria di secondo grado. Si tratta infatti di un settore cruciale su cui convergono diversi interessi: dalla necessità di rispondere ai bisogni formativi dell’adolescenza, alle esigenze di costruire un’identità civile nazionale, alle richieste del settore produttivo di professionalizzare la forza lavoro. Gli anni ottanta si inquadrano fra il fallimento della riforma della scuola secondaria di fine anni settanta, l’emergere dell’autonomia scolastica, la crescente centralità del dibattito sul rapporto fra pubblico e privato e la ridefinizione del ruolo di genitori, studenti e docenti.

L’obiettivo di questo numero di «Zapruder» non è occuparsi di didattica, di educazione, di contro-scuola e di pedagogie alternative (temi messi a fuoco su «Zapruder» 27). Abbiamo piuttosto provato a guardare al passato per tracciare percorsi, ricostruire cambi di paradigma, offrire chiavi interpretative e sottrarci al soffocante presentismo di quella che sembra essere una “crisi” senza tempo.

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Vademecum contro l’utilizzo del sostegno per le supplenze: insegnanti, non tappabuchi

Dopo tanti decenni dal varo e dall’applicazione delle leggi fondamentali che in Italia, caso pressoché unico al mondo, hanno stabilito per ogni alunna e alunno con disabilità il diritto a frequentare le scuole comuni, per un’inveterata abitudine pregiudiziale ancora stenta a diventare pratica diffusa in tante nostre scuole un principio fondamentale che dovrebbe essere ormai assimilato: l’insegnante di sostegno ha pari dignità, pari professionalità, pari importanza nell’economia del lavoro didattico, perché pari dignità e pari diritti hanno le sue allieve e i suoi allievi con disabilità. In tanti (troppi) casi l’insegnante di sostegno è invece sacrificabile, spostabile a piacimento nella scacchiera dell’orario scolastico, qualsiasi sia la sua programmazione giornaliera, qualsiasi siano le esigenze delle allieve e degli allievi a lui affidati. Da qui l’idea di un vademecum contro il dilagante utilizzo dell’insegnante di sostegno come “tappabuchi”, come supplente di insegnanti curriculari assenti. L’idea di fornire gli strumenti per contrapporsi a questa pratica illegittima e lesiva dei diritti degli studenti con disabilità nasce dunque dalla dilagante tendenza a un uso sempre più creativo di questa figura professionale, di fatto considerata una specie di jolly da impiegare per coprire l’atavica penuria di risorse e personale nella scuola italiana.

L’utilizzo dell’insegnante di sostegno come tappabuchi nella stragrande maggioranza delle evenienze che purtroppo si verificano in maniera massiccia nelle nostre scuole è sbagliato sotto il profilo didattico e pedagogico ed è illegittimo sotto quello giuridico. Il vademecum, nato dopo una lunga riflessione all’interno dell’esecutivo provinciale Cobas scuola di Pisa, affronta ambedue le dimensioni – didattico-pedagogica e giuridica – con l’obiettivo di mettere a nudo le motivazioni e di accrescere la consapevolezza di chi si trova coinvolto in tale pratica illegittima e lesiva del diritto allo studio delle allieve e degli allievi con disabilità. Rappresenta uno strumento unico e utile per porre un argine a questa inaccettabile modalità di gestione del personale con la scusa di un’ “emergenza” che in realtà dura tutto l’anno. In un formato agile e chiaro il vademecum passa in rassegna i casi possibili in cui in cui all’insegnante di sostegno viene richiesto di sostituire illegittimamente i colleghi curriculari. Uno spazio cospicuo è dedicato inoltre alle iniziative di resistenza: in appendice sono forniti i modelli per richiedere un ordine di servizio – tutela dalle grandi responsabilità civili e penali in gioco e possibile deterrente per i dirigenti scolastici – e per avvertire e coinvolgere le famiglie nella difesa dei diritti negati.

