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Bastastress – Le ragioni di questa campagna.

Bastastress è un campagna avviata dai Cobas scuola Bologna volta a sensibilizzare e far emergere le problematiche relative allo stress e al burnout del personale scolastico, con lo scopo di elaborare soluzioni e ottenere risposte che ci consentano di riappropriarci di quella dimensione di collegialità connessa, attiva e resiliente. Lo stress dovuto al lavoro può essere definito come un insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifesta quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore. Lo stress connesso al lavoro può influire negativamente sulle condizioni di salute e provocare persino infortuni (NIOSH, Stress at work, 1999). A che cosa è dovuto lo stress a cui facciamo riferimento? Molto semplice: maggiori attacchi e minori difese. Quali sono gli attacchi? Perchè parliamo di minori difese?

NOVE ANNI DOPO RINNOVO DEL CCNL: QUALCHE SPICCIOLO E ACCETTAZIONE DELLA BUONA SCUOLA

Tratto da: Giornale dei comitati di base della scuola N 4 MAGGIO/GIUGNO 2018

Il recente CCNL della scuola (annegato in una marmellata comprensiva anche dei dipendenti di università e ricerca) si è materializzato dopo oltre nove anni per la parte economica e 12 per la parte normativa. Quasi tutti d’accordo i sindacati acquiescenti (non ha sottoscritto solo lo SNALS), anche se la Gilda per firmare ha dovuto pensarci qualche settimana. Si tratta con tutta evidenza di un contratto “elettorale”, che sarebbe dovuto servire al governo a guida PD a contenere la batosta elettorale (ma così non è stato) ed ai sindacati di palazzo per salvare la faccia in vista del rinnovo delle RSU (e anche in questo caso si è sbagliato qualche calcolo). La vicinanza di queste scadenze elettorali ha indotto a sottoscrivere un contratto che rinvia le decisioni sulla parte normativa e si concentra essenzialmente su quella economica. 

LA PARTE ECONOMICA.  L’ignobile “mancetta” su cui lor signori si sono accordati dimostra l’assoluto disprezzo che governo e sindacati di comodo nutrono per docenti ed ATA, ritenuti così sottomessi al punto di dover ringraziare persino per un “aumento” medio netto mensile di 45 euro per gli ATA e di 50 per i docenti. Tutto ciò a fronte di un decennio di vuoto contrattuale in cui i lavoratori hanno perso almeno il 20% del potere di acquisto del salario (vale a dire alcune decine di migliaia di euro!) e di carichi di lavoro e responsabilità spinti a livelli di intensificazione insopportabili. La natura di “mancetta” è così evidente che per finanziarla si dovrà attingere anche dal bonus meritocratico. Gli aumenti contrattuali sono il frutto di una complessa operazione contabile che prevede aumenti lordi mensili oscillanti tra 84 e 111 euro, assicurati solo da marzo a dicembre 2018 grazie ad un meccanismo di tipo perequativo. L’ARAN ha calcolato gli aumenti contrattuali considerando una percentuale pari al 3,84% in maniera indistinta, senza cioè tenere conto della distribuzione tra il personale delle qualifiche e dell’anzianità di servizio cui corrispondono stipendi differenti. Per questo è stato pensato il meccanismo del pagamento con un elemento perequativo, dando in busta paga una voce aggiuntiva per garantire la differenza tra posizione economica di riferimento e raggiungere gli 85 euro lordi promessi. Ad un docente di scuola dell’infanzia con 0-8 anni di anzianità di servizio, ad esempio, saranno corrisposti in busta paga 19 euro come “elemento perequativo”. Per garantire gli 85 euro lordi il governo è arrivato a modificare le soglie del bonus dei famigerati 80 euro, per evitare la paradossale conseguenza dell’aumento in busta paga e la contemporanea riduzione del bonus. Se si considera il rapporto tra prezzi ed inflazione (i prezzi al consumo in Italia sono cresciuti dell’11,45% dal 2009), un aumento nominale medio di 85 euro conferma che, in termini reali, gli stipendi di docenti ed ATA restano più bassi di quelli del 2009. Di fatto, si tratta di una truffa semantica orchestrata da governo e sindacati scendiletto, che per chiudere presto la partita hanno trovato i soldi togliendoli proprio agli stessi lavoratori, visto che i cosiddetti “aumenti”, anziché decorrere dal 1° gennaio 2018, partono solo da marzo 2018. Tale operazione, ribadiamo, sarà attuata soltanto fino a dicembre 2018, come si evince all’articolo 37 e tabella D1. In concreto, se il futuro governo non dovesse trovare fondi aggiuntivi per garantire la perequazione, dal gennaio 2019 gli stipendi corrisposti a docenti ed ATA con minor anzianità di servizio torneranno a diminuire. A maggio scorso sono stati corrisposti gli arretrati gennaio 2016-maggio 2018: circa 450 euro medi netti. Nulla è stato pagato per gli anni precedenti.

