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Genova 2021: voi la malattia, noi la cura

26/06/2021

Nei giorni del ventesimo anniversario del G8, Genova tornerà ancora una volta al centro di iniziative e mobilitazioni, locali, nazionali e internazionali. La Rete Genova 2021 “Voi la malattia, noi la cura” (di cui i COBAS fanno parte), nel ventesimo anniversario del G8, promuove a Genova il 19 e il 20 luglio: una assemblea nazionale di convergenza dell’attivismo sociale e una assemblea internazionale, verso un autunno di mobilitazione nazionale per curare questo mondo malato. E fa appello alla partecipazione alla manifestazione di Piazza Alimonda il 20 luglio. Alla Rete aderiscono organizzazioni, reti e movimenti sociali di vecchia e nuova generazione; le principali campagne, lotte, vertenze e pratiche alternative del nostro paese; attivisti e attiviste, inclusi molti/e che erano parte del Consiglio dei Portavoce del GSF; animatori e animatrici del movimento altermondialista a Genova, dei movimenti, campagne, lotte e vertenze, pratiche alternative dell’oggi. Altre iniziative si terranno in tutta Italia da qui ai giorni di Genova, e dal 18 al 21 luglio si terrà anche un Forum a Palazzo Ducale promosso dalla rete “Genova 20 anni dopo: un altro mondo è necessario.” Nel suo appello per la mobilitazione del 19 e 20 luglio, la Rete Genova 2021: voi la malattia noi la cura dichiara:

“Venti anni fa, una straordinaria convergenza di idee, esperienze, culture e pratiche in Italia e in tutto il mondo alimentò una grande speranza di cambiamento globale. Già conteneva la previsione dello scenario a cui si andava incontro: l’insostenibilità della globalizzazione neoliberista e i suoi pesantissimi impatti sociali, economici e ambientali. Le crisi che anno dopo anno si sono succedute a ritmi sempre più preoccupanti ci hanno dato ragione- fino alla pandemia, che ha messo in luce tutti i limiti strutturali del sistema e i pericoli che esso porta con sé. Oggi, la necessità di una alternativa di sistema è ancora più evidente. Il potere economico finanziario, il sistema politico, i governi ci costringono da venti anni a fare le Cassandre: nessun passo è stato fatto verso quel mondo diverso rivendicato da un gigantesco movimento globale, nonostante la consapevolezza dei problemi sia ora molto più grande di allora. Ora un virus ha messo a nudo tutta la magnitudine del disastro – climatico, sociale, umano, di genere, ambientale, pandemico, sanitario. Un forte punto di riferimento anti-sistemico è oggi ancora più necessario. Davvero nessuno si salva da solo. Superare la frammentazione geografica e tematica, ricostruire convergenza a livello nazionale, europeo e globale per darsi forza a vicenda è oggi più che mai necessario.”

 Il programma di iniziative promosse dalla Rete comprende:

 ASSEMBLEA NAZIONALE, Genova 19 luglio dalle ore 14:30 alle ore 21:00 “GENOVA 2021: VOI LA MALATTIA, NOI LA CURA”.

 Insieme per:

–    fare memoria di un pezzo di storia importante dei movimenti sociali  

–    chiedere verità e giustizia, ancora negate

–    affermare il diritto al dissenso, al conflitto sociale e alla difesa della spazio civico

–    denunciare i rischi che le severe lezioni della pandemia vengano disperse

–    rifiutare il ritorno a una normalità peggiore di prima

–    impegnarsi a costruire e rendere visibile una convergenza anti-sistemica fin dall’autunno

 ASSEMBLEA INTERNAZIONALE, Genova 20 luglio dalle ore 9:30 alle ore 13:30 ASSEMBLEA INTERNAZIONALE “GENOVA 2021: VOI LA MALATTIA , NOI LA CURA”

Parteciperanno attivisti e attiviste dei Forum Sociali Mondiali, continentali, regionali e nazionali di tutto il mondo, organizzazioni e movimenti protagonisti del movimento altermondialista, attori sociali di nuova generazione protagonisti delle principali lotte e pratiche per una alternativa di sistema in tutte le regioni del pianeta.

MANIFESTAZIONE A PIAZZA ALIMONDA, Genova 20 luglio ore 15:00 promossa dal Comitato Carlo Giuliani

L’appello completo, le adesioni, le iniziative locali in tutta Italia di qui a luglio, e altre iniziative promosse a Genova nei giorni del ventesimo anniversario si trovano su genova2021.blogspot.com

Cobas Scuola

IL 25 GENNAIO CHIUDONO LE ISCRIZIONI: ORA CHIUDIAMO LE CLASSI POLLAIO!

Il 25 gennaio

Manifestazioni in decine di città. A Bologna presidio di fronte all’Ufficio scolastico regionale in Via de’ Castagnoli n.1, ore 15.30

RIDURRE IL NUMERO DI ALUNNI/E PER CLASSE

ASSUMERE IMMEDIATAMENTE I/LE PRECARI/IE DELLA SCUOLA

 La ministra Azzolina è entrata al MIUR affermando che avrebbe preso di petto la questione delle classi pollaio ed ha continuato a ribadire lo stesso concetto anche nel corso della pandemia. Queste sono le parole. E i fatti?

La ministra Azzolina è entrata al MIUR affermando che avrebbe preso di petto la questione delle classi pollaio ed ha continuato a ribadire lo stesso concetto anche nel corso della pandemia. Queste sono le parole. E i fatti?

I fatti ci dicono che nemmeno un euro è stato stanziato, né nel Recovery Plan né in Finanziaria, per la riduzione del numero di alunni/e per classe e il problema del sovraffollamento delle aule è letteralmente scomparso nelle recenti linee guida emanate dal MIUR.

