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Cambiano i governi ma non cambiano le politiche sulla scuola: supplenze verso un nuovo massimo storico

14/07/2020

L’emergenza Covid ha portato drammaticamente alla luce tutti i problemi pregressi della scuola italiana. In particolare i problemi dell’edilizia scolastica, della carenza di strutture, delle classi sovra affollate (classi pollaio), della carenza di personale e del conseguente uso improprio del personale precario.

I dati del Ministero dell’Istruzione parlano chiaro. L’anno scorso c’erano 104.000 cattedre vacanti tra organico di diritto e di fatto, ma il prossimo anno scolastico la situazione sarà anche peggiore. Infatti, a Settembre, il Ministero dell’Istruzione dovrà coprire con personale precario almeno 130.000 posti di cui 55.000 cattedre su organico di diritto vacanti per l’esaurimento delle Graduatorie di Merito (2016 e 2018) e delle Graduatorie ad Esaurimento; oltre 14.000 cattedre su organico di fatto di posto comune; almeno 60.000 cattedre in deroga sul sostegno. Se consideriamo anche il personale in aspettativa, in comando e quello in malattia, ed i numerosi spezzoni di cattedra da occupare, arriveremo ad oltre 200.000 supplenze, cioè oltre il 20% del personale docente. 

Un livello di precariato ineguagliabile non solo nel panorama della Pubblica Amministrazione italiana, ma anche di quella degli altri Paesi della UE. A fronte di questi numeri, il governo ha bandito tre concorsi per il ruolo che nel giro di 4 anni consentiranno di assumere solamente 80.000 docenti, a fronte di un fabbisogno di almeno 155.000, conseguenza diretta dei pensionamenti (circa 100.000) e delle cattedre in organico di diritto che rimarranno vacanti e disponibili (almeno 55.000). Quindi, nonostante le assunzioni, decine di migliaia di posti in organico di diritto verranno assegnati al personale precario. E tutto questo senza prevedere la necessità di incremento dell’organico per garantire una didattica efficiente ed una estensione del Tempo Pieno in tutte quelle realtà (in particolare del centro sud) che ne sono prive.

All’inizio del prossimo anno, per il tanto auspicato rientro in classe, in base alla normativa vigente,  dovranno essere garantite le condizioni di distanziamento degli alunni negli spazi scolastici e ciò non farà altro che aumentare ulteriormente la richiesta di supplenti di ulteriori 50.000 unità,  tra personale docente e personale ATA.

Una misura, quella del governo Conte, tanto sbandierata quanto insufficiente a garantire le condizioni di sicurezza in classe non solo in base ai mutevoli pareri del Comitato Tecnico Scientifico ma anche in base alle attuali norme di sicurezza sugli edifici scolastici. In particolare, un incremento provvisorio di meno del 5% del personale scolastico appare ridicolo di fronte all’esigenza di incrementare in modo permanente l’organico dei docenti e del personale ATA di almeno il 30% per rispettare tutte le norme di sicurezza in classe e fornire un servizio pubblico di qualità.

Come se non bastasse, la situazione è resa ancora più complicata dalle decisioni prese da parte del Ministero di rinviare “al prossimo anno” le assunzioni dal concorso straordinario, dal quale sono stati oltretutto lasciati fuori i docenti con servizio esclusivo su sostegno. Il concorso straordinario è stato rimandato a data da destinarsi e la prova è stata modificata in corso d’opera: tutto ciò non farà altro che allungare ulteriormente i tempi, ritardando di fatto le immissioni in ruolo.

Viene il sospetto che, come già accaduto per tutti i governi che hanno preceduto quello presieduto da Conte,  non ci sia la volontà reale di assumere, ma esclusivamente di ridurre i costi, poiché ancora una volta molti docenti vedranno allontanarsi la prospettiva della trasformazione del loro contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, nonostante garantiscano, ormai da numerosi anni, il regolare funzionamento delle istituzioni scolastiche. Da anni denunciamo la falsa retorica del “merito” per le assunzioni, che non tiene conto dei numerosi titoli (spesso anche a livello accademico) acquisiti dopo anni di sacrifici, e dell’esperienza acquisita nelle scuole dopo svariati anni di precariato. Tutti fattori che per il governo Conte e quelli che lo hanno preceduto non contano! Occorre urgentemente fermare la consuetudine dei docenti usa e getta, abili e “utili” da anni a tempo determinato ma “inutili” a tempo indeterminato e licenziate/i a giugno o agosto per essere riassunte/i a settembre. Anche le GPS (Graduatorie Provinciali per le Supplenze) seppur elimineranno alcune delle criticità più volte da noi evidenziate come la casualità e/o la mancanza di trasparenza nell’attribuzione delle supplenze annuali, essendo gestite centralmente dagli USP (Uffici Scolastici Provinciali), non risolveranno il dramma della supplentite! Al di là della questione di merito, riteniamo illegittimo che le GPS prevedano una tabella di valutazione dei titoli diversa da quelle delle GI (Graduatorie d’Istituto), per cui molti docenti vedranno sottrarsi punteggi già conseguiti e penalizzati su diritti acquisiti. Inoltre critichiamo fortemente la scelta di relegare gli ITP alla seconda fascia delle GPS, evidenziando un’enorme contraddizione: gli ITP hanno la possibilità di accedere alle prove concorsuali senza i 24 CFU, ma non hanno diritto di iscrizione alla prima fascia delle GPS (fascia riservata agli abilitati). Tale contraddizione darà avvio a numerosi ricorsi.