BONUS MERITO.  Con questo contratto si finisce dalla padella alla brace, visto che si stabilisce che ai presunti “migliori” dovrà andare un premio superiore almeno del 30% a quello degli altri, rendendolo un obbligo contrattuale ed affidandone la gestione per lo più ai sindacati di palazzo che, grazie alle regole antidemocratiche con cui si eleggono le RSU, ne gestiscono da un ventennio gran parte delle risorse. Una parte dei 200 milioni che la L. 107 ha destinato al finanziamento del bonus meritocratico nel nuovo CCNL, dicevamo, viene destinata agli incrementi della Retribuzione Professionale Docenti: il 35% nel 2018, il 25% nel 2019 e dopo il 20%; il resto è stato prelevato dai fondi stanziati per il MOF per le scuole. Il risultato è un incremento della RPD compreso tra i 10 e i 15 euro, lordi e non computati ai fini del calcolo del TFR/TFS e della pensione. I sindacati firmatari dicono che si tratterebbe di 80 milioni sui 200 complessivi, ma all’articolo 39 bis è scritto che saranno “40 milioni a regime”. 

CONTRATTAZIONE D’ISTITUTO E “BRUNETTA”.  Viene contrattualizzata la “Brunetta” perché le grandi centrali sindacali hanno accettato di togliere dalle materie oggetto di contrattazione d’istituto le “modalità di utilizzazione del personale, i criteri riguardanti le assegnazioni del personale alle sedi, i criteri e le modalità relativi all’organizzazione del lavoro” (art. 6 del vecchio CCNL), lasciando solo la flessibilità oraria per gli Ata. Solo una parte di queste materie – fondamentali per difendere i diritti dei lavoratori rispetto allo strapotere dei DS – sono oggetto di “confronto”, un nuovo istituto che però prevede solo l’invio di informazioni e un’eventuale riunione, da cui non deve uscire un accordo, ma solo “una sintesi dei lavori e delle posizioni emerse”. In pratica, decide il DS – come voleva la Brunetta – con un po’ di fuffa di contorno! Solo chi è in malafede può far finta che “contrattazione” e “confronto” siano la stessa cosa. 

CARICHI DI LAVORO.  Resta invariato l’art. 29 del vecchio CCNL sulle attività funzionali all’insegnamento con il limite delle 40 ore + 40 per le attività collegiali, ma con la formulazione “aperta” inserita nell’art. 28 si introduce nel CCNL un altro pezzo della L. 107, poiché si prevede che tutte le attività di potenziamento dell’offerta formativa rientrino nell’orario di docenza. È prevista però un’apposita tornata contrattuale estiva per il passaggio dalle attuali 40 ore più 40 ore a 80 complessive. Inoltre, è previsto che altre attività, come le attività “obbligatorie” di formazione sulle materie e sulle metodologie privilegiate dalla “buona scuola”, possano/debbano essere svolte gratuitamente all’interno dell’orario funzionale. Tale orario non è però definito e, quindi, verrà deciso singolarmente (?!?) dalle diverse “repubbliche autonome” chiamate Istituzioni Scolastiche. Aumentano, anche i compiti del personale ATA “Il personale ATA, individuato dal dirigente scolastico […] partecipa ai lavori delle commissioni o dei comitati per le visite ed i viaggi di istruzione, per l’assistenza agli alunni con disabilità, per la sicurezza, nonché all’elaborazione del PEI ai sensi dell’articolo 7, comma 2, lett. a) del D.lgs. n. 66 del 2017”.  La mansione di tutor per le attività di Alternanza Scuola-Lavoro dovrà essere obbligatoria, “incentivata” e retribuita a parte. 