Così le scuole, che stanno finendo di raccogliere le iscrizioni per il prossimo anno scolastico, procederanno con i soliti coefficienti a costruire le classi iniziali.

Il tutto come se non si fosse nel pieno di una pandemia globale.

Il tutto come se la pandemia non avesse mostrato la condizione disastrosa della scuola pubblica italiana.

I tagli che negli anni sono stati inflitti alla scuola pubblica, il cui esito è stato ulteriormente aggravato dalla crisi hanno comportato l’interruzione (o il forte depotenziamento attraverso la DAD) del diritto costituzionale all’istruzione per un’intera generazione, che ne sta pagando il prezzo, anche psicologicamente.

Rispetto a tutto questo, continuiamo a chiedere un punto di PIL per finanziare la scuola pubblica; chiediamo che i soldi pubblici, siano essi fondi europei o nazionali, non siano investiti ancora in digitale o in una fantomatica sinergia con le attività produttive, ma vengano utilizzati per una riduzione significativa del numero di alunni/e per classe e per il conseguente ampliamento dell’organico docente e ATA, unica risorsa per affrontare le problematiche di questo momento e del futuro; chiediamo che docenti e ATA vengano stabilizzati quanto prima.

Non vogliamo rientrare nella “scuola-miseria” che abbiamo conosciuto prima della pandemia: vogliamo una scuola pubblica sicura e di qualità, unico vero e reale deterrente a delle innovazioni che non sono altro che privatizzazioni mascherate. 

Il 25 gennaio alle ore 15:30, assieme a Priorità alla scuola Bologna, saremo di fronte all’Ufficio scolastico regionale in Via de’ Castagnoli n.1 per porre alle istituzioni quelle che devono essere le priorità per una scuola pubblica sicura e di qualità:

  • riduzione del numero di alunni/e per classe: massimo 20 alunni/e e 15 in presenza di alunne/i con disabilità
  • immediata assunzione dei/lle precari/ie della scuola statale
  • investimenti seri e veloci sull’edilizia scolastica
  • tracciamento periodico, capillare e diffuso all’interno delle scuole
  • introduzione immediata della figura del medico scolastico

COBAS – Comitati di base della Scuola Bologna
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RIAPERTURA DELLE SCUOLE E SICUREZZA

La ritirata del governo sulla riapertura delle scuole il 7 gennaio sembra non avere più limiti: la scelta di ridurre dal 75 al 50% la percentuale di attività che si svolgeranno in presenza nelle scuole superiori è stata soppiantata, a due giorni dalla scadenza, dalla decisione di rimandare l’apertura all’11 gennaio, apertura che, a sua volta, dovrà essere confermata dopo la valutazione dei dati nel prossimo week end. Già nelle ore precedenti questa ultima delibera governativa, diverse regioni si erano mosse autonomamente e, con un effetto a catena,  avevano annunciato lo spostamento della riapertura in Febbraio. Il caos e il disorientamento regnano sovrani, il governo appare sempre più incapace di gestire la situazione e la scuola, proprio quando viene abbandonata alla deriva,  diviene terreno primario di uno straniante e improvvido conflitto politico-istituzionale: per il regolamento di conti tra le forze politiche di governo così come per l’affermazione nei fatti di una balcanizzazione del paese parallela al processo di rafforzamento dei poteri della conferenza stato-regioni.

Come se ciò non bastasse anche il mondo sindacale, attraverso raccolte di firme, tavoli di “concertazione” regionali e prese di posizione a livello nazionale,  si è mosso compattamente per chiedere di bloccare la ripresa delle lezioni in presenza in nome della salute e della sicurezza. Lo slogan “Scuole aperte in sicurezza” è divenuto un altro modo per dire “Scuole chiuse fino a quando non sarà garantita la piena sicurezza”. Fino a quando dunque?

La posizione dei Cobas della scuola su questo punto, maturata in lunghi mesi di dibattito serrato, è molto diversa, ed è stata espressa nelle assemblee e nei convegni di Dicembre. Ancora una volta siamo di fronte a politiche di gestione dell’epidemia che contraddicono la presunta volontà politica di riaprire le scuole. Nessun piano nazionale di gestione del monitoraggio scuola per scuola, della gestione dei tamponi, nessuna trasparenza sulla gestione prefettizia, nessun intervento strutturale sui trasporti, nessuna presenza del personale sanitario all’interno delle scuole, nemmeno una presa di posizione chiara e vincolante sui piani vaccinali. E’ evidente che ciò che il governo dice non è allineato con ciò che fa, ma ciò significa operare comunque una scelta chiara: mettere in cantiere la chiusura delle scuole come primo provvedimento da adottare di fronte alla crescita della curva dei contagi. Assumere il diritto all’istruzione come il primo dei diritti sacrificabili in nome della salute pubblica. Era così a Settembre e così continua ad essere.
E’ appunto questa prevedibilità e questa coerenza degli effetti dell’azione-inazione di governo che ci impone di pensare e muoverci in modo diverso sulla questione della riapertura delle scuole e della sicurezza.
Le scuole superiori non sono un luogo più insicuro di tanti altri posti di lavoro aperti (lo conferma anche l’ultimo Rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità), a partire dalle stesse scuole medie, elementari e materne e risulta davvero difficilmente comprensibile perché sul piano della sicurezza chi lavora nella scuola media lo faccia in presenza e chi lavora nella scuola superiore invece no. Oppure chiediamo la chiusura di tutto, dalla materna all’università? Il piano strettamente sindacale, peraltro a tutela di una sola parte della categoria (il personale in servizio nella scuola secondaria di II grado), a noi sembra insufficiente per trovare un orientamento nel presente della scuola. La scuola è un bene pubblico primario e non un luogo privato di profitto. Non è la stessa cosa lavorare a scuola o lavorare in un’azienda privata o in un ruolo meramente impiegatizio. Il problema della Salute nella scuola deve riuscire a tenere insieme la dimensione lavorativa con quella sociale. Il danno alla salute psicofisica che sta producendo la chiusura delle scuole colpisce tutti, come avverrebbe per la chiusura di poliambulatori e ospedali, ma colpisce in primo luogo le fasce sociali più deboli e le lavoratrici e i lavoratori di altri settori che continuano a lavorare in presenza spesso senza avere garanzie di sicurezza maggiori di docenti e ATA.