Sarà compito di chi è testimone e partecipe in prima persona, a cominciare proprio dall’insegnante di sostegno, informare, mobilitarsi e agire, in sinergia anche con le famiglie degli allievi e delle allieve con disabilità. Diventa necessario infatti coinvolgere, qualora non riscontri la sensibilità e la dovuta attivazione della scuola, le associazioni in difesa dei diritti delle persone disabili e il sindacato Cobas attivo sul territorio. Il diritto allo studio di ogni studente, e nello stesso tempo il lavoro e la professionalità dell’insegnante di sostegno, devono ricevere l’attenzione e il rispetto di cui godono tutti gli altri membri della comunità scolastica. Quando anche la scuola italiana avrà assimilato questo semplice assunto non ci sarà più bisogno di vademecum come questo, che trovate con il link:

http://www.cobas-scuola-pisa.it/wp-content/uploads/2021/04/Cobas-Pisa-Insegnanti-non-tappabuchi.pdf

Sebastiano Ortu e Giuseppe Saraceno – COBAS Scuola

ALCUNE BUONE RAGIONI PER PRESENTARE LISTE COBAS ALLE ELEZIONI DELLE RSU  

01 febbraio 2022

Per partecipare alla presentazione delle liste nella tua scuola entro il 25 febbraio usa i soliti contatti in intestazione.

Da più di vent’anni nelle scuole sono state introdotte le rappresentanze sindacali unitarie elette da docenti e Ata, titolari delle relazioni sindacali al livello delle singole scuole, così come avviene nel privato a livello aziendale. Esse sono dunque un effetto del processo di trasformazione delle scuole sul modello aziendale che ha preso avvio con l’introduzione dell’autonomia scolastica e della figura della dirigenza scolastica che costituisce la controparte pubblica delle Rsu. I Cobas hanno sempre evidenziato i limiti delle Rsu e in generale dell’introduzione della contrattazione decentrata a livello delle istituzioni scolastiche, ma al tempo stesso hanno sempre riconosciuto che fosse importante utilizzare ogni mezzo a disposizione per contrastare la crescita di potere dei dirigenti, la subordinazione di docenti e Ata, l’esautoramento degli organi collegiali di autogoverno della scuola democratica. Le Rsu possono rappresentare in questo senso uno strumento che consente di creare aggregazione e conflittualità all’interno di un mondo, quello delle scuole, per certi aspetti diventato irriconoscibile rispetto a quello che era due decenni fa. Presentare liste Rsu Cobas è innanzitutto una scelta pratica, legata alla sopravvivenza di in una categoria sempre più sottomessa, disunita e degradata, costretta non di rado a subire comportamenti illegittimi di capi e capetti o l’ingerenza indebita dei genitori-clienti. Le scuole oggi, a più di vent’anni dalle grandi trasformazioni neoliberiste, sono divenute spesso luoghi di lavoro opprimenti, governati dal dirigente e dal cerchio dei suoi collaboratori come se fossero aziende. Si è creata una distanza sempre più marcata tra il dirigente e il suo staff da una parte e il resto delle persone che lavorano a scuola, i primi con compiti organizzativi, i secondi con compiti esecutivi.  Anche le scelte didattico-organizzative sono sempre più spesso frutto di decisioni della dirigenza e la funzione degli organi collegiali nel corso degli anni si è ritrovata sempre più svilita, ridotta a momento burocratico di ratifica e legittimazione di decisioni prese e discusse altrove e accettate con rassegnazione o disinteresse. Il modello partecipativo fondato sul funzionamento degli organi collegiali e sulla nomina collegiale di colleghe e colleghi con ruoli organizzativi è ormai un lontano ricordo e non costituisce più un’esperienza di riferimento, vissuta in prima persona, per la maggior parte della categoria.

Le stesse Rsu possono diventare parte di questa nuova divisione del lavoro nelle scuole: esiste il rischio molto concreto che siano cooptate di fatto come parte aggiuntiva dello staff, coinvolte nell’organizzazione del funzionamento delle scuole perdendo la loro funzione democratica e rappresentativa che, in una scuola aziendalizzata, deve essere solo quella di cercare di riaggregare quella maggioranza di insegnanti e Ata che non ha ormai più una propria voce. La prima fondamentale ragione che giustifica la presentazione di liste Cobas è proprio questa: occupare posti che potrebbero finire nelle mani sbagliate con conseguenze per tutti.

Quali spazi di azione offre la prospettiva di divenire Rsu? Accennerò di seguito ad alcuni aspetti specifici di intervento delle Rsu che costituiscono al tempo stesso motivazioni pratiche, concrete, che dovrebbero spingerci a presentare le liste Cobas nelle scuole.