Il RESTO.  Resta per intero l’inquietante capitolo dell’incremento dei poteri dei DS nell’emanazione delle sanzioni disciplinari, temporaneamente stralciata per il solo settore Scuola dalle applicazioni della riforma della Pubblica Amministrazione Madia, ma di fatto rinviata a luglio. Per i docenti ritorna il vincolo triennale sulla mobilità, “qualora abbiano ottenuto l’istituzione scolastica richiesta volontariamente”. Il nuovo CCNL contiene anche una minacciosa dichiarazione congiunta (la n. 6) con la quale “Le parti si impegnano a prevedere una fase istruttoria che consenta di acquisire ed elaborare tutti gli elementi utili ad individuare forme e strumenti di valorizzazione nell’ottica dello sviluppo professionale dei docenti”. Ratificato, come in Francia ed in altri Paesi, “il diritto alla disconnessione, a difesa del personale dall’invasività delle comunicazioni affidate alle nuove tecnologie. È di fatto il riconoscimento dell’estensione tendenzialmente illimitata del tempo di lavoro sul tempo di vita. 

Un incoraggiante successo COBAS pur in elezioni truccate

Nella valutazione del nostro risultato in queste elezioni RSU della scuola va fatta una indispensabile premessa: l’attuale meccanismo per determinare la rappresentatività nazionale dei sindacati è un’autentica truffa. In qualsiasi sistema elettorale al mondo, politico o sindacale, per determinarla si vota su liste nazionali e qualsiasi cittadino/a o lavoratore/trice si può esprimere. E così è stato per decenni anche nella scuola italiana fino a quando, per impedire la crescita dei COBAS e del sindacalismo conflittuale, è stata imposta la votazione su liste RSU di scuola per misurare il peso nazionale dei sindacati. Cosicché un lavoratore/trice può votare per un sindacato solo se quel sindacato ha presentato in quella scuola un candidato/a disposto a fare il sindacalista di istituto. E’ come se nelle elezioni politiche si stabilisse la rappresentanza nazionale dei partiti attraverso elezioni di caseggiato: e non avendo colà un candidato del partito preferito, non si potesse votare per tale partito. L’unica misurazione vera è quella su liste nazionali e quando è stata fatta, come nelle elezioni del 2015 per il CSPI (Consiglio Superiore Pubblica Istruzione), i COBAS hanno superato agevolmente la fatidica soglia del 5%. Per giunta, la sottrazione del diritto di assemblea persino durante la campagna elettorale impedisce la ricerca dei candidati, tanto più a chi come i COBAS non ha mestieranti distaccati dal lavoro, e rende ancor più truccato il meccanismo.

E’ dunque alla luce di queste considerazioni che va valutata la positività del nostro risultato, anche in confronto alle ultime elezioni RSU del 2015. Allora presentammo 920 liste, stavolta siamo arrivati a 1190, con un incremento del 30%. Nel 2015 ottenemmo 17318 voti, oggi, con l’85% delle nostre liste di cui abbiamo i risultati, siamo a 18560 voti e quindi nel computo totale dovremmo superare agevolmente i 20 mila voti (tanto più che in una trentina di scuole le elezioni verranno ripetute) con un progresso intorno almeno al 18%, ancor più significativo dato l’aumento del numero medio di liste per scuola presentate da tutti i sindacati. Sulle 1190 scuole, che sono un abbondante “campione” nazionale, i COBAS hanno una media percentuale del 20%; ma non avendo potuto “gareggiare” nelle altre scuole, la nostra media effettiva nazionale si assesterà sul 2.5% totale, con un incremento del 15% rispetto al 2015. E a conforto di questo ragionamento, sta il dato della provincia di Pisa, ove, avendo liste in tutte le scuole, otteniamo un successo straordinario con il 37.2%, lasciando a notevole distanza Cgil (23.4%) e Cisl (15.2%). Anche per gli eletti/e RSU abbiamo avuto un lusinghiero risultato, passando dai 590 eletti/e del 2015 ad una cifra che, tenendo conto del 15% di scuole mancanti e di quelle in cui si ripeteranno le votazioni, si attesterà almeno intorno ai 650 eletti/e.