Docenti e ATA che chiedono le scuole chiuse per motivi di sicurezza fruiscono quotidianamente dei servizi pubblici ma anche privati in cui altri lavoratori e altre lavoratrici garantiscono loro la possibilità di fare visite, esami del sangue, acquistare medicine o anche semplicemente di fare la spesa, mettendo in gioco i loro corpi e le loro paure personali. Perché proprio noi che lavoriamo nella scuola (e per giunta solo quelli delle scuole superiori) dovremmo essere meno motivati ad esserci e a lottare contro il deserto sociale che ci sta annichilendo tutti/e? Non avere la percezione di ciò significa accettare l’idea della scuola come un servizio pubblico superfluo, altro che essenziale. O qualcuno davvero crede ancora che la DAD sia scuola, quando perfino i suoi promotori indefessi della prima ora hanno abbandonato il campo? La scuola deve rimanere aperta perché non è più accettabile – ma in realtà non lo è mai stato – che venga ancora immolata sull’altare della vita economica e della salvaguardia delle attività produttive: è un punto per noi dirimente, anche a costo di perdere una parte di consenso sindacale nella categoria. Abbiamo visto in questi mesi le scuole chiuse e le vie dello shopping gremite, le stesse vie in cui ordinanze securitarie imponevano però il divieto di manifestazione. Dovremmo pensare che il piano abbia il fine di preservare salute e sicurezza?
La lotta per la sicurezza pensiamo si debba combattere sui luoghi di lavoro con le scuole aperte, a partire dalla richiesta di un sistema di tracciamento efficace e di servizi sanitari nelle scuole, che gestiscano in modo diretto i tamponi rapidi sul posto. Gli interventi del governo e ancor più delle regioni non sono adeguati e per questo dobbiamo continuare a batterci, ma le nostre rivendicazioni non possono giustificare la chiusura delle scuole, a meno che l’emergenza non abbia portato a chiudere anche le attività produttive. Le condizioni di totale sicurezza non esistono in nessun luogo di lavoro e per la scuola oggi questa richiesta in termini generali, e non legata a situazioni specifiche in cui si può determinare la chiusura di una classe, di un plesso o di una scuola, può solo significare il perdurare della situazione intollerabile di questi mesi e la chiusura ad oltranza di un servizio ritenuto superfluo.                                                                                

COBAS – Comitati di base della Scuola
7 gennaio 2021

Scuole aperte e sicurezza

La retromarcia del governo sulla riapertura delle scuole il 7 Gennaio ha portato dal 75 al 50% la percentuale di attività che si svolgeranno in presenza, senza possibilità estensive e, come se ciò non bastasse sono nate in questi giorni raccolte di firme per bloccare del tutto la ripresa delle lezioni in nome della salute e della sicurezza, sostenute anche da soggetti sindacali.
La posizione dei Cobas della scuola su questo punto, maturata in lunghi mesi di dibattito serrato, è molto diversa, ed è stata espressa nelle assemblee e nei convegni di Dicembre.
Le scuole superiori non sono un luogo più insicuro di tanti altri posti di lavoro aperti, a partire dalle stesse scuole medie, elementari e materne e risulta davvero difficilmente comprensibile perché sul piano della sicurezza chi lavora nella scuola media lo faccia in presenza e chi lavora nella scuola superiore invece no.
Oppure chiediamo la chiusura di tutto, dalla materna all’università?
Il piano strettamente sindacale, peraltro a tutela di una sola parte della categoria (il personale in servizio nella scuola secondaria di II grado), a noi sembra insufficiente per trovare un orientamento nel presente della scuola.
La scuola è un bene pubblico primario e non un luogo privato di profitto. Non è la stessa cosa lavorare a scuola o lavorare in un’azienda privata o in un ruolo meramente impiegatizio. Il problema della Salute nella scuola deve riuscire a tenere insieme la dimensione lavorativa con quella sociale. Il danno alla salute psicofisica che sta producendo la chiusura delle scuole colpisce tutti, come avverrebbe per la chiusura di poliambulatori e ospedali, ma colpisce in primo luogo le fasce sociali più deboli e le lavoratrici e i lavoratori di altri settori che continuano a lavorare in presenza spesso senza avere garanzie di sicurezza maggiori di docenti e ata.
Docenti e ATA che chiedono le scuole chiuse per motivi di sicurezza fruiscono quotidianamente dei servizi pubblici ma anche privati in cui altri lavoratori e altre lavoratrici garantiscono loro la possibilità di fare visite, esami del sangue, acquistare medicine o anche semplicemente di fare la spesa, mettendo in gioco i loro corpi e le loro paure personali. Perché proprio noi che lavoriamo nella scuola (e per giunta solo quelli delle scuole superiori) dovremmo essere meno motivati ad esserci e a lottare contro il deserto sociale che ci sta annichilendo tutt*?
Non avere la percezione di ciò significa accettare l’idea della scuola come un servizio pubblico superfluo, altro che essenziale. O qualcuno davvero crede ancora che la DAD sia scuola, quando perfino i suoi promotori indefessi della prima ora hanno abbandonato il campo?
La scuola deve rimanere aperta perché non è più accettabile – ma in realtà non lo è mai stato – che venga ancora immolata sull’altare della vita economica e della salvaguardia delle attività produttive: è un punto per noi dirimente, anche a costo di perdere una parte di consenso sindacale nella categoria. Abbiamo visto in questi mesi le scuole chiuse e le vie dello shopping gremite, le stesse vie in cui ordinanze securitarie imponevano però il divieto di manifestazione. Dovremmo pensare che il piano abbia il fine di preservare salute e sicurezza?
La lotta per la sicurezza pensiamo si debba combattere sui luoghi di lavoro con le scuole aperte, a partire dalla richiesta di un sistema di tracciamento efficace e di servizi sanitari nelle scuole, che gestiscano in modo diretto i tamponi rapidi sul posto. Gli interventi del governo e ancor più delle regioni non sono adeguati e per questo dobbiamo continuare a batterci, ma le nostre rivendicazioni non possono giustificare la chiusura delle scuole, a meno che l’emergenza non abbia portato a chiudere anche le attività produttive. Le condizioni di totale sicurezza non esistono in nessun luogo di lavoro e per la scuola oggi questa richiesta in termini generali, e non legata a situazioni specifiche in cui si può determinare la chiusura di una classe, di un plesso o di una scuola, può solo significare il perdurare della situazione intollerabile di questi mesi e la chiusura ad oltranza di un servizio ritenuto superfluo.