Parafrasando la celebre frase del romanzo “Il Gattopardo”: tutto cambia perché nulla cambi!

Ma abbiamo bisogno di un VERO CAMBIAMENTO che superi definitivamente l’abuso del lavoro precario e che risponda alle esigenze attuali anche alla luce dell’emergenza sanitaria, tramite un ritorno agli organici docenti precedenti i tagli delle riforme Moratti Gelmini. Il problema della scuola italiana già oggi non è quella di avere docenti meritevoli ma di avere docenti stabili! Non si può sfruttare il lavoro precario senza alcun limite temporale. Riteniamo che sia necessario intervenire urgentemente affinché si attinga dalle GPS non solo per le assegnazioni delle supplenze annuali, ma anche per i ruoli, assumendo su tutti i posti vacanti e disponibili (quest’anno almeno 55.000) tutti  i/le docenti abilitati/e  e tutti coloro che hanno i requisiti per abilitarsi poiché hanno già maturato almeno 3 anni di servizio.

Sinteticamente CHIEDIAMO:

 >  TRASFORMAZIONE DELLE GPS IN GRADUATORIE PERMANENTI

 >  ASSUNZIONE IMMEDIATA PER TUTTE/I COLORO CHE HANNO PIÙ DI TRE ANNI DI INSEGNAMENTO

 >  RIDUZIONE DEL NUMERO DI ALUNNE/I PER CLASSE

 >  RIPRISTINO DELLE CONTEMPORANEITÀ E DEI LABORATORI (abolizione della riforma Gelmini)


 >  ESTENSIONE DEL TEMPO PIENO

 >  AUMENTO DEL 20% DELL’ORGANICO DEL PERSONALE ATA

COBAS – Comitati di base della Scuola

NO ALLA RIDUZIONE DELL’ORA DI LEZIONE, NO ALLA RIDUZIONE DEL TEMPO SCUOLA

INDICAZIONI OPERATIVE PER EVITARE COLPI DI MANI NELLE SCUOLE

Il Collegio dei docenti NON deve deliberare sulla riduzione dell’ora di 60 minuti

Il Collegio dei docenti ha potere di deliberare in materia didattica e quando decide di ridurre l’ora di lezione deve prevedere le modalità di recupero dei minuti persi per docenti e studenti.

La riduzione dell’ora di lezione per far fronte all’emergenza covid è invece dovuta a motivi estranei alla didattica e a cause di forza maggiore, pertanto può essere deliberata solo dal Consiglio di Circolo o d’Istituto (CCNL 2007 art 28 c.8).  

ATTENZIONE! Se il Collegio delibera la riduzione, i minuti persi dovranno essere recuperati con gli/le stessi/e studente con il forte rischio che questo venga effettuato con la DAD. Il Collegio dunque non deve deliberare la riduzione dell’ora di 60 minuti. 

Il Consiglio di Istituto deve deliberare contro ogni ipotesi di riduzione del tempo scuola in presenza

Per contrastare i colpi di mano in Consiglio di istituto, docenti, ATA, genitori dovranno deliberare contro ogni ipotesi di riduzione del tempo scuola in presenza.  

ATTENZIONE  a non far rientrare la DAD nel tempo scuola come modalità blended (integrata) e a non deliberare comunque riduzioni superiori ai dieci minuti di lezione, poiché in questo caso sarebbe previsto il recupero indipendentemente dalle motivazioni che hanno generato la riduzione.

La deriva delle scuole autonome allo sbaraglio può riservare brutte sorprese: non scaviamoci la fossa con le nostre mani.