La soddisfazione per questi incrementi in voti ed eletti/e non ci fa però dimenticare che restiamo privi di diritti sindacali fondamentali. E in tal senso, rinnoveremo anche al nuovo governo (che prima o poi si farà) la forte e urgente richiesta, valida per la scuola e per ogni settore lavorativo, di elezioni su scheda nazionale per determinare la rappresentatività nazionale dei sindacati, e la restituzione dei diritti di assemblea e di propaganda anche per quei sindacati che non dovessero raggiungerla.

Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS

23 aprile 2018

Elezioni RSU: successo dei Cobas scuola nella provincia di Bologna

A Bologna e provincia i Cobas scuola, rispetto alle ultime elezioni RSU, aumentano di oltre il 60% i voti e passano dal 5% a circa il 9% su base provinciale.

Risultiamo il primo sindacato nelle seguenti scuole:

Salvemini di Casalecchio, Alberghetti di Imola, Keynes di Castel Maggiore, Fantini di Vergato, I.C. 6 Bologna, I.C. 19 Bologna, I.C. 1 di San Lazzaro, CPIA 1 Bologna, I. C. Calderara di Reno.

Mentre siamo il secondo sindacato nelle seguenti scuole: Minghetti, Copernico, Serpieri, Aldrovandi-Rubbiani, Montessori di Porretta Terme, I.C. 3, IC 4, I.C. 10, I.C. 13, I.C. 20, I.C. 21 di Bologna, I.C. 1 di Imola, IC.. di Crespellano, I.C. di Porretta Terme.

Siamo stati presenti con le nostre liste in quasi tutte le scuole della città di Bologna e in tutte le principali della provincia. Nella somma dei voti di queste sedi risultiamo essere complessivamente il secondo sindacato della provincia di Bologna.

Questo risultato, poi, è reso ancora più significativo dalla considerazione che a queste elezioni si poteva votare una lista solo se nella propria scuola era presente un candidato RSU, a differenza di come avviene, invece, negli altri settori del pubblico impiego dove è possibile votare le liste su base provinciale. Questo meccanismo che si applica solo alla scuola fu pensato a suo tempo per penalizzare i Cobas e continua a svolgere la sua funzione.

Per questo siamo convinti che se i lavoratori e le lavoratrici della scuola avessero la possibilità di esprimere liberamente il proprio voto ai Cobas, i risultati sarebbero significativamente differenti a nostro vantaggio.

La mobilitazione ostinata dei Cobas a difesa della scuola pubblica e contro tutti i progetti di smantellamento è stata premiata dal voto delle lavoratrici e dei lavoratori. Purtroppo nelle scuole in cui non eravamo presenti e non sono state elette le nostre RSU rischia di aumentare lo strapotere dei preside, l’aziendalizzazione della scuola, la burocratizzazione, lo sfruttamento degli studenti in alternanza scuola-lavoro, lo svilimento della didattica attraverso i quiz e in via definitiva il senso stesso e l’utilità della scuola pubblica.

Cobas Scuola Bologna

21 aprile 2018

ASSEGNAZIONI DOCENTI ALLE CLASSI: MA E’ PROPRIO VERO CHE DECIDONO UNILATERALMENTE I DIRIGENTI? FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

28 luglio 2017


Arrivano segnalazioni dalle scuole (e molti siti scolastici stanno già trattando la questione) che molti dirigenti, più realisti del re, hannogià espresso la volontà di agire con assoluta libertà e senza seguire particolari criteri o norme contrattuali sull’assegnazione dei docenti alle classi e, di conseguenza, non hanno predisposto le domade che i docenti devono presentare per richiedere i plessi e le classi.

In qualche scuola di Bologna, in particolare, il dirigente scolastico ha fatto sapere che per il 2017/2018 sarà sua libera discrezione assegnare i docenti ai plessi e ovviamente alle classi, senza essere vincolato a qualsiasi criterio.

Facciamo un po’ di chiarezza: per quanto riguarda l’assegnazione del/della docente alle classi è ancora in vigore la norma per cui il dirigente scolastico debba assegnare, salvo motivazioni esclusivamente oggettive, le classi sulla base dei criteri deliberati dal Consiglio d’istituto.