31.12.2020
Cobas Scuola Bologna

I precari della scuola e l’importanza del “doppio canale” – Registrazione del Convegno del 4 dicembre 2020

Questo convegno nasce da una constatazione apparentemente banale: se è vero che il precariato nella scuola è un elemento strutturale del reclutamento degli insegnanti, allora è necessario prevedere un sistema di reclutamento degli insegnanti che tenga conto del precariato in modo strutturale. 

Per questo motivo riteniamo che sia necessario ripristinare il “doppio canale”, l’unico sistema in grado di garantire sia la possibilità di entrare subito nella scuola in modo stabile a chi, magari appena laureato, vi si avvicina per la prima volta, sia il diritto all’assunzione a tempo indeterminato di chi nella scuola lavora già da anni e ne permette il funzionamento con il suo lavoro da precario. 

Per raggiungere tale obiettivo crediamo si debba uscire dalla falsa retorica del merito e dalla logica delle soluzioni parziali ed emergenziali che hanno caratterizzato gli ultimi anni. 

Questo convegno, pertanto, vuole essere un momento di riflessione e di dibattito che, partendo da uno sguardo sulle principali tappe del precariato nella storia della scuola italiana e, passando attraverso l’analisi degli scenari futuri più probabili, possa offrire un’occasione di confronto alle diverse tipologie di precari attualmente in servizio, per provare a condividere le esperienze e le specificità di ognuna e a ricomporre le fila di un discorso che spesso risulta frammentato. 

VENERDÌ 4 DICEMBRE 2020  Programma

Tra i relatori e le relatrici: docenti del Cesp, dei Cobas e di alcuni comitati e coordinamenti di precari protagonisti delle recenti lotte per la stabilizzazione.

Il diritto al sapere critico per difendere la scuola pubblica statale e il benessere psicofisico di alunne/i e personale

1 DICEMBRE 2020

venerdì 11 dicembre 2020 dalle 8.30 alle 13.30

in modalità videoconferenza, il link per il collegamento sarà reso disponibile pochi giorni prima del convegno.

per iscriversi al convegno clicca qui oppure inviare il modulo in allegato a cespbo@gmail.com

locandina dell’evento


Convegno Nazionale di Formazione

Il CESP è Ente Accreditato/Qualificato per la formazione del personale della scuola (D. M. 25/07/06 prot.869). Ricordiamo che si ha diritto all’ESONERO DAL SERVIZIO PER IL PERSONALE ISPETTIVO, DIRIGENTE, DOCENTE E ATA con diritto alla sostituzione in base all’art.64 comma 4-5- 6- 7 CCNL2006/2009 – CIRC. MIUR PROT. 406 DEL 21/02/06).

Fai richiesta alla segreteria del tuo istituto o compila il modulo allegato alla locandina.


PROGRAMMA:

  • Ore 8.30: Registrazione dei partecipanti
  • Ore 8.45: Introduzione, Anna Grazia Stammati, Presidente CESP;
  • Ore 9.00: Superare DaD e competenze per ridare senso e prospettive al fare scuola, Serena Tusini, docente, La Spezia;
  • Ore 9.30: La scuola è salute! Questo momento difficile come occasione per un nuovo inizio pedagogico, Daniele Novara, Pedagogista e Autore, Fondatore e direttore del CPP;
  • Ore 10.30: Pausa caffè
  • Ore 11.15: Il liberismo, la pandemia, i diritti, Piero Bernocchi, Portavoce Confederazione Cobas;
  • Ore 11.40: La società riprende a ragionare sulla scuola, Costanza Margiotta, Università di Padova, Priorità alla Scuola;
  • Ore 12.30: Pausa caffé
  • Ore 12.45 Un primo bilancio dalla chiusura di marzo ai problemi attuali, Contributi di: Barbara Bertani, Docente, Reggio Emilia e Silvana Vacirca, Docente, Firenze;
  • Ore 13.15: Pausa pranzo