DA MAGGIO SIAMO SCESI IN PIAZZA MOLTE VOLTE PER CHIEDERE LE RISORSE NECESSARIE AD APRIRE LE SCUOLE IN SICUREZZA. DOBBIAMO AVERE LA FORZA E LA CONSAPEVOLEZZA PER PRETENDERLO

RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI SINDACALI DELLE RSU

A volte è necessario bloccare la contrattazione e avviare un ricorso ex art 28 per ristabilire il terreno legittimo delle relazioni sindacali nelle scuole. E’ il percorso che i Cobas di Bologna hanno dovuto seguire a tutela di una propria RSU, a cui era stato reiteratamente negato l’accesso all’informativa completa sull’utilizzo del bonus dell’a.s. 2018-19 (contenente nominativi, importi e motivazioni dell’attribuzione del riconoscimento economico).

Un’ulteriore e ancora più grave violazione dei diritti sindacali e in particolare dell’autonomia della RSU,  aveva portato nei mesi scorsi all’allontanamento dall’Istituto del rappresentante territoriale dei Cobas invitato all’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori.

Di fronte al, per noi, palese comportamento antisindacale messo in atto, prima della fine del giudizio  in tribunale,  è stato raggiunto un accordo di conciliazione  in cui si riconosce la piena legittimità delle richieste dei Cobas con impegno del Dirigente Scolastico a fornire l’elenco nominativo dei docenti che hanno percepito nell’A.S. 2018/2019 il Bonus premiale di cui all’art. 1, comma 127, della legge n. 107/2015, comprensivo dei compensi di ognuno e delle motivazioni sottese alla distribuzione e a non reiterare ulteriori divieti di partecipazione del rappresentante Cobas, qualora invitato dalla RSU d’Istituto, alle assemblee indette dalla stessa come stabilito dall’art. 4, c. 3 Contratto Nazionale Quadro del 4 dicembre 2017.

Non è la prima volta che la tentazione dirigista che serpeggia nelle scuole porta i dirigenti a interpretare in modo monocratico le regole che presiedono le relazioni sindacali assumendosi un illegittimo quanto inopportuno ruolo di fonte normativa in sostituzione delle regole vigenti.

L’autonomia del rapporto tra RSU e lavoratrici/lavoratori è inderogabile. Abbiamo assistito ad episodi inauditi come l’allontanamento di un rappresentante cobas da una assemblea di istituto a cui era stato invitato dalla RSU! Alcuni dirigenti sembrano ancora non capire che il loro potere e il loro controllo hanno dei limiti, che non è concessa la loro interferenza e non è richiesto il loro permesso per convocare una assemblea o deciderne le modalità di svolgimento.

L’informazione inoltre, come prevede il CCNL, è il presupposto per il corretto funzionamento delle relazioni sindacali. Senza una informazione corretta esaustiva e trasparente non può prendere l’avvio un tavolo di contrattazione. Trincerarsi dietro la privacy per rendere opaca e lacunosa l’informativa data alla rsu pregiudica irrimediabilmente lo svolgimento della contrattazione nonché il presupposto del rispetto tra le parti. Non è un buon servizio offerto alla comunità scolastica e alla trasparenza quello di costruire una asimmetria nell’informazione riguardo alla distribuzione delle risorse e degli incarichi. Questa asimmetria è la base di un rapporto di potere che disarma la RSU rendendola impotente.

È ancora necessario ribadire che rientra tra i postulati di base del sistema delle relazioni sindacali la parità, pur nel rispetto dei diversi ruoli e delle diverse responsabilità, tra i due soggetti in questione: la Dirigenza e le RSU.  Il modello gerarchico del rapporto di subordinazione lavorativa non vale, è purtroppo ancora necessario ribadirlo, sul piano delle relazioni sindacali. La RSU gode di diritti che sono connessi alla propria funzione e risultano inaccettabili le invasioni di campo sul terreno delle sue prerogative e delle sue autonomie.
30/06/2020

COBAS SCUOLA BOLOGNA    

UN CHIARIMENTO SU FERIE DOCENTI E ATA

25/06/2020

 Il CCNL Istruzione 2006-2009 stabilisce, all’art. 13 comma 9, che i docenti devono fruire delle ferie durante i periodi di sospensione delle attività didattiche (come individuati dai calendari scolastici regionali), ovvero, per quanto riguarda l’estate, in genere dal 1° luglio al 31 agosto, ad eccezione dei giorni destinati agli scrutini, agli esami o alle attività funzionali all’insegnamento (che devono essere inserite nel piano annuale delle attività deliberato dal Collegio Docenti ad inizio anno scolastico o successivamente modificato).