La Legge 107 parla di organico dell’autonomia, ma non dice chiaramente che il dirigente scolastico possa spostare ad libitum dalle classi i docenti titolari per assegnarli ad attività di potenziamento o di sostituzione dei docenti assenti. D’altra parte il comma 73 dell’articolo unico della Legge 107 sottolinea che “il personale docente già assunto in ruolo a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della presente legge conserva la titolarità della cattedra”. Pertanto ogni cambiamento di mansioni diverso dalle attività di insegnamento può rientrare legittimamente nel potere dirigenziale allorquando il provvedimento sia debitamente motivato, ragion per cui quello specifico, inerente l’assegnazione dei docenti alle classi, deve realizzarsi seguendo determinati criteri scaturenti dagli organi collegiali e abbia in corpo una sua palese motivazione che deve essere alquanto strategica e funzionale al perseguimento delle finalità e degli obiettivi del piano triennale dell’offerta formativa.

L’atto di assegnazione dei docenti alle classi pur identificandosi come atto di natura privatistica è infatti soggetto a principi di ordine amministrativo (sentenza del Tribunale di Agrigento n.2778 del 3/12/2003) quali la pubblicità e la trasparenza nelle decisioni adottate, l’imparzialità e la parità di trattamento che non possono essere in nessun modo eluse da atti unilaterali. Tale assunto viene anche sostenuto dall’obbligo di motivazione dei provvedimenti adottati ex Legge 241 del 1990.

In un certo modo esistono quindi dei paletti che devono pur guidare le scelte dirigenziali; si tratta di fondamenti che trovano un riscontro più che nel recente TUPI (D.Lgs. n.165 del 2001), nell’art.396 del D.Lgs.297 del 1994, articolo che disciplina la funzione direttiva (per nulla in contrasto con l’art.25 del D.lgs.165) ove si legge che al personale direttivo spetta procedere alla formazione delle classi, all’assegnazione ad esse dei singoli docenti, alla formulazione dell’orario, sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o d’istituto e delle proposte del collegio dei docenti. Gli atti di gestione del dirigente scolastico devono quindi essere rispettosi dei suddetti criteri e riportati nel provvedimento finale di assegnazione dei docenti alle classi. L’obbligo di motivazione si fa risalire all’art.3 della Legge 241 del 1990 e nel rispetto degli articoli 1175 e 1375 del c.c. i quali regolano rispettivamente “comportamento secondo correttezza” e “esecuzione di buona fede”.

Ebbene in questa fattispecie il dirigente dovrà fornire congrua motivazione delle decisioni adottate, non dimenticando di rispettare i criteri in particolare quello della continuità nella classe e tiene conto della programmazione educativa stabilita nella scuola e delle scelte espresse nel PTOF. La motivazione serve a dare la possibilità a chi dovesse vedere lesi i propri diritti, di presentare reclamo contro le decisioni adottate dal dirigente scolastico.

Ricordiamo, in ogni caso, che ogni azione intrapresa dovrebbe tenere presente, il rispetto del principio di uguaglianza formale che impone di trattare in modo uguale situazioni uguali e in modo diseguale situazioni diverse e che non sia nemmeno corretto radiare i cosiddetti diritti quesiti senza valida motivazione, quest’ultima sempre scaturente dalla consultazione degli organi collegiali.

E’ il caso anche di ricordare che la Delibera ANAC n.430 del 2016 tra i processi a maggior rischio corruttivo riguardanti le istituzioni scolastiche inserisce anche l’assegnazione dei docenti alle classi.

Magari qualche dirigente tirerà dal cilindro, oramai avviene sempre più spesso, la legge Brunetta (decreto legislativo n. 150 del 27/10/2009); Ebbene noi risponderemo con la nota MIUR Prot. n.AOODGPER 6900 del 01/09/2011 che, tra le altre cose, comunica a chiare lettere che Il dirigente scolastico, in relazione ai criteri generali stabiliti dal Consiglio di circolo o di istituto ed conformemente al piano annuale delle attività deliberato dal Collegio dei docenti assegna i docenti di scuola primaria e infanzia ai plessi e i docenti di I e II grado alle succursali in base ai seguenti criteri:

1. Il rispetto della continuità educativo – didattica dovrà essere considerato obiettivo prioritario.

Pertanto tutti i docenti hanno diritto di permanere nel plesso in cui operano, fatto salvo il prioritario utilizzo dei docenti specialisti di lingua nei plessi sprovvisti di docenti specializzati per le ore necessarie a garantire l’insegnamento della seconda lingua a tutti gli alunni aventi titolo in base alla normativa vigente.