SCARICA E STAMPA IL PROGRAMMA DEL CONVEGNO

UN CONTRATTO CHE NON TUTELA NÉ I LAVORATORI, NÉ LA SCUOLA

Davvero nessuno sentiva l’esigenza di un contratto sulla didattica digitale che, anziché fare chiarezza e garantire i lavoratori della scuola, di fatto aumenta il caos nelle scuole. La preoccupazione principale dei sindacati firmatari pare quella di garantirsi un ruolo di interlocutori nei confronti del governo: come poi riempire quel ruolo e, soprattutto, come riempirlo in difesa dei lavoratori, pare una questione secondaria. Da qui l’incredibile atteggiamento della CGIL che prima non firma il contratto, ma poi lo fa entrare in vigore senza ottenere nulla di più: solo una Nota “condivisa” che per certi aspetti è addirittura peggiorativa rispetto al contratto. Ma con una procedura insolita, prevista dalla dichiarazione congiunta, la Nota diventa l’interpretazione vincolante del CCNI sulla DDI per l’Amministrazione e per le OO.SS. firmatarie.  In ogni caso, l’effetto congiunto del CCNI e della Nota Ministeriale n° 2002 del 9.11. 2020, con un finto gioco delle parti, sta creando un vero guazzabuglio nelle scuole, di cui sono pienamente e politicamente responsabili sia il Ministero che Cgil, Cisl e Anief. Docenti lavoratori di serie B – Il contratto avrebbe dovuto entrare nel merito della nuova tipologia di lavoro. Invece, oggi i docenti italiani in DAD non hanno un inquadramento preciso e, di fatto, hanno minori diritti alla salute, alla sicurezza, alla tutela della privacy, alla limitazione dell’esposizione al video, rispetto ai lavoratori impegnati nel telelavoro. Le nostre case e i nostri dispositivi divengono spazi e strumenti dell’amministrazione per garantire la prestazione lavorativa, senza alcun tentativo di arginare questa invasione della sfera privata e di porre dei confini che delimitino con chiarezza l’ambito del lavoro da quello della vita. Non viene definito alcun rischio per la salute connesso alla nuova modalità di prestazione lavorativa; non viene chiarito come si applica la normativa a tutela degli infortuni quando il luogo di lavoro diventa la propria casa; viene sdoganato il fatto che siano i docenti a doversi fare carico dell’efficienza delle proprie macchine, della connessione e, sul piano della privacy, della dotazione di adeguati sistemi di protezione dei dati altrui, perché sono di proprietà dell’amministrazione, quasi fossero divenuti ormai lavoratori autonomi e non più dipendenti. Non viene previsto nulla riguardo al diritto alla disconnessione – o meglio il diritto a vivere senza l’ossessione della connessione- che è ancora una volta e colpevolmente rinviato alla contrattazione d’istituto, come se il problema di separare il tempo di vita e il tempo di lavoro non fosse un problema di carattere nazionale e non si acuisse con la DAD per i docenti e con il lavoro agile per gli Ata. Far West contrattuale – Gli obblighi e le modalità di lavoro discenderanno direttamente dai Piani sulla Didattica integrata approvati dai Collegi Docenti. Le docenti e i docenti italiani sono dunque lasciati in balia dei Dirigenti Scolastici, vista la condizione disperata della democrazia degli Organi Collegiali nella scuola italiana, che i firmatari conoscono bene! Non dovrebbe un contratto nazionale definire un quadro certo di regole per arginare proprio gli abusi e le illegittimità che si determinano nelle singole scuole in nome dell’Autonomia scolastica? Invece, si lascia campo libero a un far west contrattuale definito a livello di scuola e si lascia ai DS ampia discrezionalità; nel Contratto si sottolineano in pompa magna le competenze degli Organi Collegiali, e nel puntuale gioco delle parti la Nota concordata afferma che “La dirigenza scolastica, nel rispetto delle deliberazioni degli organi collegiali nell’ambito del Piano DDI, adotta, comunque, ogni disposizione organizzativa atta a creare le migliori condizioni per l’attuazione delle disposizioni normative a tutela della sicurezza e della salute della collettività, nonché per l’erogazione della didattica in DDI”. Aumento del carico di lavoro – Sull’orario di lavoro sarebbe stato più che mai lecito attendersi almeno un riconoscimento del carico di lavoro aggiuntivo imposto dalla didattica digitale e dalla richiesta di far fronte in modo flessibile alla situazione di emergenza, adeguando la metodologia didattica (in presenza, a distanza, mista) al contesto epidemiologico e alle disposizioni normative. Invece, si è deciso di equiparare la didattica a distanza alla didattica in presenza, rendendo ordinario ciò che non lo è: un intervento che peraltro non chiarisce adeguatamente nemmeno il punto chiave dei recuperi al fine di evitare richieste ingiustificate in seguito alla riduzione dell’unità oraria di lezione connessa all’attuazione della DDI. Sarebbe stato semplice chiarire in modo definitivo che qualsiasi riduzione dell’unità oraria di lezione o del monte orario settimanale determinata dall’attuazione di quanto previsto nei piani per la didattica digitale integrata e dalle linee guida, non poteva comportare ulteriori obblighi di lavoro, ma questo non è stato fatto. Nulla per i precari –  ANIEF ha firmato subito. Se i precari pensavano di aver trovato un sindacato di riferimento, alla prima prova dei fatti è lampante come siano stati utilizzati solo per ottenere la rappresentanza. E solo dopo aver firmato, ANIEF chiede l’estensione della carta docente anche per i precari, dimenticando che un sindacato serio pone le condizioni PRIMA, non DOPO aver firmato. E infatti il passaggio sui docenti precari è quello più fumoso: il Ministero sosterrà “ogni azione possibile utile a supportare l’erogazione della DID da parte dei docenti a tempo determinato”. Nulla per il personale Ata – che sperimenta sempre di più la pervasività del lavoro agile, se non la richiesta della Cgil della convocazione per “il confronto” sul lavoro agile (NB: non la contrattazione), anche questa dopo la firma del contratto sulla DID e non contestualmente. Piattaforme delle multinazionali del web –  Nuove risorse vengono invocate solo per il solito calderone che da mesi si sta alimentando: la connettività delle istituzioni scolastiche, gli ambienti scolastici innovativi, ecc. Nemmeno la traccia di una clausola che impegni il Ministero a predisporre una piattaforma pubblica: nella dichiarazione congiunta si parla di piattaforme gratuite per docenti e studenti, ma non per le scuole! Il giudizio complessivo sul contratto firmato non può che essere fortemente negativo, ma questo non ci impedisce di distinguere il CCNI dalla Nota nei soli due casi in cui il primo è uno strumento utilizzabile in difesa dei docenti, scardinando il gioco delle parti che sembrerebbe sotteso alla loro stesura concordata. Il contratto non prevede alcun obbligo di recupero e ribadisce la piena valenza di tutta la normativa contrattuale, ivi compreso l’art. 28 c.7 e 8 del CCNL 2006-08 che, richiamando le C. M. n. 243/1979 e n. 192/1980 e successive, prevede che se la riduzione oraria è dovuta a causa di forza maggiore e “i motivi sono estranei alla didattica” (come è di tutta evidenza in questo caso , in cui il ricorso alla DAD , con la conseguente inevitabile riduzione oraria, è imposta dal riacutizzarsi dell’emergenza sanitaria e dalle disposizioni del DPCM del 4 novembre) “non è configurabile alcun obbligo per i docenti di recuperare le frazioni orarie oggetto di riduzione”. Invece, la Nota prevede che “il personale docente è tenuto al rispetto del proprio orario di servizio, anche nel caso in cui siano state adottate unità orarie inferiori a 60 minuti, con gli eventuali recuperi”. La didattica digitale integrata non si attua oltre l’emergenza e il Contratto dice chiaramente all’art. 1 “Casi in cui si può ricorrere alla DDI e durata del CCNI” che solo “fino al perdurare dello stato di emergenza deliberato dal CdM, dovuto al diffondersi del COVID 19, l’attività didattica sarà effettuata a distanza attraverso la modalità della DDI..”, quindi configurando la didattica a distanza solo come didattica dell’emergenza. Anche il D.L. n. 22/2020, convertito in l. n. 41/2020, prevede all’art. 2 che solo in “in corrispondenza della sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica, il personale docente assicura comunque le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza”.La Nota, in continuità, con le Linee Guida istituzionalizza la DAD anche al di là dell’emergenza, almeno per quanto riguarda le scuole secondarie di secondo grado.                                                                                                          