 Quanto al personale Ata, l’art. 13 comma 11 prevede che esso ha diritto a fruire delle ferie, compatibilmente con le esigenze di servizio, anche in maniera frazionata, assicurando comunque la fruizione di almeno 15 giorni consecutivi nel periodo 1° luglio-31 agosto, nel rispetto dei turni prestabiliti nell’ambito del piano delle attività predisposto all’inizio dell’anno ai sensi degli artt. 51 e 53 CCNL Istruzione 2006-2009.

 La richiesta di ferie, sia per quanto riguarda il personale docente che Ata, va presentata al Dirigente Scolastico, ma tale richiesta non può essere rifiutata se non a fronte di indifferibili esigenze di servizio, che vanno adeguatamente motivate. Le ferie, infatti, sono un diritto soggettivo irrinunciabile del dipendente, che esula dalla discrezionalità del dirigente e dalle eventuali ragioni organizzative addotte dalla scuola e, come tali, non sono sottoposte ad un provvedimento concesso del Dirigente Scolastico.

 Per quanto riguarda la programmazione di eventuali attività che coinvolgano i docenti o il personale Ata nei periodi precedenti al 1° settembre, l’opinione maggioritaria ritiene che essa debba essere deliberata dal Collegio Docenti e dal Consiglio di Istituto al momento dell’adozione del piano annuale della attività, in relazione al quale, si ricorda, le modalità di utilizzazione del personale docente e Ata sono materia di confronto (artt. 6 e 22 CCNL Istruzione 2016- 2018).

 Secondo tale opinione, successivamente all’adozione del piano delle attività, eventuali modifiche significative dello stesso, decise dagli organi collegiali in corso d’anno scolastico, possono essere adottate solo previa informazione della rappresentanza sindacale (art. 28 comma 4 CCNL Istruzione 2006-2009; per l’ipotesi in cui le modifiche riguardino il personale Ata, occorrerebbe inoltre la convocazione della riunione di tale personale ai sensi dell’art. 41 comma 3 CCNL Istruzione 2016-18).

 Peraltro, non manca nel panorama sindacale chi ritiene, con un’impostazione ancora più restrittiva, che, per quanto riguarda il personale docente, il Collegio Docenti non possa deliberare sulle ferie di un lavoratore e, pertanto, qualsiasi delibera in tal senso sarebbe da ritenersi nulla, potendo il Collegio calendarizzare le proprie riunioni soltanto dal 1° settembre al 30 giugno.

 Resta in ogni caso fermo che, in assenza delle condizioni sopra descritte, qualunque decisione assunta unilateralmente dal Dirigente Scolastico che comprima il diritto alle ferie, per esempio negando al personale la possibilità di fruire di giorni di ferie in determinati giorni di luglio e agosto, è da considerarsi priva di fondamento giuridico e, pertanto, ILLEGITTIMA.

 In ogni caso, eventuali iniziative programmate nel periodo estivo, anche ove pianificate in ossequio alle procedure di legge, dovranno rispondere ad esigenze reali e concrete del singolo istituto ed essere effettivamente attivate, non potendo ritenersi legittima l’imposizione di un generico obbligo di presenza a scuola.

 Su tale punto, si richiama una datata, ma tutt’ora efficace, Circolare dell’Ufficio Coordinamento Decreti Delegati (prot. n. 1972 del 30 Giugno 1980), secondo cui: “Ribadito l’obbligo dei docenti a prestazioni di servizio anche durante il periodo estivo, occorre però precisare che le iniziative programmate dagli organi competenti devono rispondere a reali esigenze delle singole scuole ed essere effettivamente attivate. Appare in contrasto con il sistema previsto dai decreti presidenziali 31 maggio 1974, n. 416 e 417, l’imposizione di obblighi di semplice presenza nella scuola che non siano dipendenti da iniziative programmate e attivate” (ndr. i DPR citati sono confluiti nel T.U. Istruzione attualmente in vigore).

▶ Tale interpretazione è stata successivamente avallata anche dal Consiglio di Stato, con la sentenza 8 maggio 1987 n. 173.

 In conclusione, si precisa che neanche eventuali riferimenti all’attuale situazione di emergenza sanitaria potrebbero supportare scelte dirigenziali volte a limitare la fruizione delle ferie nei mesi di luglio e agosto o a disporre un rientro obbligatorio in servizio anticipato rispetto al 1° settembre 2020, poiché, ad oggi, non è stata disposta nessuna misura in tal senso da parte delle autorità governative competenti.

Cobas Scuola, Giugno 2020.