Informazione. La conoscenza dei dati, di qualsiasi dato che determina le scelte organizzative della scuola, sugli spazi, sugli organici, sulla formazione classi, sull’assegnazione ai plessi e alle classi e in generale ogni dato che riguarda l’organizzazione del lavoro, costituisce informativa dovuta che non può essere rifiutata. Oggi la mancata condivisione di informazioni costituisce il cuore della riorganizzazione verticistico-aziendale delle scuole. Senza adeguate informazioni le possibilità di azione o reazione sono spesso ridotte al lumicino, ci si trova davanti a fatti compiuti cui seguono giustificati quanto inutili sfoghi lamentosi. Potere avere accesso alle informazioni e farne partecipi i colleghi è già di per sé un atto di resistenza, dunque una opportunità legata al ruolo della Rsu che è assolutamente da cogliere.

rsu 2022

Vademecum

Opposizione. Il lavoro quotidiano è oggi regolato da un profluvio di circolari interne che sono sempre più espressione di scelte dirigenziali non condivise, non comprese e in ultima analisi subite, anche se non legittime, da lavoratrici e lavoratori. La Rsu può mettere in discussione l’opportunità o la legittimità del contenuto delle circolari chiedendone la rettifica o il ritiro. Ciò è possibile perché la Rsu esprime istituzionalmente la rappresentanza dei lavoratori, dei loro interessi e della loro volontà di non essere trattati come zerbini. Quale docente o Ata, in quanto singolo, può pensare di essere ricevuto o semplicemente di avere risposta a una mail con “richiesta di chiarimenti” presentandosi individualmente al dirigente? A che titolo infatti potrebbe presentarsi se non come portatore di interessi meramente personali?

I diritti e i doveri. Non è certo raro trovarsi di fronte nella vita scolastica a palesi violazioni dei diritti previsti dal Contratto nazionale. Ad esempio il diritto di chiedere permessi personali e permessi per la formazione, sancito dal Contratto nazionale, viene sempre più spesso interpretato come concessione del dirigente e pretestuosamente negata, così come d’altra parte compaiono dal nulla nuovi obblighi senza fondamenti normativi, come recuperi non dovuti o frequenze di corsi di formazione presentati illegittimamente come obbligatori. Certo, ognuno può singolarmente imporre il rispetto dei propri diritti ma, se ancora si crede necessario cercare di unire lavoratori e lavoratrici, controbattere punto per punto su questo tipo di violazioni in quanto Rsu apre uno scenario di conflitto e di lotta comune che ha una valenza completamente diversa.

Organi collegiali. Le Rsu hanno indirettamente un compito di tutela e valorizzazione degli organi collegiali. Come si è detto, si muovono su un terreno che può essere sdrucciolevole perché sono sempre a rischio di cooptazione nella cerchia dirigenziale. Questo rischio diventa concreto quando l’interlocuzione con la Rsu viene utilizzata per saltare il passaggio del confronto collegiale. Può apparire paradossale ma diventare Rsu significa da questo punto di vista vigilare sulla limitazione dei loro poteri affinché non si sostituiscano agli organi collegiali, in particolare al Collegio dei docenti.

I canali di comunicazione. La Rsu ha diritto di affissione in bacheca, anche sul sito della scuola, e soprattutto di avere un indirizzo di posta elettronica istituzionale con accesso agli indirizzi di tutto il personale in servizio. È una opportunità fondamentale per chiunque abbia interesse a cercare di unire, ricomporre, creare spazi di confronto e di rafforzamento dei lavoratori e delle lavoratrici, soprattutto nelle scuole più grandi. Essa costituisce il tassello fondamentale per gestire e condividere le informazioni a cui si ha accesso, le proposte, le iniziative di lotta e eventualmente per spiegare le ragioni che hanno portato a interrompere le relazioni sindacali o a non firmare il contratto.

Assemblea. La Rsu ha diritto a convocare assemblee in orario di servizio su qualsiasi tema di pertinenza sindacale. È doveroso ricordare che il monopolio del diritto di convocazione delle assemblee nelle mani dei sindacati “maggiormente rappresentativi” priva i lavoratori e le lavoratrici del loro diritto di scegliere come utilizzare le 10 ore a cui hanno diritto. Diventare Rsu Cobas consente di riappropriarsi, almeno in parte, del diritto di indire assemblee nella propria scuola dove non è affatto scontato peraltro che Rsu di altre sigle sindacali lo facciano.