2. Nell’assegnazione ai plessi, al fine di assicurare il miglior andamento del servizio scolastico, si terrà conto anche delle specifiche competenze professionali dei docenti (es. conoscenza della lingua inglese in assenza di altri docenti specializzati), in coerenza con quanto previsto dalla progettazione didattico –organizzativa elaborata nel piano dell’offerta formativa, anche sulla base delle opzioni manifestate dai singoli docenti.

3. Il rispetto dei precedenti commi 1 e 2 non impedisce ai singoli docenti di presentare domanda di assegnazione ad altri plessi. Ogni docente infatti ha diritto di essere collocato nel plesso richiesto, compatibilmente con il numero dei posti non occupati in base ai precedenti commi e fatto salvo la necessità di assicurare l’insegnamento della lingua inglese .

4. Le domande di assegnazione ad altro plesso e/o succursale, dovranno essere inviate alla direzione dell’istituto, in tempo utile per il completamento delle operazioni prima dell’inizio delle lezioni.

5. I docenti che assumono servizio per la prima volta nell’istituto, potranno presentare domanda di assegnazione al singolo plesso e/o succursale, per i posti vacanti dopo le sistemazioni dei docenti già appartenenti all’organico del precedente anno scolastico.

6. In caso di concorrenza di più domande sul medesimo posto o in caso di perdita di posti nel plesso o scuola, l’individuazione sarà disposta nel rispetto della graduatoria formulata in base alla tabella di valutazione dei titoli ai fini delle utilizzazioni allegata all’OM n. 64/2011 concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente per l’anno scolastico in corso.

7. Le assegnazioni saranno disposte secondo le seguenti fasi:

a. Assegnazione dei docenti che garantiscono l’insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria;

b. Assegnazione dei docenti che permangono nello stesso plesso;

c. Assegnazione dei docenti che hanno fatto domanda di essere assegnati ad un plesso scolastico;

d. Assegnazione dei docenti che entrano a far parte dell’organico funzionale dell’istituto per la prima volta;

8. I docenti possono presentare motivato reclamo al dirigente scolastico entro cinque giorni dalla pubblicazione all’albo della scuola del provvedimento di assegnazione.

Per eventuali problemi con i dirigenti vi invitiamo ad inviare una mail a: cobasbol@gmail.com

Inammissibile e illegittimo collocare in ferie d’ufficio il personale precario

30 maggio 2017

La legge di stabilità 2013 ha introdotto misure restrittive (e, secondo noi, anticostituzionali) che, di fatto, limitano il diritto alle ferie dei lavoratori precari pubblici. Tutto ciò a partire dall’anno scolastico 2013/2014: infatti per le ferie non “fruite” lo scorso anno scolastico abbiamo intrapreso una battaglia legale.

Ora, siccome non vorremmo illudere i precari e/o proporre nuovi ricorsi che inevitabilmente perderemmo (la battaglia bisognerebbe farla a livello legislativo cercando di far cambiare la norma) cerchiamo almeno di spiegare i diritti di fruizione delle ferie e come “bloccare” l’arroganza di alcuni dirigenti che le stabiliscono d’ufficio.

Le disposizioni introdotte con la legge 228/2012 (legge di stabilità 2013) modificano la disciplina relativa alla fruizione delle ferie. In particolare, l’art.1, comma 54, ha previsto che“Il personale docente di tutti i gradi di istruzione fruisce delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni definiti dai calendari scolastici regionali, ad esclusione di quelli destinati agli scrutini, agli esami di Stato e alle attività valutative. Durante la rimanente parte dell’anno la fruizione delle ferie è consentita per un periodo non superiore a sei giornate lavorative subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica”.

Nella sua prima parte, l’articolo modifica chiaramente la normativa previgente, laddove assume a riferimento come periodo in cui si può fruire delle ferie i giorni di “sospensione delle lezioni” e non più quelli di sospensione “delle attività didattiche”. È chiara la finalità della modifica: RISPARMIARE!!!