Corteo Regionale: vogliamo salute, soldi e diritti

I Cobas di Bologna aderiscono all’appello per una convergenza cittadina e regionale delle diverse realtà del sindacalismo di base per far fronte alle politiche di gestione della crisi che stanno iniziando a prendere forma in queste settimane. La data del 20 giugno può rappresentare l’inizio di un percorso di confronto e di riflessione che riteniamo necessario per far fronte a una situazione che si annuncia drammatica e senza precedenti, costringendo tutte e tutti a ripensare le forme e gli obiettivi della propria azione politica e sindacale

BOLOGNA 20 giugno 2020

piazza XX Settembre ore 16.30

Corteo Regionale: vogliamo salute, soldi e diritti!

Appello per una convergenza cittadina e regionale dei percorsi di lotta “Per un nuovo futuro.

Vogliamo salute, soldi e diritti”

Il tempo pandemico che stiamo vivendo ha messo in luce una serie di elementi che prima di questa crisi erano spesso oscurati dal riprodursi della “normalità”. Abbiamo visto come decenni di tagli alla sanità dei governi di destra e di sinistra abbiano minato le basi per la possibilità della salute pubblica. Abbiamo visto come il padronato non abbia nessuna esitazione nello scegliere il profitto a discapito della salute di chi lavora. Abbiamo visto quanto sia centrale il lavoro riproduttivo e quanto molti lavori “essenziali” siano garantiti con salari miseri, precarietà, assenza di diritti e tutele. Abbiamo visto la centralità del lavoro produttivo, costretto al ricatto lavoro/salute e la brutalità dello sfruttamento del lavoro migrante. Abbiamo visto aumentare le disuguaglianze sociali, i ricchi arricchirsi, i ceti medi e le classi popolari in caduta libera verso la povertà assoluta. Abbiamo visto grandi multinazionali come Amazon o FCA accumulare profitti volando rapaci sui nostri territori con la prepotenza dei predatori. Abbiamo visto i politici capaci solo di proclami mentre stiamo andando verso una nuova grande crisi globale – quella finanziaria del 2008, in confronto, era solo una piccola cosa rispetto a quanto potrebbe ora accadere.

In queste settimane abbiamo visto nascere espressioni di resistenza collettiva, di lotta, di mobilitazione. Scioperi, astensioni dal lavoro a tutela della salute, rivolte delle carceri, lotte per accedere al reddito, scioperi degli affitti, una miriade di forme di solidarietà e di mutualismo nei quartieri e nei caseggiati; tutte azioni che abbiamo organizzato, sostenuto e attraversato.

Pensiamo che in questa crisi drammatica le classi dirigenti abbiano già deciso che sistema di welfare e modello di sviluppo non devono subire alcuna significativa né radicale inversione di tendenza, di cui invece abbiamo assoluta necessità e bisogno.
Va in questa direzione la gestione politica dell’emergenza e soprattutto della transizione targata Bonaccini, che rappresenta un modello per la gestione capitalistica dell’era pandemica, imperniata su un sistema economico produttivista, inquinante e neocorporativo, su un welfare differenziale e sussidiario, su una sanità ancora pienamente fonte di profitto privato.

Bisogna allora organizzarsi in fretta per contrastare questi tentativi, e per cambiare finalmente rotta. Il lavoro è sempre più massacrato, la salute sempre meno tutelata, il modo di produrre distrugge il Pianeta, le ingiustizie sociali aumentano vorticosamente e la cultura patriarcale e razzista è sempre più violenta. Per questo, non è sufficiente affermare che “non vogliamo pagare noi questa crisi”, ma soprattutto – riprendendo uno slogan del movimento migrante – che ‘We are not going back’, non vogliamo tornare indietro! Perché se il tempo presente è quello della ricostruzione dell’economia, della democrazia, della società per noi deve rappresentare un campo di contesa dove vogliamo batterci per costruire un nuovo futuro.

La crisi devono pagarla Confindustria, le grandi multinazionali, i politici e gli imprenditori dei tagli e privatizzazioni alla sanità, delle guerre permanenti, del cemento e della distruzione dei territori. Dobbiamo respingere l’idea di un welfare fatto di elemosine “una tantum” per imporre la necessità di misure universalistiche in grado di essere dispositivi di liberazione da precarietà, sfruttamento, ricatti, impoverimento. Ribadire il no a sanatorie-truffa che mercificano i corpi migranti, perché nessun uomo e nessuna donna è illegale. Mettere in comune le lotte per il salario, per il reddito, per il welfare e praticare un vero e proprio cambio di paradigma che rovesci quello attuale e quello che si prospetta, riconoscendo pienamente il valore del lavoro sociale e riproduttivo.

In questa direzione a Bologna e in regione è iniziato nel mese di maggio un percorso di mobilitazione che ha visto sinora far visita alla Regione Emilia Romagna e all’INPS e a mobilitarsi il 30 maggio. Una convergenza di sindacalismo e realtà sociali che sta svolgendo sui posti di lavoro e nei quartieri tante iniziative di lotta e solidarietà e che nelle prossime settimane continuerà a mobilitarsi come nelle date del 2 giugno e alle manifestazioni del 6 giugno.