La gestione delle risorse economiche. Compito della Rsu è contrattare i criteri per la ripartizione delle risorse assegnate nel Mof e in generale di tutte le risorse destinate alla retribuzione accessoria. La presenza al tavolo di contrattazione consente di portare avanti nel modo più condiviso (attraverso l’informazione e le assemblee) le decisioni sulla ripartizione di tali fondi a partire dalla consapevolezza che, almeno in parte, esse sono sottratte al monte salariale contrattato a livello nazionale, sono quindi prese dalle nostre tasche e non sono un fondo accessorio della scuola e tantomeno un fondo del dirigente. Ciò consente se non altro di denunciare l’utilizzo sempre più marcato di tali risorse per riconoscere il lavoro appaltato dai dirigenti e che dovrebbero pagarsi semmai con le loro risorse contrattuali. Pur negli evidenti limiti d’azione che presenta oggi la contrattazione della parte economica, la presenza di una Rsu Cobas può permettere di portare avanti le proposte di allargare il più possibile la platea dei beneficiari della retribuzione accessoria, di riconoscere il carico di lavoro ordinario di tutti e dunque una voce di flessibilità non legata a funzioni e progetti specifici, di stabilire un tetto massimo della retribuzione accessoria per persona, di evitare il cumulo degli incarichi.

Trasparenza sui compensi. La Rsu può e deve chiedere e pretendere di essere informata in modo dettagliato sui nominativi delle persone che hanno avuto accesso alla retribuzione accessoria, sugli incarichi svolti e i relativi compensi. Sempre più spesso i dirigenti, appellandosi alla tutela della privacy e al parere del Garante, si rifiutano di fornire questi dati, nonostante le sentenze sfavorevoli. Come Rsu, anche nel caso della più irremovibile ostinazione contraria, abbiamo sempre il potere non solo di interrompere le relazioni sindacali e eventualmente di intraprendere le vie legali, ma di informare tutto il personale della violazione dei principi elementari di trasparenza e rispetto di tutti

Bonus premiale. La lotta contro il bonus premiale previsto dalla legge 107 è stato uno dei punti caldi delle lotte delle Rsu Cobas nel quinquennio passato. Su questo aspetto, come sulla chiamata diretta, abbiamo ottenuto una importante vittoria. La Legge di bilancio 2020 ha provveduto a cancellare il bonus premiale previsto dalla legge 107 restituendo le somme stanziate a tale scopo all’ordinaria contrattazione di istituto senza più vincoli di destinazione né limiti di accesso da parte del personale in servizio. Non mancano tuttavia ancora oggi dirigenti che si ostinano a non voler rinunciare alla possibilità di gestire in modo discrezionale questa parte della retribuzione accessoria. Solo una Rsu determinata e combattiva può far fronte a questa pretesa, denunciarla pubblicamente e rifiutarsi di sottoscrivere ogni contrattazione dei criteri generali per l’attribuzione premiale del fondo di valorizzazione.

L’organico potenziato. A tutti gli effetti rappresenta una risorsa aggiuntiva assegnata alle scuole, seppure non monetaria. L’utilizzo dell’organico potenziato è certamente uno snodo centrale della gestione aziendalistica delle risorse umane nella scuola, essa non deve essere lasciata all’arbitrio dirigenziale ma in primo luogo ricondotta alla discussione collegiale: è nel Collegio dei docenti che bisogna discutere e decidere quali figure docenti richiedere in organico, come distribuire le ore di potenziamento tra il personale in servizio e quali compiti assegnare. In molte scuole siamo riusciti a concretizzare l’equa distribuzione delle ore di potenziamento come nuovo criterio per l’assegnazione dei/delle docenti alle classi, ma anche le proposte di ore di “esonero” per compiti organizzativi previste dal CCNL 2016/18, devono essere presentate e discusse in collegio. A questo riguardo rimane aperto un terreno nuovo anche per l’azione delle Rsu, in quanto le risorse di potenziamento utilizzate per incarichi organizzativi si aggiungono alle risorse utilizzate per riconoscere le attività svolte solitamente dallo staff. La Rsu può far emergere il quadro di tali cumuli di riconoscimenti e conteggiare le ore di “esonero” come risorse assegnate per lo svolgimento degli incarichi in sostituzione della retribuzione aggiuntiva e fare in modo che non piova sempre sul bagnato.