Per entrambi questi casi va detto con forza che solo il CCNI costituisce una fonte del diritto e fonda diritti e obblighi, mentre la Nota non è una fonte del diritto. Per cui invitiamo le Istituzioni scolastiche, gli organi collegiali, le RSU e i lavoratori tutti ad applicare il CCNI e non la Nota. Non vi è nulla da recuperare in alcuna forma per le riduzioni orarie deliberate dal Consiglio d’Istituto e dovute all’emergenza sanitaria. Vanno rigettate delibere del Collegio docenti di riduzione oraria per motivi didattici, che non rispondono alla realtà. La DID è solo didattica dell’emergenza e finisce con l’emergenza. Contro ogni tentativo di normalizzazione dell’emergenza e contro la retorica ministeriale ribadiamo una volta di più che la DAD non è scuola. La favola della didattica digitale = qualità si è infranta di fronte alla realtà. La nostra voce si unisce a quella di pedagogisti, psicologi e soprattutto a quella di docenti, genitori e studenti che hanno sperimentato la sospensione di fatto del diritto allo studio. Dobbiamo riaprire al più presto e in sicurezza tutte le scuole di ogni ordine e grado, prima che si riapra la farsa della valutazione a distanza. Dobbiamo riaprire al più presto le scuole per lasciarci alle spalle questo contratto integrativo e per restituire dignità professionale e diritti all’intera categoria. Per farlo è necessario fare oggi quello che colpevolmente Governo e Regioni non hanno fatto questa estate: potenziare sanità, trasporti pubblici, organici e spazi scolastici. Non averlo fatto ci ha portato alla situazione di nuovo drammatica della sanità pubblica e a chiudere le scuole quando in Europa le tengono aperte anche con lockdown più estesi. Continuare a non farlo ora significherà arrivare di nuovo impreparati al momento della riapertura con il rischio di esporsi a nuove ondate della pandemia. Ad ogni passaggio di questo tipo la responsabilità politica e morale del governo aumenta a dismisura!


22/11/2020

ESECUTIVO NAZIONALE DEI COBAS – COMITATI DI BASE DELLA SCUOLA

21 novembre Flash mob per una società della cura

I sindacati Cobas, SGB, SiCobas e USI-CIT aderiscono e partecipano al Flash Mob lanciato nell’ambito della giornata nazionale di mobilitazione della Rete Nazionale “Società della Cura” e organizzata localmente dalla “Assemblea per la Salute del Territorio”, previsto per sabato 21 novembre, davanti all’Ospedale Maggiore di Bologna ,a sostegno di tutti gli operatori sanitari impegnati quotidianamente nella emergenza covid19.