Nella direzione del costruire una nuova forza collettiva, eterogenea, estesa e che sia in grado di essere all’altezza del momento storico che stiamo vivendo lanciamo pubblicamente una manifestazione regionale a Bologna sabato 20 giugno “per un nuovo futuro di salute, reddito e diritti per tutte e tutti!

Primi firmatari:

ADL Cobas Emilia-Romagna
SGB Emilia-Romagna
Si Cobas
Cobas Bologna

Lab. Crash
Tpo
Làbas
Rent strike Bologna
Campagna Reddito di quarantena E.R.
Unione Inquilini Bologna
Associazione Bianca Guidetti Serra
Collettivo Salute per Tutte/i
Laboratorio AQ16
Città Migrante
Casa Bettola
Social Log
CUA Bologna
Casa Madiba Network
Vag61
RUB – Riders Union Bologna
Il Forum per il diritto alla salute – Emilia Romagna
Fronte della Gioventù Comunista – FGC Bologna

POLITICAL DIVIDE

Immaginate di svegliarvi un mattino e, mentre state bevendo il vostro primo caffè, di imbattervi in questa notizia.

AVVISO PUBBLICO

“IL COMUNE DI VATTELAPESCA ASSEGNA ATTREZZATURE GRATUITE A PERSONE CON DISABILITA’ MOTORIE GRAVI”

Incuriositi scorrete il testo fino al capoverso “COME PRESENTARE DOMANDA”

“Le persone con disabilità motorie gravi devono presentare domanda cartacea recandosi di persona all’ufficio comunale X in via Y, interno Z, 12° piano senza ascensore”

Il caffè tende ad andarvi di traverso e il vostro pensiero va all’ennesima fake news.

Torniamo alla realtà che, purtroppo, supera di gran lunga la fantasia.

La Giunta regionale dell’Emilia Romagna ha deliberato un contributo di 5 milioni di euro per garantire a tutti i ragazzi delle scuole e della formazione professionale dell’Emilia-Romagna strumenti tecnologici e connettività. A questi si aggiunge la donazione di un milione di euro di Zanichelli editore, destinata a progetti rivolti ai bambini delle scuole primarie. https://formazionelavoro.regione.emilia-romagna.it/coronavirus/progetto-contrasto-divario-digitale

Tale delibera assegna ai Comuni la definizione delle modalità di programmazione e di gestione delle risorse.

Arriviamo al Comune di Bologna che, nell’atto di bandire un avviso pubblico PER LA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI ASSEGNAZIONE DELLE DOTAZIONI TECNOLOGICHE, PERSONAL COMPUTER E DISPOSITIVI DI CONNETTIVITA’ PER IL PROSSIMO ANNO SCOLASTICO 2020-2021 al punto 5, “Come fare domanda (termini e modalità di presentazione)” recita: “E’ possibile presentare le richieste per i PC portatili e/o le schede SIM dalle ore 9.00 del 22 giugno 2020 fino alle ore 13 del 7 luglio 2020 unicamente online collegandosi a https://servizi.comune.bologna.it/bologna/StudDevice2020 (accesso con credenziali SPID).”

Come dicevamo la realtà supera drammaticamente la fantasia.

Si chiede a famiglie di “studenti appartenenti a nuclei in carico ai Servizi sociali la cui condizione di vulnerabilità economica e/o sociale non consenta di garantire il diritto allo studio” di utilizzare mezzi e modalità informatiche per ottenere strumenti informatici necessari a superare il loro digital divide.
A questo punto il problema maggiore non è il Digital Divide ma la Political Divide dove il divario si situa tra gli atti amministrativi e la realtà.

14/06/2020

COBAS SCUOLA BOLOGNA

Basta con la Didattica a Distanza, la Scuola è un’altra cosa, a settembre tutte/i in classe in sicurezza

TUTTE/I A SCUOLA IN SICUREZZA

NO ALLE CLASSI POLLAIO

SI ALL’ASSUNZIONE DI DOCENTI E ATA

SI A INVESTIMENTI NELL’EDILIZIA SCOLASTICA

Basta con la Didattica a Distanza, la Scuola è un’altra cosa,

a settembre tutte/i in classe in sicurezza.