Autonomia e autotutela. La figura del rappresentante sindacale con legittimazione elettiva garantisce l’accesso a una posizione indipendente e paritaria che non ha eguali nella scuola di oggi, in cui dominano i processi gerarchizzanti. La Rsu, sul piano delle relazioni sindacali, esce dal rapporto lavorativo di subordinazione per entrare in una relazione paritaria. In quanto Rsu interloquisce e tratta su un piano di autonomia e parità con la dirigenza scolastica e tanto più con le figure delegate a svolgere funzioni dirigenziali.  Alle spalle ha inoltre il sindacato, di cui è rappresentante, e ogni attacco alla sua persona e alle sue funzioni è un attacco ai Cobas e genera una reazione diversa da quella personale, perché il conflitto si sposta immediatamente di livello coinvolgendo in prima persona la sede Cobas provinciale. Da questa posizione di rappresentante eletto ha uno spazio di azione e di autodifesa che non potrebbe mai avere come singolo.

Insegnanti, non tappabuchi

Vademecum contro l’utilizzo illegittimo del sostegno per le supplenzehttp://www.cobas-scuola-pisa.it/insegnanti-non…/➡️➡️➡️ Rivolgiti alla nostra sede di Bologna per ritirare la tua copia cartaceaSempre più spesso la nostra organizzazione sindacale riceve segnalazioni di utilizzo illegittimo di docenti di sostegno di ogni ordine e grado. Considerato alla stregua di tappabuchi nelle mani del dirigente scolastico, il personale su sostegno viene infatti puntualmente impiegato per sostituzioni in caso di assenza momentanea o prolungata di altri docenti curriculari. Si tratta purtroppo di un fenomeno preoccupante e in costante crescita: in tanti (troppi) casi l’insegnante di sostegno, figura preziosissima per il corretto funzionamento di tutta l’istituzione scolastica, è sacrificabile, spostabile a piacimento nella scacchiera dell’orario scolastico, qualsiasi sia la sua programmazione giornaliera, qualsiasi siano le esigenze e le necessità degli studenti e delle studentesse che gli/le sono affidati.Tale pratica è odiosa sotto diversi punti di vista: se è vero che lede la professionalità di docenti che vengono sacrificati con la scusa di un’“emergenza” che in realtà dura tutto l’anno, il vero vulnus ancora più grave riguarda gli allievi e le allieve con disabilità, a cui in nome del risparmio economico viene impunemente negato il diritto allo studio e spesso alla sicurezza, a dispetto di tutte le normative in vigore.

Lavagna Arcobaleno: materiali per docenti per una scuola più inclusiva delle identità LGBTQI+

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La scuola in cui insegni potrebbe fare di più per includere studenti LGBTQI+?

Noti episodi di bullismo, insulti e prese in giro a chi non si conforma agli stereotipi di genere?

Vuoi fare qualcosa ma non sai bene da dove partire?

Lavagna arcobaleno è nata con questo scopo e in questo incontro online avremo piacere di fartela conoscere al meglio!

Lavagna Arcobaleno è la sezione del sito www.traccearcobaleno.it pensata per supportare docenti che vogliano migliorare il clima della propria scuola in merito alle persone e alle tematiche LGBTQI+.
Nasce dal lavoro di Centro Risorse LGBTI, in collaborazione con CESP per quanto riguarda la redazione di una guida per insegnanti, ed è inserita in un sito creato con Scuola e Formazione Cassero e con l’associazione Prendiparte al fine di esplorare e far conoscere meglio le esperienze delle soggettività LGBTQI+ in ambito scolastico per portare ad azioni concrete di supporto e accoglienza.

Ne parleremo con:

Valeria Roberti, Centro Risorse LGBTI
Valentina Millozzi, CESP-Centro Studi per la Scuola Pubblica
Caterina Di Loreto, Scuola e Formazione Cassero

La presentazione in oggetto è inserita nel progetto “La nostra scuola è differente” finanziato dalla Regione Emilia Romagna
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