Nessuno/a deve essere lasciato/a indietro, per una società della cura

COMUNICATO STAMPA

21 novembre, manifestazioni in tutta Italia, a Roma P.del Popolo (ore 10-14)

L’emergenza non può provocare discriminazioni tra i diritti delle persone, tra chi ha accesso a cure e reddito e chi ne è escluso/a. Così si accentuano le diseguaglianze sociali, economiche, culturali e di genere, si frantuma la società tra chi ha garanzie e sinecure di vario tipo e chi non ha né garanzie né difese economiche e sociali. Le crisi sanitarie, economiche e ambientali vanno affrontate con un piano unitario, che non lasci indietro nessuno/a, bloccando in particolare la disgregazione regionalistica. Tale piano va avviato con l’obiettivo di una radicale conversione economica, sociale, ambientale e culturale, fuori dall’economia del profitto, per una società della cura. E qui ed ora, richiediamo reddito per tutti/e e aiuti adeguati durante tutta l’emergenza sanitaria; il rispetto costante delle misure di prevenzione, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; investimenti e assunzioni per garantire davvero sanità e istruzione pubbliche, trasporti, casa, accoglienza.

E in particolare per l’istruzione pubblica, chiediamo l’immediata riapertura delle scuole di ogni ordine e grado, come accade in Germania, Francia, Olanda, Irlanda e persino nel Regno Unito (in pieno lockdown). La scuola è relazione umana, oltre che cognitiva, e non può essere delegata allo schermo di un computer: Mentre la scuola pubblica si prefigge la riduzione delle diseguaglianze, la cosiddetta Didattica a Distanza (DAD) le aumenta. La chiusura di quattro mesi nello scorso anno scolastico ha già provocato effetti molto negativi sull’apprendimento degli studenti, sulle loro capacità cognitive di livello più alto, sul loro spirito critico, nonché indotto processi dannosissimi a livello psicologico, sui meccanismi relazionali e affettivi. Questa nuova chiusura effettuata irresponsabilmente e caoticamente (anche a causa di quella frammentazione regionalistica che si vorrebbe acuire con la cosiddetta “autonomia differenziata”) e malgrado tutti gli indicatori pandemici dimostrino che le scuole sono un posto più sicuro di tanti luoghi restati aperti, ingigantirebbe, soprattutto se prolungata oltre il 3 dicembre, tutti i danni per gli studenti che abbiamo qui citato, e li renderebbe irreversibili e irrecuperabili per un’intera generazione.

Dunque, su questi temi, obiettivi e proposte, la coalizionePer la società della cura, di cui i COBAS fanno parte con il massimo impegno, promuove, insieme a centinaia di realtà sociali, sindacali, studentesche, a comitati, reti associative, di movimento e strutture autogestite, una grande giornata di mobilitazione nazionale con manifestazioni e iniziative in tutta Italia, nel pieno rispetto delle norme anti-Covid. In particolare a Roma la manifestazione si terrà a P. del Popolo dalle 10 alle 14.

Piero Bernocchi   portavoce nazionale COBAS – Confederazione dei Comitati di base

19 novembre 2020

BOLOGNA (ore 11)
FLASH MOB ALL’OSPEDALE MAGGIORE: sosteniamo medici, infermieri e operatori sanitari


ASCOLTA L’INTERVENTO DI di Roberta di Priorità alla Scuola Bologna

Concorso e posti covid: un caos che doveva essere evitato

Dopo aver costretto gli uffici scolastici provinciali e le scuole a un duro lavoro per gestire le riaperture adeguandosi a linee guida arrivate con grave ritardo e per coprire le oltre 200mila cattedre vacanti in Italia (spesso con graduatorie piene di errori e con convocazioni poco trasparenti), la ministra Azzolina si è resa protagonista di una nuova scelta estremamente inopportuna confermando nel mese di ottobre le prove scritte del concorso straordinario per il ruolo.