Nel corso degli anni, abbiamo assistito a un costante incremento del numero di alunne/i per classe, che oggi, sulla base delle norme esistenti potrebbero arrivare fino a 30 e oltre. Invece di ridurre le “classi pollaio”, come affermato pubblicamente, il Governo, tramite gli Ambiti Territoriali Provinciali (gli ex Provveditorati) sta comunicando in questi giorni che salteranno molte prime classi della scuola secondaria di I e II grado e molte terze classi nella secondaria di II grado.

In queste condizioni, è penalizzato il percorso didattico-educativo e non è garantito nessun “distanziamento”.

In sostanza, invece di consentire la ripartenza della didattica in presenza a settembre con aule meno affollate, il Ministero preferisce approfittare dell’occasione per ridurre classi e organici e, nel frattempo, carica su docenti e ATA tutte le difficoltà legate al recupero delle attività che in quest’anno scolastico non si sono potute svolgere per effetto dell’attuale sospensione.

Perfino la misura urgente di stabilizzazione dei precari che già lavorano da anni nelle scuole è stata vanificata dall’ipocrita litania sulla meritocrazia, come se i docenti senza abilitazione non fossero già parte strutturale del corpo docente da anni e in misura sempre crescente, come se dopo quattro mesi di chiusura delle scuole ancora non fosse chiaro e degno di allarmata attenzione lo stato prossimo al collasso in cui si trova la scuola. Basti pensare alla situazione dei posti di sostegno, coperti in molte scuole da più del 50% da insegnanti precari. Il risultato sarà quello di arrivare all’inizio di settembre con un ulteriore elemento di incertezza dovuto al fatto che più di un quarto dei docenti saranno supplenti.

Non è ammissibile che si pensi di affrontare l’inizio del nuovo anno scolastico aumentando l’orario di lavoro dei docenti (è questo che significa, alla fine dei conti, realizzare unità orarie di 40 o 45 minuti!!!), come sembra emergere dai documenti dei vari comitati di esperti incaricati di trovare soluzioni a costo zero, oppure riducendo le prerogative degli organi collegiali e affidando la gestione della riapertura all’autonomia delle singole scuole e alla “creatività” dei loro dirigenti, come propone di fare l’ANP.

Piuttosto che pensare soltanto a finanziare DaD e attrezzature digitali, costringendo docenti e famiglie a supplire a quanto il Ministero non vuole fare, sono necessari:

 un rovesciamento delle politiche degli ultimi trent’anni di dimensionamento e accorpamento degli istituti: con un ripristino delle “scuole di prossimità” (così come è necessario ripristinare una sanità di prossimità);

interventi incisivi di welfare studentesco: trasporti e libri di testo gratuiti, per tutti gli ordini e gradi di scuola, bonus studio, interventi previdenziali per genitori. la riduzione del numero di alunni/e per classe;un conseguente e consistente incremento dell’organico docente, a cominciare dall’immissione in ruolo dal primo settembre 2020 di TUTTI i 200.000 precari che hanno lavorato quest’anno e di quelli che comunque hanno alle spalle 3 anni di servizio; un conseguente e consistente incremento del personale ATA che garantisca la riapertura delle scuole in sicurezza senza che questo si traduca in un sovraccarico di lavoro sulle spalle di un personale numericamente insufficiente;  l’utilizzo di tutte le risorse interne alla scuola (ore di potenziamento e tutte le risorse legate al FIS) per attività e progetti legati all’aiuto degli alunni e delle alunne in difficoltà e per l’attività didattica ordinaria;la ricerca e l’utilizzo di risorse esterne alla scuola (dai PON ai finanziamenti di enti pubblici e soggetti privati) che abbiano esclusivamente lo stesso obiettivo del punto precedente;  interventi urgenti edilizia scolastica con stanziamenti consistenti (almeno un punto di PIL in più destinato alla scuola), per acquisire, adeguare e attrezzare classi, palestre, laboratori, spazi aperti;  un ripensamento non solo dell’architettura scolastica ma anche degli spazi urbani a misura di bambini/e, ragazzi/e;


Il diritto all’istruzione, non può diventare un fatto privato.

  Insieme con studenti, studentesse e genitori, i Cobas mettono al centro la difesa della scuola pubblica statale, in tante situazioni unico presidio di partecipazione e democrazia.

BASTA PROPAGANDA

LA SCUOLA, COME LA SANITÀ, DOPO ANNI DI TAGLI MILIARDARI, HA BISOGNO DI UN FINANZIAMENTO STRAORDINARIO

Il giorno 6 giugno, a Bologna, come in altre città italiane
RIAPRIAMO la scuola in piazza!

Riapriamo le piazze alla SCUOLA!
L’appuntamento è alle 16 in Piazzale Jacchia, presso i Giardini Margherita.