Risulta, quindi, evidente quale sia il periodo che debba intendersi per periodo di “sospensione delle lezioni”: oltre a luglio ed agosto, anche i primi giorni di settembre e gli ultimi di giugno secondo il calendario scolastico, le vacanze natalizia e pasquale, l’eventuale sospensione per l’organizzazione dei seggi elettorali e per i concorsi, ecc.

Ora, ci risulta che molti dirigenti, più realisti del re, abbiano utilizzato lo strumento delle “ferie d’Ufficio” nei periodi di vacanza (Natale, Pasqua, Carnevale, ecc…).

Le prime domande che ci sorgono spontanee sono:

  • MA DOVE AVETE LETTO CHE BISOGNA COLLOCARE IN FERIE D’UFFICIO I PRECARI??
  • E, SOPRATTUTTO, PERCHE’ BISOGNA FARLO MOLTO PRIMA DELLA “CHIUSURA” DEL CONTRATTO??

Vorremmo ricordare a questi dirigenti che è ILLEGITTIMO collocare in ferie d’ufficio il personale, e che non a caso la relativa monetizzazione delle ferie deve avvenire, come in precedenza, SOLO ALLA FINE DEL CONTRATTO.

La scuola quindi non può far nessun “ragionamento” a priori sul periodo di sospensione delle lezioni, come può essere quello delle vacanze di Natale, Pasqua, Carnevale, e il conto delle ferie spettanti lo deve fare solo al termine del contratto del supplente.

Non valgono quindi alcuni ragionamenti che circolano nelle scuole del tipo “siccome i giorni di sospensione delle lezioni li dobbiamo sottrarre al monte ferie spettanti allora collochiamo il docente in ferie d’ufficio”.

Nonostante qualcuno pensi che sia comunque inutile un ragionamento anziché un altro (“tanto le ferie me le tolgono lo stesso…”) noi difendiamo il principio secondo cui è sempre e comunque il docente che richiede le feriee per nessun motivo, in assenza di una esplicita richiesta, il dirigente potrà collocarlo in ferie d’ufficio durante le vacanze.

Pertanto, ricordiamo che la fruizione delle ferie e la monetizzazione delle stesse sono due aspetti che vanno distinti.

Alla scuola spetta solo il secondo aspetto, e dal momento che, come già detto, l’operazione di sottrazione delle ferie rispetto ai periodi di sospensione delle lezioni avviene indipendentemente se le ferie siano state effettivamente fruite, la scuola non deve preoccuparsi di altro.

Ogni circolare che prevederà il collocamento del personale in ferie d’ufficio durante le vacanze di Natale, Pasqua, Carnevale e/o altre festività dovrà essere dichiarata illegittima.

I precari possono scegliere, E LI INVITIAMO A FARLO, di chiedere le ferie alla fine delle lezioni e il dirigente sarà OBBLIGATO ad assegnarle, altrimenti LE PAGHERA’ COME NON FRUITE (altro che FERIE D’UFFICIO)!!!.

Almeno su questo aspetto invitiamo i colleghi e le colleghe precarie a segnalarci abusi fatti dai dirigenti scolastici (collocazione d’ufficio alle ferie e mancata concessione nei periodi dopo la chiusura della scuola).

CI HANNO NEGATO UN DIRITTO COSTITUZIONALE MA NON LASCIAMO DECIDERE I DIRIGENTI SCOLASTICI QUANDO E COME USUFRUIRE DELLE NOSTRE FERIE!!!

Abbiamo preparato un modello di diffida e un modello di richiesta atti (per poter verificare se il dirigente è andato oltre i suoi poteri collocando in ferie d’ufficio i precari).

Mozione COBAS per i Collegi docenti.Contro la chiamata diretta degli insegnanti, NO all’approvazione dei criteri per le chiamate

10 maggio 2017

MOZIONE COBAS PER I COLLEGI DOCENTI

Contro la chiamata diretta degli insegnanti, NO all’approvazione dei criteri per le chiamate.


24 maggio 2017

Centinaia di scuole dicono no all’assunzione dei docenti da parte dei Presidi

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