Un concorso che i COBAS da mesi proponevano per titoli di studio e servizio, trattandosi di precari storici con almeno 3 anni di servizio, quindi già in possesso dei titoli per l’insegnamento e con esperienza pluriennale acquisita sul campo, che mandano di fatto avanti la scuola pubblica italiana. Un concorso che non sarebbe riuscito a tutelare nemmeno le situazioni più fragili come quella dei posti di sostegno, rispetto ai quali la volontà di ultra selezionare insegnanti già specializzati, congiunta all’esclusione di coloro che hanno maturato servizio ma privi del titolo specializzante, permetteva di contare, già prima di iniziare le prove, migliaia di posti che sarebbero rimasti scoperti. Aldilà della volontà estremamente discutibile di sottoporre a tutti i costi a prove selettive personale già qualificato, competente e con esperienza, è risultata a tutti evidente l’impraticabilità di un concorso in autunno, quindi nel bel mezzo di un anno scolastico estremamente complicato per le scuole, alla ricerca disperata di spazi e personale e costrette allo stesso tempo ad allestire aule per lo svolgimento delle prove e a mettere a disposizione degli uffici scolastici regionali insegnanti di ruolo per rivestire la carica di commissari. La decisione di proseguire con lo svolgimento del concorso, ignorando il riaggravarsi della diffusione del covid-19, ha portato a mettere a rischio la salute di migliaia di precari iscritti al concorso, costretti spesso a lunghi viaggi anche interregionali e a sostenere le prove in aule ben più affollate delle “dieci persone” alle quali la Ministra ha più volte fatto riferimento. Inoltre molti docenti sono stati esclusi dalle prove, a causa di banali raffreddori o stati febbrili, ma anche di quarantene imposte per contatti con soggetti positivi. Non solo non è stato bloccato o quantomeno rinviato il concorso alla fine dell’anno scolastico in attesa di tempi migliori, ma non è stata prevista nemmeno una prova suppletiva per tutti coloro che non sono riusciti a partecipare per motivi di salute o quarantene, scelta questa che espone il Ministero a ondate di ricorsi prevedibili e legittimi. Tutto è proseguito fino a mercoledì scorso, quando l’ennesimo DPCM ha imposto la sospensione a data da destinarsi di tutti i concorsi pubblici e privati tra cui lo straordinario per il ruolo degli insegnanti. All’improvviso migliaia di precari, ormai in procinto di trasferirsi nelle rispettive sedi per sostenere le prove, hanno visto cambiare per l’ennesima volta le regole del gioco in corsa. Un esito annunciato, che vedrà il MIUR inevitabilmente oggetto di ulteriori ricorsi da parte di migliaia di precari e il tanto rivendicato concorso per prove bloccato e destinato a concludersi – se mai si concluderà – in tempi biblici, allungando a catena i tempi di organizzazione ed espletamento delle prove del concorso ordinario e di quello straordinario abilitante. Al caos concorso si aggiunge il caos posti Covid. Un organico aggiuntivo di 50 mila dipendenti tra personale ATA e docente (poi diventati 76 mila), creato solo ed esclusivamente per questo anno scolastico per l’emergenza Covid, ma che sarebbe stato opportuno aggiungere stabilmente agli organici delle scuole per eliminare il cronico e discusso fenomeno delle classi pollaio. Personale che è stato inserito nelle scuole a distanza di settimane dall’inizio delle lezioni per i tempi estremamente lunghi e farraginosi delle convocazioni dalle graduatorie provinciali e clamorosamente pure ridotto in corso d’opera. La motivazione è ai limiti del grottesco: il Tesoro si è accorto di non avere la copertura finanziaria per tale incremento di personale e il MIUR ha intimato gli uffici scolastici di bloccare le assunzioni e addirittura la firma di contratti a lavoratori già entrati in servizio. I primi “fortunati” firmatari dei contratti per posti Covid, i cui incarichi sono stati confermati e che grazie a un emendamento in extremis in Parlamento, si sono visti riconoscere il sacrosanto diritto al mantenimento del posto di lavoro anche in caso di chiusura delle scuole, hanno comunque riscontrato, al pari di colleghi impegnati in supplenze brevi, notevoli ritardi nel pagamento degli stipendi di ottobre, e in alcuni casi continuano ad attendere sempre più preoccupati avendo già prestato servizio per oltre un mese senza ricevere nessun pagamento. Per rimediare a questo clamoroso fallimento non si può che fare un passo indietro! Di fronte alle ingiustizie causate da un concorso dimezzato, ai sacrifici e ai rischi intrapresi da tutti coloro che hanno sostenuto o stavano per sostenere le prove, al grande bisogno di insegnanti stabili su ogni ordine e grado e ai diritti dei precari di veder riconosciuto il proprio diritto alla stabilità e alla dignità lavorativa chiediamo con forza:


 – l’immediata assunzione a tempo indeterminato di TUTTI i circa 70.000 precari con tre anni scolastici di servizio, attraverso un concorso per soli titoli di studio e servizio;

– l’immediata assunzione di tutti coloro che hanno conseguito la specializzazione sul sostegno e la previsione di un percorso di assunzione e formazione sul sostegno per coloro che hanno maturato almeno tre anni di esperienza specifica;

– il raddoppio dei posti previsti per il concorso ordinario, in ragione dei numerosi pensionamenti previsti per i prossimi anni;
– l’immediato pagamento degli stipendi per tutti i supplenti attualmente in servizio;


– lo sblocco dei cosiddetti contratti covid inizialmente promessi alle scuole e poi non attivati e l’inserimento di questi nuovi posti all’interno dell’organico strutturale
 della scuola.

NEL FRATTEMPO INVITIAMO I COLLEGHI AD ADERIRE AL RICORSO PER LA MANCATA INDIZIONE DELLE PROVE SUPPLETIVE SCRIVENDO A RICORSICOBAS@GMAIL.COM

11 novembre 2020
Esecutivo Nazionale dei COBAS – Comitati di Base della Scuola

Assemblea sindacale per tutti gli ordini di scuola 26 novembre 2020

I COBAS Comitati di Base della Scuola indicono per GIOVEDI’ 26 NOVEMBRE ASSEMBLEA SINDACALE per i/le Docenti di tutte le scuole

L’assemblea si terrà in modalità videoconferenza su gotomeeting. Per collegarsi seguire le indicazioni sottoriportate (è possibile da cellulare, da web o scaricando l’app) ai link:

Assemblea Scuola Bologna

Partecipa alla mia riunione da computer, tablet o smartphone.

https://global.gotomeeting.com/join/707774397

Puoi accedere anche tramite telefono.Stati Uniti:+1 (872) 240-3212

Codice accesso: 707-774-397

È la prima volta che usi GoToMeeting?  Scarica subito l’app e preparati all’inizio della tua prima riunione:https://global.gotomeeting.com/install/707774397

Al fine di favorire al massimo la partecipazione dei/delle docenti interessati/e, l’assemblea si svolgerà su due turni:

ore 12.00 –14.00 (comunque le ultime due ore)

ore 17.30 –19.30

Si discuterà del seguente ODG

  • Il piano per la DDI
  • Il nuovo contratto integrativo
  • La situazione degli/delle insegnanti precari/ie