Cobas Scuola Bologna


Gli aggiornamenti li trovate su facebook
03 giu 2020 cobasbol@gmail.comFacebookRssYoutubePrivacy policyQuesto sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al suo funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.

La scuola in piazza. Non c’è sicurezza senza risorse

Vogliamo riaprire le scuole alla didattica in presenza, alla vita sociale e affettiva di bambin* e ragazz* che in questi mesi sono stati abbandonat* a se stess*, tutelando la salute di tutta la comunità scolastica.
Un piano straordinario per la scuola è urgente, necessario e giusto.

Come è possibile che lo Stato destini decine di miliardi alle imprese private e riservi alla scuola pubblica solamente 1 miliardo e mezzo per due anni?

Gli stanziamenti sono del tutto insufficienti e laddove sarebbe necessario investire in spazi adeguati, incremento massiccio dell’organico e misure di prevenzione, ci si preoccupa di “device” e connettività.

Per questo le misure presentate in questi giorni non offrono alcuna certezza sui modi della riapertura a settembre.
E’ verosimile immaginare che, senza gli interventi urgenti appena menzionati, al primo allarme bambin*, adolescenti e insegnanti saranno di nuovo rispediti a casa.

In questi ultimi giorni inoltre:

  • è scomparso ogni riferimento al reperimento di risorse straordinarie per la scuola pubblica;
  • vengono proposte riduzioni del tempo scuola;
  • si lascia via libera al fai-da-te delle singole istituzioni e all’arbitrarietà dei singoli dirigenti di decidere turnazioni/alternanze e utilizzo di didattica a distanza (già dalla scuola media! E nonostante il disastro didattico e relazionale che abbiamo vissuto in questi mesi).

Di fronte a un probabile naufragio si spinge sul “si salvi chi può”, si rinuncia così all’idea di un diritto garantito a tutti allo stesso modo.

E ancora:

  • si propone l’esternalizzazione della scuola pubblica mediante ricorso a cooperative o volontariato;
  • non si capisce come si vogliano superare le classi-pollaio;
  • è stata bloccata la stabilizzazione dei/delle docenti precari/ie che da anni lavorano nelle scuole, con il risultato di avere in previsione oltre 200.000 precari in servizio a Settembre.

Tutto ciò è pericoloso non solo per la ripresa a settembre, ma anche (e soprattutto) per il futuro della scuola pubblica.
Questi disordinati brandelli di un’ipotetica soluzione prefigurano in realtà una pericolosa destrutturazione della scuola pubblica che non ha precedenti.

Pochissimi, tra i fondi ingenti che si stanno stanziando per uscire dall’emergenza creata dal Covid 19, sono destinati all’istruzione e all’educazione.

Di fronte a questo scenario ribadiamo: Priorità alla scuola!

L’istruzione e la sicurezza sono diritti.

Genitori, student*, insegnanti, personale ATA, educatrici ed educatori: di nuovo insieme, di nuovo in piazza.

Appuntamento sabato 6 giugno, alle 16, ai Giardini Margherita (Piazzale Jacchia).

Firma (in aggiornamento):

CESP Centro studi per la scuola pubblica
Cinnica
Cobas Scuola
Coordinamento precari/ie della scuola Bologna e Modena
Rete Bessa
SGB – Sindacato Generale di Base

Per info e adesioni           

6giugno_scuola@libero.it

347.284.3345

340.463.0240

348.919.6123

Mostra fotografica il porrajmos: lo sterminio dimenticato dei Romanì

CESP – Centro Studi per la Scuola Pubblica Bologna COMUNIMAPPE- Libera Comune Università Pluriversità Bolognina

20 gennaio – 10 febbraio 2018  presso l’I.C.1 “G. Dozza” via De Carolis 23 – Bologna, Aula magna

a cura di Raffaele Petrone, Gabriele Roccheggiani, Matteo Vescovi
La mostra si potrà visitare ogni giorno, dalle 9 alle 13, su prenotazione delle classi di primaria e secondaria di primo grado. 
Informazioni e prenotazioni: comunimappe@gmail.com – cespbo@gmail.com



MOSTRA FOTOGRAFICA E LABORATORIO DIDATTICO
per le classi di scuola secondaria di I grado e le classi quinte della scuola primaria

26 FEBBR. – 8 MARZO 2018I.C. di Crespellanoscuola media F. Malaguti,  
Informazioni 


12 MARZO – 16 MARZO 2018I.C. 3 Lame di Bologna
scuola media Salvo D’Acquisto
via della Beverara 188  

CESP – Centro Studi Scuola Pubblica: cespbo@gmail.comwww.cespbo.it

COMUNIMAPPE – Libera Comuni Pluriversità Bolognina: http://comunimappe.blogspot.it/